da “Writers Speak”, Una conversazione letteraria con Sarita Jenamani, intervista di Sagar Kumar Sharma, trad. di Milena Patuelli

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Sarita Jenamani

 

Sarita Jenamani, di origine indiana, vive in Austria. È poetessa, traduttrice e curatrice letteraria, redattrice di una rivista bilingue dedicata alla letteratura migrante – Words & Worlds –, attivista per i diritti umani, femminista e segretaria generale della sezione austriaca di PEN International. Finora le sue opere sono state pubblicate in tre raccolte di poesie. Il suo processo creativo si esprime principalmente in inglese, ma scrive anche in odia[1], la sua lingua madre, e in tedesco. Jenamani usa queste lingue per i suoi progetti di traduzione cui si dedica di tanto in tanto. Ha tradotto la grande poetessa austriaca Rose Ausländer e un’antologia di poesia austriaca contemporanea dal tedesco in hindi e in odia. Ha vinto molte borse di studio letterarie in Germania e Austria, tra cui quelle promosse da organizzazioni prestigiose quali l’Heinrich Böll Foundation e la Künstlerdorf Schöppingen.

 

 

 

Una conversazione letteraria con Sarita Jenamani

Intervista all’interno del volume Writers Speak che contiene 45 riviste con i più importanti letterati del subcontinente indiano, a cura dello studioso di letteratura Sagar Kurma Sharma, pubblicato nel 2021 da Signorina Press.

 

Sagar Kumar Sharma (S K S): Cos’è la poesia per lei?

 

Sarita Jenamani (S J): Per risponderle vorrei ricorrere a uno dei miei componimenti:

Una poesia non è

un luminoso fuoco d’artificio

È una stella cadente solitaria

rimossa

dalla fronte

del firmamento

SKS: Lei è una poetessa molto nota e apprezzata e fa parte dei principali circoli di scrittura creativa nel mondo. Come giudica le sue opere?

SJ: Ho sempre amato migliorarmi e crescere. Ricerco il cambiamento costante ma senza alterare la mia impronta distintiva. Se non aneli al cambiamento, i tuoi scritti ristagnano, diventano stantii. Vorrei essere più versatile, acquisire maggiore profondità come poeta.

SKS: Ci parli del suo processo creativo. Potrebbe raccontarci di come sono nati i suoi componimenti preferiti?

SJ: Non ho una poesia preferita vera e propria. Fortunatamente, o sfortunatamente, non ho adottato un particolare metodo di scrittura. Lavoro ancora con carta e penna e non con il computer. In genere annoto una parola inaspettata ma potente, un’idea, un verso, senza curarmi della loro forma o linguaggio. In seguito, li cesello come farebbe una scultrice. A volte, la poesia si impone a me, ma in altre occasioni può succedere che non voglia essere scritta a meno che non operi modifiche essenziali. Sono molta critica rispetto al mio lavoro e mi impegno a  governare la tecnica. Mozart disse una volta: “La musica non è nelle note ma nel silenzio tra di esse.” È la stessa cosa per la poesia: la poesia non è in ciò che appare scritto ma nelle tracce nascoste dietro le parole. È modellare e rimodellare in forma di parole i propri pensieri e la propria lingua fino a quando non sono distillati in una sorta di eco purificato dell’essere.

SKS: Secondo lei gli scrittori e le scrittrici hanno una responsabilità sociale? Pensa che la stiano assumendo come dovrebbero?

 

SJ: Come ogni essere umano che condivide questa terra con gli altri, gli scrittori hanno una responsabilità sociale. Sono uomini e donne dotati di parola e la parola ha ancora un potere sulle masse. La responsabilità che hanno scrittori e scrittrici in un mondo che patisce la recrudescenza del nazionalismo e di populismi di destra e di sinistra è ancora maggiore.  Hanno i mezzi per fare sentire la propria voce contro posizioni e mentalità che minacciano i valori cardinali dell’umanità e della convivenza civile. Ritengo che chi scriva debba opporsi a ogni tendenza distruttiva e antiumana per non essere considerato o considerata corresponsabile di pratiche abusive e oppressive e dello sfruttamento che rende imperfetta la nostra società.

