Clandestine (Eloisa Guidarelli)

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Prima della grande onda mi sono impressa nella mente gli occhi d’agata di mia madre e le sue morbide labbra colore delle amarene, prima dell’ultima onda avevo immerso la mia mano fino al polso nell’acqua nera come un’immensa pupilla, poi distratta dalla mia piccola sorella scura a cui per tutta quella notte ho tentato di cancellare ogni paura, le dicevo che avremmo mangiato tanto, che avremmo dormito al caldo, che il mare era nero solo perché era notte, ma domani, domani avrebbe fatto a gara con il blu del cielo, e io che cosa mi dicevo, e io che cosa mi dicevo, troppo bambina per concepire la fine, troppo grande per ascoltare altre favole, avrei voluto consolare mia madre, ma lei era spezzata, a cavallo di quella sottile soglia dove non si sente più alcun dolore, quando ogni speranza è morta, quando con la morte muore anche ogni stupore, non riusciva però a guardarci per la colpa, e io avrei voluto dirle che non mi importava di morire se avessi potuto avere il suo sorriso, ma lei teneva le mani sulla nostra gatta che non finisse in acqua, un occhio blu e uno giallo, la nostra gatta. La barca prendeva acqua. E il mare non lo avevo ancora visto così da vicino, l’avrei giurato amico perché solo lui ci poteva portare lontano, avrei voluto giocarci con le onde, magari un giorno da una spiaggia, ma nella barca entrava acqua, avevamo i piedi ghiacciati, ma mia madre aveva vestiti di tanti colori, tanti colori che pensavo ci avessero avvistati, la mia sorella più piccola si stava per addormentare, io le respiravo sopra, ci stavo tutta rannicchiata, non sapevo più come scaldarla, poi strattonavo la mia mamma, “mamma non mi risponde, non apre gli occhi”, lei rispondeva “lasciala andare, lasciala libera di andare” E non si voltava, sembrava già del mare, non sapevo cosa avessimo fatto di male, pregavo non so neppure io chi, che avrei fatto qualsiasi cosa per rimediare, dagli occhi di mia madre caddero lacrime e il sale finì col sale. Cominciavo a chiedermi cosa si provava e in cosa poi mi sarei trasformata, ma non avevo gli anni sufficienti e ancora non avevo cambiato tutti i denti per questo nuovo coraggio, per morire con orgoglio, mia madre non mi guardava più lei ora era il mare, entrava acqua nera, io accarezzavo la mia gatta, non sentivo più la fame, avevo troppo sonno, sarebbe stato bello morire durante il sogno, e questo fu tutto ciò che chiesi e mi sembrava molto, quando arrivò la grande onda mia madre mi stava guardando, mia sorella piccola stava di nuovo mangiando e la nostra gatta faceva le fusa, il mare aveva onde turchesi, di lontano immaginavo la nostra casa, e questa è la mia breve storia di clandestina, non l’ho mai vista la riva.

 

 

Guidarellifoto

 

Eloisa Guidarelli è nata e vive a Bologna, diplomata in grafica pubblicitaria, lavora e si afferma come pittrice, attrice e drammaturga. “Come artista sfioro sempre il sociale, in quanto la mia pittura nasce dai miei stessi ideali, da un’idea di rivoluzione che possa partire dalla pittura per arrivare a colpire nel profondo dell’animo umano, scelgo di privilegiare l’universo femminile, perché ne desidero il riscatto sociale, le mie tematiche non vogliono mai essere accuse ma fotografie sui fatti del mondo”.

Foto  in evidenza di Eloisa Guidarelli.

Foto dell’autrice a cura di Eloisa Guidarelli.

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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