UNA ISTANBUL CHE CAMBIA
Sono nato e cresciuto a İstanbul, per la precisione a Feriköy, nel cuore della vecchia Costantinopoli. Due passi dalla vecchia Pera e dall’elegante Nişantası, nella parte europea della città. Secondo la leggenda Feriköy apparterrebbe a una certa donna armena chiamata Feri e dato che Köy vuol dire villaggio in turco, questa zona sarebbe il villaggio di Feri. Infatti, nonostante tutto quello che è successo in passato, oggi è ancora la zona più popolata dagli Armeni. Anche il giornalista armeno assassinato nel 2007, Hrant Dink, abitava in questa zona. Dink nacque nel 1954 a Malatya, figlio di genitori provenienti da Sivas (Sebastea), esattamente come me. I miei nonni materni emigrarono a İstanbul circa settanta anni fa, quando avevano a malapena diciassette anni, da Sebastea. Qui nacquero quattro figli, la più grande, mia mamma, incontrò mio padre nel 1972. Mio padre era figlio di una donna georgiana emigrata in Turchia da piccola e di un ferroviere, anch’egli di Sebastea. Tutti finirono, esattamente come Dink, a Feriköy. Terra degli emigranti anatolici alla ricerca di un lavoro. Parecchi diventarono domestici nei palazzi di armeni ed ebrei residenti in zona, gli altri lavorarono sempre per conto di questi. In un film molto importante della storia cinematografica turca, il famoso attore comico Kemal Sunal recitò nel ruolo di uno di questi custodi. Kapıcılar Kralı di Zeki Ökten, nel 1976 vinse il secondo grande premio al Film Festival di Antalya. In quest’opera cinematografica vengono raccontati i problemi di convivenza tra i nuovi abitanti della città e quelli vecchi. Però quindici anni prima di questo film venne girato un’altro ancora più interessante; Otobüs Yolcuları diretto da Ertem Göreç. In questa eccezionale pellicola lo sceneggiatore Vedat Türkali parlò dei casi di corruzione e della nascita della mafia edile a İstanbul.
Oggi la mia città natale è esattamente come dice ripetutamente Cetto La Qualunque, il personaggio televisivo di Antonio Albanese che incarna lo spregiudicato mafioso sceso in politica per i propri affari: «cemento armato». Dopo la morte di mio padre mia mamma si trasferì nella parte asiatica della città, a Suadiye. Quando vado a trovarla, ogni tanto, vado a vedere com’è ridotto il vecchio Feriköy. Ovviamente irriconoscibile. Palazzi enormi, alti, brutti, centri commerciali, strade sempre più strette e trafficate, parcheggio impossibile e un forte inquinamento, sia acustico che ambientale. Quando andavo alla scuola materna la classe era costituita da 81 bambini ma a popolare İstanbul eravamo in meno di 5 milioni. Ora invece a İstanbul vivono circa 17 milioni di persone. La quantità degli edifici, delle strade e dell’inquinamento cresce in modo esponenziale. Mentre la densità di popolazione era poco sopra i 1000 abitanti per chilometro quadrato nel 1985, oggi è più di 2700. In una città del genere ovviamente spostarsi da una parte all’altra è essenziale quanto problematico. Quando ero piccolo il traffico era un problemino, più che un problemone. Sul Bosforo, il canale che divide la città in due parti, c’era solo un ponte. Il secondo fu inaugurato nel 1988 mentre nel 1973 sul primo ponte ogni giorno passavano circa 32 000 mezzi, nel 2004 erano più di 180 000. Secondo una ricerca condotta dall’agenzia di stampa Anadolu, basandosi sui dati della motorizzazione di İstanbul, ogni giorno in città entrano in circolazione più di mille veicoli motorizzati. Nel 2015 questo numero ha subito un aumento storico del 17 per cento. Inoltre, ogni giorno soltanto l’8 per cento delle vetture che passano dai ponti sono mezzi di trasporto pubblico. Quindi a İstanbul sono sempre in aumento le persone e le macchine, segnatamente quelle private. Infatti, si nota anche in una ricerca statistica realizzata dallo stesso Comune di İstanbul che di fronte ai 12,5 milioni di abitanti nel 2006 soltanto 2,7 milioni preferiscono i mezzi di trasporto pubblico quindi circa il 21 per cento dell’intera popolazione. Mentre questa percentuale è dell’83 a Roma e dell’80 a Londra. È importante prendere nota del fatto che la somma totale delle popolazioni di queste due città non raggiunge quella della vecchia Costantinopoli.
