da “Antichi carteggi del tempo assonnato….” Donne, letteratura e vita – Poesie di Lucy Simonato

piagnone

 

El condor pasa (in cerca di lavoro)

 

A Faiçal S.

 

Dal monte,

nell’arsa notte di un sole

sulla discinta roccia

accartocciato,

impavidi condor

si tuffan sul mondo –

da confini illusori

diviso – e poi…

argomentano,

sopra la mia china testa,

adducendo saccenti prove

sulla necessità vitale

di cibarsi ora

delle mie scarne spoglie

di giovane clandestina

dal ventre rigonfio,

o forse dopo, se

El Florido Norte

riuscirò a scalare.[1]

 

Fara, 23/0

 

[1] Dedicata a Faiçal S. e alle migranti di ogni latitudine che rischiano la vita per sfuggire dalla povertà, dalla guerra e da persecuzioni politiche o religiose..

 

 

 

L’ebrea errante

 

agli occhi di luna

 

Occhi di luna

disciolti in un tempo avvizzito,

ricolmo d’orrori bluastri e lucenti,

imploran

sgualciti le bocche

di fiera

di un treno indolente che arriva e che parte,

succhiato da voragini attente.

S’adagian furtive le ore

su baracche di fango vestite,

baracche

che sputan le ossa nebbiose del figlio

perdutosi un giorno per caso,

un giorno per caso…

Una lacrima secca ora

inciampa sul volto

di ciclopica anima errante,

ed è subito notte.

Notte dimenticata,

terribile notte.

 

Ma nel buio presente

scintillano ancora quegli occhi di luna

e sonori silenzi

percuotono l’aria stantia:

“Ricorda, ricorda! Ricorda…

se puoi.” [1]

 

Fara, 27/01/06

 

[1] Dedicata ai mille occhi di luna visti tante volte, troppe volte.

 

 

Their Eyes Were Watching God

(Con gli occhi rivolti al cielo)

 

a Clarke J. M.

 

Navi solcano i sogni degli uomini… Ma i sogni delle donne scorrono sotto pelle imbrigliata, dove nessuno li vede. Parlano gli uomini di muli e di lustrini quando dal polveroso passato Janie si sporge. Le donne, soltanto loro, ascoltano smaliziati suoni e parlano in bisbigli fioriti di minuscole smisurate essenze.

 

 

Cascate a boccoli di

stordita pantera

accarezzano la mia dritta schiena

e abbracciano

i miei muti occhi, di

desiderio gremiti.

Prima di lui, Pheoby, amica mia,

alberi e vento

sussurravano pienezza;

ma con lui la vita

intera mi colse

tra le braccia.

Poi qualcosa cadde

dall’anima. E così ora ritorno

dalla terra dell’eterno suo sonno.

 

Dopo di lui, Janie cara, sembri la selvaggia figlia di te stessa…

 

Eppur salva –

e forte! – per l’amore

che fu di vibrante albero

in ogni foglia.

Nessuno sa, dolce Pheoby, che per lui

non fui mulo, né gingillo,

ma solo Janie,

cuore ed anima – insieme – nel

frastornato mare calmo dell’amore,

onda che in disparate guise appare

ad ogni riva su cui respira.

Tea Cake era il mio orizzonte

in fuga, le cui reti

traccio a riva in uno scialle di brezza colmo,

per scaldarmi… nel tempo che verrà,

senza di lui. [1]

 

Fara, 21/03/06

 

[1] Their Eyes Were Watching God (Con gli occhi rivolti al cielo)

A Clarke J. M., il Tea Cake del mio passato ed a Zora Neal Hurston che descrisse mirabilmente il viaggio di Janie da oggetto altrui a soggetto della propria vita.

 

 

Pozzanghere (la ballerina)

 

ad Adua S.

 

 

Dopo la pioggia

di lacrime,

pozzanghere (miglia

e poi miglia!)

raddoppiano

il cielo

ed io, cieca viandante,

rabbrividisco

per tanto splendore.[1]

 

Lugo, 01/05/06

 

[1] A quelle giovani donne del Bangladesh i cui occhi ed il cui volto furono deturpati dall’acido solforico. Alle vittime di questa orribile pratica – il cui volto (ed a volte pure il corpo) rimane sfigurato a vita, anche dopo ricostruzioni facciali estese. E’ sufficiente rifiutare una proposta di matrimonio, avere una relazione extraconiugale o non fornire la dote richiesta dal marito per essere oggetto di tale gesto disumano. In Italia è possibile reperire svariati libri sull’argomento, fra cui la toccante autobiografia di Fakhra Younas, Il volto cancellato. L’OMCT (Organizzazione Mondiale Contro la Tortura) ha espresso la sua preoccupazione per questo fenomeno tuttora molto diffuso ed addirittura in aumento anche in paesi come l’Italia.

