Dalla frontiera : Nella Nobili, Ho camminato nel mondo con l’anima aperta, di Jessy Simonini

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Dalla frontiera : Nella Nobili, Ho camminato nel mondo con l’anima aperta, Milano, Solferino, 2018.

 

Già in un altro articolo Nella Nobili: riscoperta di una poeta di frontiera di jessy-simonini abbiamo dato conto di alcuni aspetti dell’opera di Nella Nobili, parlando di un’edizione uscita in Francia lo scorso anno, sotto la direzione di Marie-José Tramuta ; un’edizione bilingue, che ci ha permesso di ricostruire brevemente il tracciato biografico e l’esistenza poetica di una delle tanti voci dimenticate del nostro Novecento italiano, tentando di rilanciare l’interesse critico nei suoi confronti.

La casa editrice Solferino, del gruppo RCS, ha deciso, a pochi mesi da quell’uscita francese, di inaugurare la propria collana di poesia proprio con una raccolta di testi della Nobili, curata magistralmente da un’altra poetessa, Maria Grazia Calandrone, che ha rappresentato il vero e proprio « tramite » per la riscoperta di Nella in Italia. È nata, così, la raccolta Ho camminato nel mondo con l’anima aperta, che contiene un numero assai consistente di testi, in italiano e in francese, della poetessa bolognese, e che ci propone di attraversare forme e spazi ancora inesplorati della sua singolare esperienza di scrittura.

 

È utile sottolineare come l’operazione dell’editore sia meritoria, perché rende fruibile un corpus di testi altrimenti irrintracciabili, reperibili soltanto disorganicamente attraverso fonti molteplici e poco fruibili, a partire da quelle archivistiche ( l’opera di Nella è stata depositata in un importante struttura archivistica dedicata al contemporaneo, l’IMEC, in Normandia) ; l’edizione pone così un punto di partenza, per successivi studi o ricerche intorno all’opera di Nella Nobili e, più in generale, per avvicinare altri lettori ai suoi testi. Qualcuno in più dei pochi addetti ai lavori che ne avevano sentito parlare, incrociandola magari in occasione di altri studi o ricerche. Tale operazione diventa una sorta di restituzione: la possibilità di ridare voce ad un’autrice dimenticata e alla sua poesia, che giustamente Nicola Crocetti definisce come « sommersa ». Perché la lettura di questa raccolta ci consente di entrare davvero in un mondo sommerso, attraverso il quale è però possibile osservare in filigrana molti dei protagonisti più rilevanti del Novecento letterario italiano.

A introdurre la raccolta di poesie, particolarmente ricca, non è un saggio critico, ma piuttosto una riflessione intima, personale e profonda, di Maria Grazia Calandrone, che con rigore documentario e una scrittura a tratti lirica ricompone il tracciato biografico di Nella Nobili, mettendo in evidenza gli stretti rapporti con il mondo intellettuale e artistico a lei coevo, per restituire la complessità di un’epoca nel suo intrecciarti con la vita di Nella Nobili. Come, per esempio, nella ricostruzione dello scambio sfortunato fra la nostra poetessa e Simone de Beauvoir: « A fine ottobre 1975, Simone de Beauvoir getta un macigno che non finisce di affondare nell’acqua della vita di Nella, rischiando di trascinarla a fondo. […] De Beauvoir la liquida con una staffilata. Anche se Nella ha quasi cinquant’anni, la rasoiata di de Beauvoir brucia ogni volta che riprende a scrivere: Simone de Beauvoir ha definito la scrittura di Nella « maladroite »: goffa, inesperta, improvvisata, affermando con forza che la scrittura, viceversa, è « un vrai métier » ( « un vero e proprio mestiere »). Ha dato a Nella della dilettante. » ( pp. 32-33)