SKS: T S Eliot diceva: “L’unico modo di esprimere l’emozione in forma d’arte è trovare un ‘correlativo oggettivo’; in altre parole, un insieme di oggetti, una situazione, una catena di eventi che sarà la formula di quella particolare emozione; così che quando vengono dati i fatti esterni, che devono terminare con l’esperienza sensoriale, l’emozione venga immediatamente evocata”. Il suo obiettivo correlativo, qual è? E la sua storia in forma di versi?

SJ: Le gioie, le sofferenze, le passioni e i ricordi che hanno lasciato un impatto indelebile su di me diventano cenere, si inabissano nel mio essere e poi riemergono come una fenice nei versi. È la piacevole sensazione di cercare una verità enigmatica in un tempio antico: è questo sentimento che mi spinge a scrivere poesia. La poesia per me è un atto di introspezione, di autorealizzazione e un rifugio.

Vorrei rispondere a questa domanda ricorrendo al Nasadiya Sukta, l’inno della creazione del Rigveda.

 

ko a̱ ddhā ve̍ da̱ ka i̱ ha pra vo̍ ca̱ tkuta̱ āajā̍ tā̱ kuta̍ i̱ yaṁ visṛ̍ṣṭiḥ |  a̱ rvāgde̱ vā a̱ sya vi̱ sarja̍ ne̱ nāthā̱ ko ve̍ da̱ yata̍ āaba̱ bhūva̍ ||6 ||

Ma, dopo tutto, chi lo sa, e chi può dire da dove tutto è venuto, e come è avvenuta la creazione? Gli dei stessi sono posteriori alla creazione, quindi chi sa veramente da dove è sorta?

Ad ogni modo, la maggior parte delle volte la poesia si manifesta spontaneamente e spesso seguita a creare incessanti increspature nel profondo del mio essere fino a quando il mio inconscio la comprende e riesce a tradurre questa energia multidimensionale in un insieme leggibile di parole che possiamo definire poesia.

 

SKS: Matthew Arnold ha detto: “La poesia è il modo più bello e più emozionante di narrare qualcosa e di gran lunga il più efficace, per questo è così importante.” Cosa è più importante per lei, il contenuto o lo stile?

SJ: La poesia è una forma di comunicazione molto più complessa di quella che appare.

SKS: Dove trova le sue risorse poetiche?

SJ: In buone letture, nella disponibilità di una biblioteca (non necessariamente libri di poesie), in acume, nei sensazioni ricercate e profonde, nell’impietosa disciplina di riscrittura dei miei versi e in una stanza tutta per me. La risorsa più importante è però comprendere la poesia che fa parlare il silenzio e che riempie costantemente il vuoto attorno a te e dentro di te.

SKS: La poesia la aiuta ad affrontare i dilemmi che si manifestano  all’interno e all’esterno di una persona?

SJ: Temo sia arduo porre il proprio essere nei termini di una semplice opposizione binaria tra fuori e dentro: siamo composti da tante dimensioni e troppo complicati per potere essere compresi e decifrati in questi modi semplicistici. È un enigma e scrivendo poesia, intendo proprio nell’atto di esprimerla, si cerca di svelare questo enigma.

SKS: Ritiene che la poesia sia la porta di accesso ad altre forme creative? Di recente la poesia è stata definita uno strumento per il cambiamento sociale: lei cosa ne pensa?

SJ: A volte le persone fingono che la poesia discenda sui poeti come parole divine, o che sia la più alta forma di letteratura, ecc. Per me la poesia è come qualsiasi altra espressione artistica.  Richiede acume, sensazioni ricercate e profonde, e disciplina. Le forme d’arte sono complementari tra loro: la poesia è molto intensa e parla direttamente al cuore. Detto questo, la poesia è stata a lungo anche uno strumento per cambiare la società, ad esempio ha avuto un ruolo importante nelle lotte per il diritto di voto delle donne. Le suffragette intonavano versi e usavano stratagemmi poetici come rime accattivanti e ritornelli per fare entrare i loro messaggi nella testa della gente. Le poesie nate durante il la Harlem Renaissance sono a tutt’oggi molto amate. Molte opere di quel periodo denunciavamo coraggiosamente le atrocità del razzismo e della disuguaglianza. L’ode Vande Mataram  di Bankim Chandra Chattopadhyay e Sarfaroshi ki Tamanna di Ram Prasad Bismil hanno avuto un ruolo fondamentale nel movimento per l’indipendenza dell’India. Quanto sia influente la poesia lo si può vedere anche nei movimenti del Black Lives Matter, per i diritti riproduttivi e delle persone queer.