 

 

The Hours: la pietra, i libri, il corpo, i fiori

a Barbara S.

Mrs. Woolf:

Cerco la pietra

perfetta che

mi trascini via

da queste tormentate parole

che invadono l’aria feroce e

sbucano dal foglio

bianco, in agguato

su penne sofferte.

Cerco la pietra

morbida

che avvolga il mio corpo

di donna che non vuole

che il fango, per sfuggire

dagli inesatti sbadigli della vita.

Cerco la pietra

fredda

che mi conduca,

Ofelia sognante,

a cavallo della tigre,

sul greto del fiume

di illuse parole lasciate

a mio marito

perché si ricordi di Londra e

di Virginia,

del mio terribile casto vuoto.

E così le ore,

spietate ore, ticchettano

via.

 

mrs. brown:

non chiedermi per chi si apre il giorno non per me io vedo solo porte chiuse infilarsi fra gli spilli del tempo e le pieghe delle pagine che sfoglio impetuosamente mio figlio si nasconde dietro il dorso di mrs. dalloway ma marito non ho marito non voglio più le parole corrono sui muri di casa e scivolando dalle finestre si ergono come bastioni per nascondermi da dan lui non è mio marito richie non è mio figlio lui ha quegli occhi perennemente sgranati e imploranti di cucciolo ferito dalla vita e da me no non è mio figlio no no no la mia unica casa è un libro che sfaldo e che sfrondo vivendo d’intenso solo fra le sue righe

e così le ore spietate ore ticchettano via

 

Richard:

Un tempo fuggivo

l’amore

impennandomi,

disabitato uomo di metropoli.

Ma ora… ma ora!

Ora mi sottraggo

al bisogno

d’amore che mi persegue,

vergognoso

di tanto dolore che

sfuma

i confini del corpo.

Per un bacio,

Mrs. Dalloway,

per un bacio potrei

stritolare la vita ingannevole

che m’aspetta

domani.

 

Per un bacio,

Clarissa,

potrei ancor decretar

di restare. Ma

dal mio orribile

corpo piegato,

e piagato,

allontanarmi devo.

Addio ore,

spietate ore.

Addio.

 

Clarissa:

L’aria è percorsa da magiche onde, profumate come fiori, mentre la luce di giugno si riversa in concerto su New York, affondandola in un lago ondeggiante di suoni e di fragranze, di desideri a lungo lasciati nei cassetti fra la biancheria pulita. Il glorioso mattino ridesta dal fondo della vita il passato, come un treno lucente che sfreccia dalla densa notte bruna. Fuggire vorrei, ma non posso. Qualcosa… qualcosa… ma dir non so cosa sia, sopraggiunge a stregarmi fra le braccia. Ed io naufrago, come fossi ancor giovane donna, appagata da tanta amorosa bellezza! Nonostante tu sia sasso pesante… e tu pagina vuota fra righe assai piene… e tu tormentato corpo. Nonostante… Nonostante tutto, non mi resta che riaprirmi alla vita come corolla fra fiori.

Rimanete ore, spietate ore, amate ore.[1]

 

Fara, 17/03/06

 

[1] A Barbara ed ai fiori che verranno.

Il titolo rimanda allo splendido romanzo di Michael Cunningham (da cui è tratto l’omonimo film) che si ispira al suggestivo Mrs. Dalloway di Virginia Woolf, mescolandolo ad altri due piani temporali.

 

 

 

Mille splendidi soli[i]

 

Devo sistemare

questa ingombra

stanza perché

libertà possa entrarvi.

 

Fuori, fuori dalla

finestra vecchi vestiti di catene e

serrature; forzati sì

domestici; incessanti lotte che vagano

per le scale; rasoi di parole che curvano la mia anima

soggiogata; ed i sorprendenti, lividi movimenti

delle sue mani su di me.

 

Fuori, fuori da questa

finestra la colpevolezza mia

vestita di seta e insaporita di miele; l’impotente

vendetta nascosta fra scrigni sospesi e

sotto le sedie; la furia fiacca imbalsamata dietro

la tv nuova; ed i sorprendenti e velenosi movimenti

delle sue mani sul mio cuore.

 

Devo sistemare

questa ingombra

stanza perché

io stessa possa entrarvi ancora una volta.

 

(INEDITA. Dalla raccolta Minimalia, invisibili essenze)

 

[i] Il titolo è un riferimento a Mille splendidi soli di Khaled Hosseini.

 

Per maggiori informazioni sull’autrice consultare la sua pagina in www.club.it 

 

 

Immagine in evidenza: Foto di Paloma Criada.

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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