LE POLITICHE DI CONSERVATORISMO ATTRAVERSO I MEDIA E IL SISTEMA SCOLASTICO
Vivo a Torino dal 2002. Una città ben diversa rispetto alla vecchia Bisanzio. Al posto delle acque del Propontide ci sono quelle dell’Eridano. Si tratterebbe sempre di una sorta di Bosforo ma è leggermente più stretto. Mentre la vecchia Costantinopoli è composta da sette colline, esattamente come Roma, qui c’è ne solo una. Mentre nella città del gianduja vive un milione di abitanti, a İstanbul si registra una popolazione superiore ai quindici milioni, ufficialmente. Solamente nel distretto di Sisli, dove sono nato e cresciuto, ci sono circa 300 000 persone; invece nella vecchia Calcedonia abitano quasi 500 000 persone. Praticamente solo questi due distretti sono popolati quanto la città che ha per simbolo un toro.
Nonostante varie differenze ci sono anche numerose somiglianze. Per me, prima fra tutte, c’è Edmondo De Amicis, l’autore del famoso romanzo per ragazzi Cuore, ma di un’altra opera molto importante: Costantinopoli. Mentre il premio Nobel, Orhan Pamuk, descrive questo libro come «il miglior libro scritto su İstanbul nel xix secolo», Umberto Eco sosteneva che la descrizione della città offerta da De Amicis fosse la più cinematografica. L’autore, oltre a raccontare magnificamente la İstanbul di quell’epoca, rivela anche delle informazioni molto importanti riguardanti la vita quotidiana della città. Edmondo De Amicis è nato e morto in Liguria ma è stato sepolto nel cimitero monumentale di Torino: questo è ciò che mi spinge a visitare in ogni occasione questo luogo molto attraente e particolare e la sua tomba, con il desiderio di sentire allo stesso tempo gli odori e le energie della mia città natale.
Un’altra cosa che mi ricorda İstanbul è una fermata della metropolitana. Sì, sembrerà strano, ma è così. A İstanbul andando verso il distretto di Avcilar, poco dopo un altro distretto chiamato Bakirkoy, se viaggiate con un minibus potete assistere a manifestazioni molto curiosi. I minibus sono dei piccoli mezzi di trasporto che corrono dappertutto in città. Possono contenere fino a venti persone e si fermano quasi ovunque. Un piccolo bus che svolge la funzione di un taxi. Su questi non si sale con il biglietto ma si paga all’autista oppure al suo aiutante. Anche per scendere da un minibus la modalità è ben diversa. Dato che il mezzo si ferma un po’ ovunque, è il passeggero preannuncia la sua fermata dicendo «Vorrei scendere in via x angolo con via y» oppure «Mi fai scendere davanti la scuola z?». Potrebbe anche succedere il contrario, ossia l’autista potrebbe chiedere se qualcuno intende scendere in un punto specifico; questo punto potrebbe anche essere il nome di un quartiere. Ecco, qui subentra la somiglianza inverosimile tra Torino e İstanbul. In entrambe le città c’è una zona-fermata che si chiama Paradiso. Mentre qui si sente soltanto l’annuncio della voce preregistrata in metropolitana, «Prossima fermata: Paradiso», che fa sorridere, a İstanbul si sentono le frasi ancora più buffe come: «Vorrei andare in Paradiso», «Mi fai scendere in Paradiso», «Scusate c’è qualcuno che vorrebbe scendere in Paradiso?».
