La compianta autrice Carla Macoggi è stata tra le scrittrici ospitate nel numero 0 de La Macchina Sognante, ad ottobre di tre anni fa. Volentieri riprendiamo a divulgare il suo lavoro facendo conoscere ai nostri lettori e alle nostre lettrici un aspetto in apparenza più mondano della sua scrittura, ma non per questo più dimesso o meno attento. cioè i post dal suo blog. In realtà il blog non è purtroppo andato avanti per molto tempo, ma in quei pochi post s’intravede la perspicacia dell’autrice, l’occhio che indaga sui rapporti umani e non fa sconti a nessuno. In questo spazio rilanciamo le sue considerazioni su potere, gravitas, abusi, asimmetrie, le micro e le macro aggressioni nei rapporti tra uomo e donna.
Un uomo di potere e una donna… succube
Vorrei raccontare in poche righe la storia di due persone.
Quando la studentessa G. vide alla sua prima lezione il prof. A. ci fu qualcosa che non capì, ma che le fece decidere che seguire quel corso era semplicemente cosa buona.
Lasciando da parte piccole sciocchezze che non sarebbero tali, arriviamo al nascere di un rapporto definibile extra-accademico fra i due.
Non fantasticate…nient’altro che uno scambio di numeri di telefono, qualche sms e qualche e mail.
A. è un uomo indubbiamente intelligente, abile, molto furbo e con quel cinismo che può distruggere una persona tendenzialmente ingenua e senza difese.
E chiaramente in questa storia io considero G. la persona fragile che l’intelligenza e il cinismo di A. può letteralmente distruggere.
Quando G. se ne rese conto, sparì dalla circolazione. Aveva già subito qualche forma di abuso di potere da parte di A., ma fece finta di nulla e si dileguò.
Poi quando ricevette per email gli auguri per il suo compleanno da A., si morse il labbro fino a sanguinare pur di non rispondere un ‘grazie’.
Mesi dopo, quando G. pensò che la sua vita non aveva alcun senso e che dal momento del suo ‘dileguamento’ tante vicende si erano susseguite, riprese i contatti con A. sperando di trovare in lui un amico meno cinico di come lo ricordava.
Un amico, e nient’altro.
Seppure lei sapesse che in fondo era sparita dagli orizzonti di A. perchè lui la giudicava, la detestava, giocava con lei come il gatto con il topo (e ovviamente lei era il topo, il mouse che lui utilizzava per distruggerla senza conoscere chi realmente fosse G. e quali erano le sue profonde ferite di lunga data).
Lei aveva sempre voluto essere allegra e felice con lui. La sua amicizia (perchè lei credeva che questo fosse il loro rapporto), la lusingava. Aveva un debole per le persone intelligenti.
Quando si rifece viva, G. non nascose ad A. i suoi problemi: gli disse che era disperata.
Lui le rispose ‘che c’era’.
E poi le fece una telefonata.
segue…’Un uomo di potere…’
Lame le parole che la definiscono.
Dov’è finita l’umanità?
Anch’essa è diventata una parola vuota
che rimbomba nel palato di alcuni.
Di tanti.
Perchè ti importa, G.?
Perchè qualcuno non rispetta le regole, dice G.
Quelle del profondo sè.
La coscienza di chi parla en parlant.E G. si vergogna di esistere. Si vergogna per gli altri.
Per quelli che non la rispettano.
I savant. Ma li hai mai sentiti?
Troppe le parole che
la richiamano
ad essere
quel che non è.
G. vuole solo che le parole di chi attravesa
la sua vita
non siano ambigue.
Piene di duplicità fasulle.
G. non vuole esistere nel rivolo
dell’inconsistenza
del vuoto
di chi tace parlando.
Operaia, (o contro di me…). E cosa è dunque la conoscenza?
Non sono mai stata operaia o contadina.
Posso dire di non sapere fare niente.
Solo un pizzico di intelligenza e la curiosità per quel che raccontano libri.
Saggi o romanzi.
In ogni caso, una grande fame di sapere, dal momento che non ho mai saputo fare con le mie mani.
Intellettuale?
Gli intellettuali sono altra cosa.
Provengono da famiglie di intellettuali.
In un mondo democratico, s’intende.
Guardate le statistiche…
Il mio è sempre stato solo un pizzico di intelligenza.
“Leggere tra…”.
“Leggere in…”.
Quando seppe che ero stata accettata all’ennesimo corso universitario per un anno, lui, avverso all’ambiente accademico fino al midollo, disse: no.
Se vuoi proprio, aspetta un altro anno per andarci.
Se vuoi proprio, vai in quelle scuole popolari, sconosciute in Italia, per imparare a fare qualcosa con le tue mani.
Penso di aver cominciato a soffocare fin da allora.
E la mancanza di aria si era trasformata in disperazione quando le prospettive erano quelle di dividere il suo spazio, dove però c’era posto solo per le sue cose.
Gli uomini sono egoisti e non lo sanno.
Mi disse che tutti i suoi libri erano miei.
Peccato che fossero in una lingua sconosciuta e non avessi 15 anni…
Gli uomini sanno essere generosi in questo modo.
Basta che azzeri quello che puoi dire e ricominci daccapo solo da quando incontri uno di loro.
Morivo dentro all’idea di separarmi dai miei libri, dai fogli insignificanti che si potevano trovare a caso nella mia casa e che per me erano lo spunto di un racconto.
Lui non lo sapeva. E non poteva capirlo. Non voleva.
Aveva orrore per quel che si incontra nelle Università ed io senza di esse ero come un fantasma.
segue…to be continued…
Gravità
gravità = gravitatem, da gravi, grave e desinenza tatem, propria di nomi astratti derivanti da aggettivi indicanti qualità. Qualità di grave; Peso, Tendenza dei corpi a cadere; fig. contegno disgustoso, serio, autorevole, che dà soggezione e quasi fa peso sugli altri.
Ho visto al parco uomini che sfidavano la gravità. Braccia sottili e nerborute che sostenevano i loro corpi e mostravano il mondo sottosopra.
Io vedo così…anche se ho i piedi per terra.
Forse sono qui e vedo l’Australia e la Nuova Zelanda.
Ho letto che la gravità suscita la stessa curiosità di cui è capace il tempo.
Guardo gli uomini del parco…e mi domando il perchè di quelle capriole.
Siamo alle solite: non ho la risposta.
Purtroppo per te, sono Una
Mi voleva due
e fissandomi
senza trovare risposte
mi diceva tu sei Due.
Io ho sempre saputo
di essere
solo Una
che sorride
guarda
si sveglia piena di pensieri
a volte buoni e a volte un po’ mediocri
Una anche
quando la tristezza
era tutto intorno al mondo
e vedevo che le mie parole
potevano fluttuare senza senso
per nessuno
lievi
oppure erano solo suoni
vuoti
che svuotavano me, Una.
Mi voleva Due
e insisteva
voleva avere ragione
costasse pure qualcosa
GIà
se non ero Due
io non sarei
dovuta essere lì
di fronte ai suoi capelli
e ai suoi gingilli
e non avrebbe dovuto
scervellarsi
Ma semplicemente
dirmi
addio
buon autunno
e nient’altro
Come era
per i comuni mortali
Uni. Solo Uni
nel vento che baciava i visi
come il mio
lontano dai gingilli.
Una.
Foto nel blog a cura di Carla Macoggi.
Foto dell’autrice a cura di Fabrizio Fantini.
Foto in evidenza di Tracy Allen.