da “Il mito di Adamo”, spettacolo teatrale tratto dalle opere di Julio Monteiro Martins (Rosanna Pezzopane)

FioraioSentiero

Il Mito di Adamo (Parte Prima)

 

Il 2 luglio del 2015 abbiamo festeggiato con un recital il 60° compleanno di Julio con un recital impreziosito dalla chitarra di Alberto Chicayban. Tutto qui? Per noi, un gruppo di dilettanti che hanno conosciuto e lavorato con Monteiro Martins, non era sufficiente. Dovevamo trovare un modo per rendere omaggio, per ricordare, per mettere a fuoco la scrittura creativa, ma anche il pensiero dello scrittore e poeta. Circa un anno fa ho portato al gruppo la prima scaletta di un eventuale spettacolo; entusiasmo e perplessità: un coro di approvazioni, ma nessuno ci avrebbe scommesso un centesimo. Il filo conduttore voleva essere il rapporto di Julio con la letteratura e il testo di riferimento era “La macchina sognante”, un libro intervista, nel quale si affronta appunto il significato della letteratura per l’uomo nella realtà contemporanea. Una decina di persone, diverse tra di loro per età, per carattere, per storia personale, si sono incontrate periodicamente e hanno affrontato il problema con tenacia, con convinzione, con perplessità, mettendo ogni volta in discussione quanto deciso. Il lavoro doveva mantenere la profondità delle riflessioni di Monteiro Martins, ma doveva nello stesso tempo arrivare al pubblico, diventare teatrale, avere momenti diversi. Intervalli musicali? Perché no, se hanno il loro senso all’interno dello spettacolo! Qualche momento di danza? Perché no, se si aggancia al testo! Alberto Chicayban, l’amico di Julio, ci ha donato la sua collaborazione e, dopo aver conosciuto la sceneggiatura, ha scritto la musica adatta ai vari momenti. Nicole, una giovanissima ballerina, ci ha donato la sua danza nei momenti più intensi. Intanto le prove si susseguivano e ogni volta un muro veniva abbattuto. E Alessandra, che è stata moglie di Julio, sempre presente, attenta nel consigliarci e fiduciosa nel nostro lavoro. Il titolo era stato chiaro dall’inizio: Il mito di Adamo; è lo stesso Monteiro Martins a parlare del mito di Adamo, cioè dell’importanza della conoscenza per l’uomo, nonostante tutti i rischi che si possono correre. Ci abbiamo cominciato a credere, fino alla sera del 16 marzo 2017, in cui, nel teatro del Giglio a Lucca, il Direttore artistico Aldo Tarabella e Alessandra hanno introdotto e presentato lo spettacolo. Un miracolo, come ne fa il teatro: un video del 2013, nel quale Julio recita “Finestre”da “La grazia di casa mia”, ha introdotto il lavoro, a metà tra un recital e una rappresentazione teatrale vera e propria. Un’ora di spettacolo, durante il quale il pensiero di Monteiro Martins è arrivato preciso, martellante, intervallato dalla lettura di alcune delle sue poesie prese dal libro “La grazia di casa mia” e dalla messa in scena del racconto “Sulla battigia”; una sorta di testamento del poeta, i versi di “Seduto immobile”, un’ultima danza sulla musica di Beto hanno concluso lo spettacolo. Bello, mi sento di dirlo, interessante, ma non noioso, anzi, coinvolgente, a tratti emozionante, e, perché no, recitato dignitosamente da un gruppo di dilettanti, motivati soltanto dal ricordo vivo di Julio Monteiro Martins e della sua opera. Grazie, Julio.

Rosanna Pezzopane

 

Prima parte

 

Musica e danza

Michele prende il testimone

(JMM (Michele): Sì, lo ripeto, come dice la poesia, Il mondo non se ne sta certo in ginocchio a supplicare di essere scritto da qualcuno. )

Domanda dal pubblico (Laura) Ma allora il racconto, il romanzo, la poesia, la letteratura insomma, tutto quello che ci hanno insegnato a scuola sull’importanza della lettura, non serve a nulla, non serve a nessuno? Il mondo può fare benissimo a meno della letteratura?

