I
Scende la morte ogni notte
sulle mie labbra beve
il latte dei baci non dati.
II
S’ingolfa d’acqua
nell’ala del buio
affoga nelle guance
alla finestra la bracciata
dove per sempre sprofonda
e chiudono le luci.
III
Che ore sono?
è l’ora che segna
d’orrore le stelle
se già tace l’allodola
nell’impaglio del giorno
ma non tacciono i cani
non tace l’allarme in cortile
il pigolio delle mani
sui vetri piantati
con arguzia feroce
e ombre sui muri.
IV
Macina il dolore
segue la traccia del fuoco
per nuova legna da ardere
e quel navigare di squarci
crepitii fornaci
comete del mio funerale.
V
Dormi mia dolce nel gelo
dell’inverno
mentre sogno di sognarti
baciarti dove la paura
si fa luce
irragionevole fra nere
le vele
antelucane ma dimmi
giura che m’hai visto
ridere in quel sogno
di lampi lucciole
e bugie dimmi
con più che labbra
gli occhi.
VI
La mano
che non risponde
passa al suicidio
l’anticipa
la scossa di settimo grado
il soffio dei vivi sugli occhi
l’ebete sorriso
nel mettersi a letto
nel dire buona notte
ai topi
al verde della mela.
VII
In una parte della memoria
come invisibile nidiata
di fogli millimetrati volanti
s’accampano parole inesplose
schivi lampi di occhiate impennate
abbracci e strette di mano amori
non miei ma miei ché l’ora rinforza
mentre curva nell’argento il tempo
l’inguine la lava che tutto raffredda
la vigna celeste l’odore dei cipressi
l’ombra che dal monte s’accampa
nel bisbiglío dei cespugli
fra ardenti crateri di fari
che vanno e vengono come giallo
scricchiolío di piedi
sul parquet senza pace
mentre scalzo ricevo in silenzio
l’amorosa tristezza della notte.
VIII
L’altro mio io che indica
il corpo che pende su me
dal regno dei morti urla sono io
il vivo che vive l’utile oggi
inutile mortificarti torturarti
spaccato in due dal rimorso
dell’ aura infelice che sei
inutile strapparsi di dosso l’aiuola
il lamento nero-piumato
mentre m’agguanti torci la testa
purificato dal senso di colpa pentito
del male che hai fatto
a nome mio o hai ricevuto
come uno straccio bagnato
poi in faccia ad un altro volato
non conta non serve calare ad U
da qualche altra parte il serpente
come contasse non conta
non conta puntare quel dito sono io
la Storia il verde laccio l’anello
di due che si fanno feroci.