Chilean electric, di Nona Fernández

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CHILEAN_ELECTRIC_Fronte-650x901Nona Fernández, Chilean electric, Edicola, 2017.

 

La scrittrice cilena Nona Fernández arriva nuovamente in Italia con il suo ultimo lavoro, Chilean Electric, premiato nel 2016 come miglior romanzo pubblicato in Cile, anche stavolta, dopo Space invader (2013), pubblicato da Edicola edizioni, all’interno della collana Al tiro. A questa collana, e dunque per esteso alla casa editrice, va il merito di ospitare alcuni dei nomi appartenenti alla nuova generazione di scrittori cileni, tra i quali, oltre alla Fernández, Alejandra Costamagna, Natalia Berbelagua, Ileana Elordi. Una generazione che vede in Bolaño il suo punto di riferimento. Nel numero 1 della nostra rivista abbiamo riproposto un saggio dello spagnolo Ricardo de Querol (I bambini della repressione cilena colmano i silenzi) che fa il punto della situazione sulla produzione letteraria cilena contemporanea, nel quale si legge: “I giovani cresciuti durante la dittatura di Pinochet costituiscono ormai una rinomata generazione letteraria. Condividono una ricostruzione della memoria tra l’intimo e il politico.” Ancora nello stesso articolo, il giornalista afferma che questi scrittori non hanno bisogno di essere autori di un grande romanzo, ma che la loro opera, spesso racchiusa in libri di poche pagine, si legge come in puzzle, che, tassello dopo tassello, fa riemergere una storia per lungo tempo tenuta scomposta.

Sono questi gli elementi che ritroviamo anche in Chilean Electric, un romanzo in cui il passato non è raccontato, tantomeno è omaggiato, ma è ricostruito, attraverso veri e propri tasselli che il lettore, assieme alla sua autrice, deve mettere in ordine e far combaciare, “i pezzi di un passato che non sappiamo ricordare” (p. 26). E il contenitore di questi tasselli è la memoria, la memoria storica affidata alla nonna che da avvio al racconto, risalendo all’arrivo della luce elettrica nella Plaza de Armas di Santiago, a cui lei dice di aver assistito durante la cerimonia di inaugurazione, per poi scoprire, più avanti, che la data dell’evento storico non coincide con quella della memoria della nonna. Allora perché si sente la necessità di inventare un ricordo?

E con la luce che arriva in città si illuminano i volti delle persone, si illuminano tutte le zone d’ombra, anche quelle più oscure, quelle che passano attraverso il filtro della memoria della nonna, impiegata al ministero del lavoro che ha trascorso la vita a trascrivere atti ufficiali con la sua macchina da scrivere (che in un’ideale passaggio di consegna della memoria collettiva arriverà nelle mani della nipote) che si intrecciano con i ricordi da riordinare dell’autrice adolescente negli anni della dittatura; passando attraverso dei piccoli cortocircuiti “scintille di luce che attirerebbero l’attenzione e costringerebbero a mettere a fuoco zone scure, terreni invisibili”: ritroviamo la scrittrice bambina nella Plaza de Armas vestita da huaca aggrappata a un cavallo di legno, la vediamo durante una manifestazione accanto a un bambino che ha perso un occhio a causa dei colpi di un carabiniere, ripercorriamo con lei la storia dei desaparecidos della famiglia Recabarren e gli ultimi istanti della vita di Salvador Allende, di cui per lungo tempo ha conosciuto solo la voce, con registrazioni che circolavano clandestinamente, negli anni in cui la storia si completava con l’immaginazione. I ricordi scomposti di questa nonna, o la loro invenzione, sono gli indizi da cui partire per ricostruire il passato, per illuminare “la temibile oscurità”. Perché la luce diventa spartiacque tra il tempo dell’ombra e quello della ricostruzione, così come le lucciole e la loro scomparsa, per Pasolini, in Italia segnano lo stacco tra la fine della seconda guerra mondiale e il periodo successivo.

Chilean electric è un romanzo con salti temporali, cambi di punti di vista, e diversi elementi strutturali, che oscillano tra la storia di un Paese, quella di migliaia di desaparecidos fatti sparire dal regime e quella personale dell’autrice inevitabilmente interconnesse tra di loro. Nessun dettaglio del libro è lasciato al caso, così come nessun orpello interrompe l’andatura concisa della lettura, ogni tassello, alla fine del libro, trova il suo posto nella ricostruzione del puzzle del passato.

 

 

Nata a Santiago del Cile nel 1971, Nona Fernández è scrittrice, sceneggiatrice e attrice. Nel 2011, nell’ambito della Nona FernandezFiera del Libro di Guadalajara, è stata inserita nella rosa dei 25 “segreti” meglio custoditi della letteratura latinoamericana.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Foto dell’autrice a cura di Nona Fernández.

La foto in evidenza è della nostra webmaster, Micaela Contoli, di OpenMultimedia

Riguardo il macchinista

Maria Rossi

Sono dottore di ricerca in Culture dei Paesi di Lingue Iberiche e Iberoamericane, ho conseguito il titolo nel 2009 presso L’Università degli Studi di Napoli l’Orientale. Le migrazioni internazionali latinoamericane sono state, per lungo tempo, l’asse centrale della mia ricerca. Sul tema ho scritto vari articoli comparsi in riviste nazionali e internazionali e il libro Napoli barrio latino del 2011. Al taglio sociologico della ricerca ho affiancato quello culturale e letterario, approfondendo gli studi sulla produzione di autori latinoamericani che vivono “altrove”, ovvero gli Sconfinanti, come noi macchinisti li definiamo. Studio l’America latina, le sue culture, le sue identità e i suoi scrittori, con particolare interesse per l’Ecuador, il paese della metà del mondo.

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