JMM (Michele): Pensi che al mondo (alla terra), alla natura servano il dubbio di Amleto, il viaggio nell’oltretomba di Dante, l’infelicità di Leopardi? (La natura non si interessa all’uomo; al contrario, se l’uomo continua a disinteressarsi della natura, sarà ben presto eliminato dalla faccia della Terra.) No, non è la natura ad aver bisogno della Letteratura, ma è il mondo sociale, è l’uomo, sia lo scrittore che il lettore, che non può farne a meno, perché lo scrittore, il poeta scava nell’animo umano, mette a fuoco l’uomo nella sua duplice natura, quella alta, filosofica, artistica (quella bella insomma), e quella animale, puramente istintiva, distruttiva, feroce (quella brutta). E la letteratura, mentre coglie i vari aspetti della realtà, anche (, soprattutto) quelli più miseri, aiuta l’uomo a sollevarsi dalla degradazione e lo rende più profondamente umano. (E’ una speranza almeno)

 

Michele passa il testimone a Patrizia B.

Domanda dal pubblico (Maria Pia): Qual è il legame tra letteratura e storia dell’uomo?

JMM Patrizia B.: Ripeto quello che ho detto un attimo fa. La letteratura offre al lettore la conoscenza di sé e del mondo, e lo fa utilizzando ogni registro possibile, dal sordido al sublime. Anche quando è viziosa e mostruosa, quella mostruosità serve a rivelare la natura reale dell’uomo, a strappare le maschere sociali; in una parola, serve alla libertà.

La libertà è un valore supremo per lo scrittore, che ripete ogni giorno il mito di Adamo: (Adamo, ma anche Eva) morde la mela per essere libero di conoscere. È vero, si fa cacciare dal paradiso per questo, ma d’altra parte niente fa male alla letteratura più dei buoni sentimenti, delle false semplificazioni. Come faremmo a conoscere il Male se non attraverso la letteratura?

 

Patrizia B passa il testimone a Patrizia L

Domanda dal pubblico (Maria): Uno scrittore ha detto che finché c’è un bimbo che muore di fame, è immorale fare letteratura. Lei cosa ne pensa?

JMM Patrizia L.. Esattamente il contrario. Soltanto la conoscenza può porre fine alla cultura della fame e dello sfruttamento e la Letteratura (io credo) è indispensabile in questo percorso. Pensiamo all’importanza che l’Illuminismo ha avuto per la fine della schiavitù, il marxismo per l’affermazione dei diritti dell’uomo. La conoscenza ci sta provando a cancellare queste offese e la Letteratura si pone come strumento insostituibile per  l’uomo, per affermare (e far prevalere) la sua umanità e il suo diritto alla libertà

 

 

 

“Verbi gratia”,  (poesia di Julio Monteiro Martins)

Patrizia B, Andrea, Patrizia L   Patrizia B.

Avevo tanta paura

dei sostantivi astratti

che mi sentivo sicuro

persino fra gli aggettivi.

 

Paura per esempio

della parola libertà

(è usata in sensi opposti,

uno a destra,

l’altro a sinistra,

e nessuno dei due credibile).

 

Ero allergico

al concetto di verità.

Tagliato su misura

per ogni convenienza

da un tessuto logoro,

dai brandelli dei fatti.

 

Volevo circondarmi

di sostantivi concreti,

di cose semplicemente:

conchiglia, candela,

cometa, sapone,

vaniglia, frittella.

 

Chiudevo gi occhi

e questi sostantivi

sfilavamo dentro di me,

uno scaffale vivente,

come un tesoro

alla portata dei miei verbi.

 

                                       Andrea

Ma il mondo

è tanto cambiato.

Come potevo indovinare?

I suoi nuovi abitanti

volevano concretezza.

E una paura inedita

mi assalì,

assediato com’ero

dai motorini,

dalle catenine d’oro,

dalla barche e dalle macchine,

dai rolex,

dalle carte di credito.

Troppi sostantivi

inqualificabili.

Troppi soggetti,

nessun predicato.

 

E ora s’insinua in me

la doverosa nostalgia

dei sostantivi astratti:

chi l’avrebbe detto!

Princìpi, lucidità,

equilibrio, equità,

riflessione,

coerenza, correttezza,

fierezza,

dignità

(e anche la parola astrazione,

per ironia,

oggi mi sembra bella).

 

                                       Patrizia L.

Magari sono cambiato io,

dopotutto.

Forse ho capito

che tutti i sostantivi

sono astratti.

Che parola è parola

e cosa è cosa,

e che è molto pericoloso

scambiare una per l’altra.