« Poeta di frontiera », recita il titolo una breve pubblicazione, realizzata a Bologna poco tempo dopo la sua morte, in occasione di una commemorazione istituzionale organizzata dall’Assessorato alla Cultura della città. Ma come intendere la « frontiera » attraversata da Nella? Come immaginarsela? La prima frontiera che sembra materializzarsi è quella nell’esperienza di Nella come lettrice. In primo luogo, perché non è un’accademica e non ha alcun tipo di educazione letteraria istituzionale. La sua unica educazione, fuori dai canoni, è quella di un’autodidatta, desiderosa di leggere altri poeti, italiani e stranieri, e di scrivere. Fuori dai circoli poetici, soprattutto durante la sua lunga esperienza parigina; fuori anche, in un certo senso, da quelle esperienze di innovazione poetica che, in Italia come in Francia, segnano quegli anni. La sua poesia si situa allora ai margini dei grandi movimenti poetici del Novecento, fuori dalle scuole e dai « gruppi »: priva di ogni etichetta, essa si caratterizza proprio per la sua alterità costitutiva.

La frontiera su cui si muove Nella sembra però materializzarsi anche fra le lingue: fra quelle « due rive » evocate nel titolo dello scambio fra Vittorio Sereni e René Char (Due rive ci vogliono). Due rive, Italia e Francia, che si concretizzano nella scelta del plurilinguismo e nell’apertura di questa autrice ad altre esperienze poetiche, al lavoro di traduzione e di autotraduzione di cui si possono trovare molte tracce nel fondo Nobili dell’IMEC e che sarebbe senz’altro molto interessante scoprire e pubblicare (ci sono anche tracce di scritti in tedesco, verso un’esperienza trilingue che ricorda, con le debite distanze, quella di Amelia Rosselli, la « madre di tutte » che è della stessa generazione della nostra Nella).

La formula di « poetessa di frontiera » o di « poetessa dai margini» ci sembra allora la migliore per inquadrare l’esperienza poetica di Nella e la sua singolarità. Non sarebbe pertinente bollare il suo lavoro come quello di una « poetessa lesbica »: gli amori saffici sono presenti, a più riprese, fin dai testi degli anni Quaranta, ma manca forse uno slancio più propriamente politico e « di comunità ». Allo stesso modo, anche la categoria di « poetessa operaia », che tanto era stata utilizzata negli anni ’40, ha poco da dirci, nel nostro caso. Se alcuni testi trovano nell’esperienza della fabbrica un soffio per costruire potenti immagini poetiche (una poesia è dedicata, del resto, alle compagne operaie), è, allo stesso modo, difficile trovare nel corpus di Nobili poesie esplicitamente politiche. La voce di Nella è, piuttosto, « intimamente politica », per riprendere un verso di Adrienne Rich. L’esperienza di fabbrica, l’amore lesbico, la coscienza di una marginalità evocata anche dalla grande dame Maria Luisa Spaziani (che incontrò Nella Nobili a Parigi, negli anni ’80) sono come un fiume carsico che pervade la sua poesia. E che si manifesta attraverso tracce timide, a testimoniare la sigla di un’esperienza poetica marginale, eppure così luminosa, che trova una nuova forma di vita attraverso questa edizione necessaria.

 

Due testi.

 

  1. (da Hanna)

Ed essa passava ansiosa attraverso le canne

come per un furto, come una madre

che si reca guardinga sulla riva

e vi depone il figlio ultimo nato-

Che tensione nei giovani rami

e lungo le vene delle sue mani-

moriva come un’immensa primavera

lo splendore del giorno – Si pativa

questa meraviglia come una pena

quando tu ti staccasti dalla riva.

 

  1. da L’usine, La fabbrica ( in esergo, deformando Paul Éluard: « Sur les murs de l’usine LIBERTÉ/ je n’écris pas ton nom »)

 

Je demande à ma Mère

des chemises pour me changer

trois quatre huite, une toutes les heures

et encore cela ne suffit pas

à éponger notre sueur

à torcher notre douleur

ça ne suffit pas. Pour un peu de fraicheur

c’est la peu qu’il faudrait arracher

dans l’enfer de l’atelier.

 

Chiedo a mia Madre

delle camicie per cambiare

tre quattro otto, una ogni ora

e ancora non basta

a tamponare il nostro sudore

a cancellare il nostro dolore

non basta. Per un po’ di fresco

è la pelle che dovremmo strappare

nell’inferno dell’officina.

 

Per gentile concessione dell’autore.

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Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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