Per comprendere meglio il funzionamento dei minibus si devono guardare i numerosi film di produzione turca degli anni Settanta e Ottanta. Si tratta di un mezzo nato prima di quell’epoca ma molto diffuso in questi anni e costituisce anche una delle nuove fonti di guadagno per i cittadini da poco inurbati. Tra quelle pellicole una è molto particolare: Cicek Abbas [Abbas il fiore], un film comico diretto da Sinan Cetin e realizzato nel 1982. Tra i protagonisti si annoverano due personaggi illustri: Ilyas Salman e Sener Sen e l’opera tratta di un autista di minibus e del suo aiutante, della loro differenza socioeconomica e dei loro sogni. La sceneggiatura è di Yavuz Tugrul e si può considerare un film molto realista che racconta anche la vita dei migranti anatolici a İstanbul in quel periodo.
Cennet Mahallesi [Quartiere Paradiso] è una zona molto trafficata di İstanbul che comprende anche un sito archeologico con vestigia romane, purtroppo quasi totalmente distrutto. Invece l’annuncio che sentiamo sulla metropolitana a Torino «Prossima fermata: Paradiso» è il titolo di un film molto interessante, diretto da Albert Brooks, che parla anche della reincarnazione. Tra Torino e İstanbul un ulteriore aspetto che fa da ponte è la presenza degli abitanti di fede musulmana. In particolare, la regione Piemonte accoglie circa l’8 per cento di quel milione e mezzo di musulmani residenti in Italia. Come si sa la vecchia patria dei Frigi oggi comprende una popolazione della quale circa il 97 per cento è musulmana.
Oggi se cercate su Google “come si va in paradiso”, in turco, troverete una serie di video su YouTube realizzati da religiosi. Nella Turchia di oggi ormai su internet vengono diffusi numerosi materiali scritti e audiovisivi che parlano della religione e di come si deve vivere secondo 219 le regole dell’islam. Ma non solo su internet. Anche in televisione ormai è molto frequente sentire le dichiarazioni di professori, imam, politici, giornalisti oppure psicologi che si rivolgono alla nazione e provano a insegnare come deve essere la vita ideale di un fervente musulmano. E spesso questi suscitano delle reazioni nel pubblico.
Per gentile concessione di Murat Cinar, per maggiori informazioni sul libro consultare la recensione su Il Posto delle Parole
Murat Cinar: Uno dei figli di Costantino (non il tronista), nasce nel 1981. Frutto d’amore di una coppia immigrata nella ex città ottomana, lei da Sebastia (Turchia) lui da Batum (Georgia). Cresciuto a due passi dalla vecchia Pera, tra le culture armena ed ebrea. Appassionato di fotografia, cinema, politica ed inevitabilmente giornalismo. Dopo una breve avventura accademica in Finanza Internazionale atterra in Italia nel lontano 2001, prima a Siena poi a Torino, con il desiderio di studiare giornalismo, ma finisce col frequentare il Dams, Cinema e Televisione. Si specializza in riprese e montaggio video, fotografia e, ultimamente, web marketing. Il giornalismo, con tempo che passa, resta in secondo piano, ma non lo abbandona mai. Attualmente e saltuariamente scrive in Turchia per la rivista nazionale KaosGL, per il quotidiano nazionale Birgun e per vari portali di notizie indipendenti come Bianet, Sol e Sendika. In Italia ha scritto per Il Manifesto ed E-il mensile. E’ uno dei fondatori del freepress mensile Glob011 e collabora ancora oggi con BabelMed, Prospettive Altre e Pressenza. Finché riesce a ricavare un po’ di ossigeno dalla città e qualche ora libera dal lavoro prova a scrivere racconti, non di rado ironici, tratti da ciò che osserva e sperimenta. Cerca di arricchire il suo cammino con Shiatsu, TaiChi e la passione per il Fenerbahçe.
Foto dell’autore a cura di Murat Cinar.
Immagine in evidenza: Foto di Aritra Sanyal.