Oggigiorno i poeti si ispirano costantemente ai temi d’attualità – dal movimento #MeToo alla violenza domestica. Ogni forma artistica contribuisce al cambiamento sociale: è suo primario dovere.

SKS: Quali sono i poeti a cui si ispira? Potrebbe parlarci dei suoi poeti preferiti o di una poesia specifica?

SJ: Ci sono poeti che mi affascinano senz’altro, ad esempio i poeti oriya Madhusudan Rao e Sachi Routray. Anche i poeti di altri idiomi indiani; Ghalib, Kabir, i poeti hindi moderni Agyeya e Kedarnath Singh. E sì, Rumi, Rumi, Borges, il poeta tedesco Paul Celan, Eliot. La lista è infinita. Vorrei menzionare una poesia, Banaras, di Kedar        Nath Singh, una tra le mie preferite perché cattura lo spirito dell’India come nessun altro componimento, solo descrivendo una città. Il distico di Ghalib, Hazaron khwahishen Aisi  e una poesia, Conta le mandorle by Paul  Celan.

SKS: Lei ritiene che le arti creative possano sensibilizzare sulla questione del genere?

SJ: Sì. Cosa può accelerare questa consapevolezza se non l’arte? Quando la filosofa francese Simone de Beauvoir scrisse ne Il secondo sesso: “donna non si nasce, lo si diventa”, diede voce a ciò che divenne un argomento centrale nel movimento femminista, e cioè che il genere è un costrutto sociale prodotto dalla cultura maschile dominante. L’arte è uno strumento per ottenere la parità di genere. Si possono menzionare molti esponenti del mondo dell’arte e della scrittura che lavorano senza posa per sensibilizzare la società. L’arte può stimolare la riflessione ma deve essere sostenuta dalla società e dalle leggi. Ancora oggi le donne sono sotto rappresentate in molti ruoli decisionali. L’arte può diventare uno strumento di empowerment se sempre più artiste e scrittrici attraverso i propri lavori incoraggiano il pensiero critico come base per il cambiamento e l’emancipazione femminile.

SKS: Ci potrebbe parlare di raccolte di poesie o romanzi di prossima uscita?

SJ: Se si riferisce a mie opere, allora suggerirei l’antologia Still We Sing. Voices on Violence Against Women, che raccoglie componimenti di donne dell’Asia meridionale, recentemente pubblicata.

SKS: Visti i tanti autori di talento che si stanno facendo notare con le loro pregevoli opere, non ritiene che si renda necessaria l’introduzione di un nuovo canone della poesia?

SJ: Sono dell’avviso che la poesia dovrebbe potere crescere in modo organico senza processi di formazioni di canoni vecchi o nuovi.

SKS: Ha un messaggio che vorrebbe rivolgere ai poeti in erba?

SJ: Cercate di trovare la vostra voce e la vostra verità. Siate audaci ma disciplinati, leggete, leggete e leggete. Ascoltate la melodia della vita.

SKS: Grazie per avere condiviso le sue idee con i miei lettori e le mie lettrici. È un onore averla nel libro Writers Speak.

SJ: Grazie. I miei auguri per il suo progetto.

 

[1] Anche nota come lingua oriya.

 

Dal libro “Writers Speak” a cura di  Sagar Kumar Sharma, edito da Signorina Press, 2021.  Traduzione italiana a cura di Milena Patuelli.

 

 

foto Milena

Milena Patuelli: Sona laureata in traduzione e ho dedicato la mia tesi alla narrativa postcoloniale femminile in Africa. Ho lavorato come editor, operatrice culturale, insegnante di italiano L2, animatrice di progetti di cooperazione internazionale. In tutti i luoghi in cui ho abitato, tra l’Italia e il Belgio, mi sono affiancata alle lotte delle e dei migranti per i diritti sociali e contro ogni forma di discriminazione e ho sostenuto iniziative di diffusione culturale dal basso. Culturalmente avida, i miei interessi spaziano dai gender studies, all’economia sociale, al birdwatching, ma non chiedetemi di discuterne sui “social”.

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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