 

Più lontana delle cose

è la parola

più vicina sarà a se stessa.

 

Se guardandosi intorno

dopo averla ascoltata

Non si trova niente

che le somigli,

prendiamola come un invito

sottile

a un pensiero nuovo,

o un richiamo

a un’antica arte.

 

L’arte di disegnare

con la voce

l’idea,

per poi versarla sulle cose

e intingerle di senso.

 

Oggi ho paura e amore,

parole astratte

ambigue e imperiture

tra le nostre mani.

 

(musica)

Patrizia L. passa il testimone a Maria

 

Domanda dal pubblico (Elena): Si può diventare, dicono, scrittori a vent’anni o a settanta, essendo autodidatta o professore; allora è vero che la letteratura è il meno professionale di tutti i settori dell’attività artistica?

JMM Maria Bah! Sono d’accordo che si può iniziare una vita da scrittore a qualsiasi età, e che sicuramente non servono per questo i titoli di laurea o i dottorati. Ma è altrettanto vero che la letteratura è l’arte che richiede il tempo più lungo di formazione e la preparazione intellettuale più complessa e faticosa. Mentre è assolutamente falso riservare l’arte dello scrivere soltanto agli “eletti”: questa è una posizione non solo antiquata e sbagliata, ma anche elitaria ed escludente. Dal mio punto di vista, un mondo superiore sarà quello che riuscirà a includere il maggior numero di esseri nel meglio che questo mondo può offrire. E la Letteratura fa parte di questo “meglio”. Conoscere i segreti tecnici della Letteratura permette a chiunque di assaporarne il gusto. O le brioche sono riservate soltanto a pochi e la gente comune deve mangiare solo e sempre pane nero?

 

 

Maria passa il testimone a Michele

Domanda dal pubblico (Patrizia L): Scusa, Julio, può accadere che lo scrittore scriva per sé stesso, perché innamorato delle sue parole?

JMM Michele: Certo, non solo è possibile, ma lo scrittore deve difendersi dal suo narcisismo. In ogni artista si nasconde un narciso; lo scrittore poi ama talmente le parole che facilmente può cadere nella trappola di subire il fascino delle sue parole e a quel punto la scrittura prende il sopravvento sul mondo che voleva rappresentare: la parola diventa autoreferenziale, fine a se stessa o peggio ancora ipnotizza e toglie ogni libertà di scelta all’uomo.

Domanda dal pubblico (Patrizia L): E allora? Cosa deve fare lo scrittore?

JMM Michele: Lo scrittore può, deve aiutare a scoprire la disonestà linguistica premeditata, studiata e magari accuratamente costruita per ingannare il lettore e per catturare il suo consenso. Cosa diceva Goebbels? “Ripetete una bugia cento volte, mille volte, un milione di volte, ed essa diventerà una verità”

 

“Palingenesi fasulla”: Michele conduce il gioco

 

                                                Michele

Borborigmo birbantello.
Procacciatore. Progenitore.
Profittatore. Profiterole.
(dimmi un po’,                           Maria Pia
quanto ti piacciono
le parole?)
Michele

Fatterello, mulinello,
turbinio, risucchio,
pescecane, pisciacane,
marzapane, piantagrane
(ma quanto ti piacciono       Maria Pia
le parole
italiane!)
Michele

Tarassaco, talabalacco,
fuorisacco, culdisacco,
maghetta, magagna,
magari
(quanto ti stupiscono           Maria Pia
i vocabolari!)
Michele

Pupazzo,
pompetta, pompelmo,
tafferuglio, baruffa,
buchetta, bucaniere,
carboniere, carabiniere
(sono fortissime                     Maria Pia
queste parole straniere)

                                                Michele

Cocomero, cucuzzolo,
cuccagna, culatello,
colbacco, perbacco
(anch’io mi diverto               Maria Pia
un sacco)

                                                Michele

Giochetto antelucano,
nottetempo,
battifianco, nondimanco
(ma ora sono                         Maria Pia
un poco stanco)
Michele

Pipistrello, polentone,
palpatina, palmatoria,
palmarès o pince-nez
(dormo e poi,                         Maria Pia
come sempre, le sogno
in português)

 

per gentile concessione di Rosanna Pezzopane

 

Per saperne di più sul Teatro del Giglio di Lucca

http://www.teatrodelgiglio.it/it/home/

 

Foto in evidenza di Melina Piccolo.

 

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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