C’è un “gambero” nel “Tai Chi”- Antonino Contiliano recensisce Tai Chi (Tàijí)- Poematica del Principio, Edenica, 2018 di Massimo Mori

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L’uomo libero a nessuna cosa pensa meno che alla morte:

e la sua saggezza è una meditazione della vita, non della morte.

Spinoza (Etica, IV, Prop. 67)

 

[…] tra le cose non selezionare nulla,

andare sempre con loro…

Zhuangzi

………..

 

 

Non ci pare improprio il richiamo analogico all’opera di Douglas R. Hofstadter (Gödel, Escher, Bach. Un’eterna ghirlanda brillante), o alla mitica immagine della “biblioteca” d’Alessandria quando si finisce di leggere il “Tai Chi (Tàijí)- Poematica del Principio” (Edenica, 2019), del poeta e artista fiorentino Massimo Mori.  Otto i capitoli del libro: «Approssimazioni alla formulazione del tema, Marginalità centrali tra filosofia, scienza e saggezza, Potenzialità pervasiva nel respiro della poesia, Silenzio nell’ombra profonda delle parole, Figure spaziali della temporalità relativa, Scenari emergenti dai mutamenti dell’I Ching, Divagazioni nella via e nella virtù del Tao Te Ching, Tipologia del mentore alla scuola dell’esperienza; e, in chiusura, “Indice dei nomi” e  “Il divenire». Fra le righe, o fra le pieghe e il dispiego, un mondo di informazioni e spunti di riflessioni piuttosto consistenti, quasi inesauribili. In questo mare così pescoso, è la ricchezza delle problematiche plurali e molteplici del pensiero occidentale e orientale. La numerosità di nomi vecchi e nuovi ci riporta, seppure come immaginario collettivo, alla famosa biblioteca alessandrina, l’archivio che conservava i tesori della conoscenza e del sapere acquisiti nel tempo.

Fra i nomi vecchi e nuovi che frequentiamo quali citare per debiti mai estinti? Alcuni, e senza un preciso ordine. Delle passate stagioni mi sovviene il nome di Gottfried  W. Leibniz e Niels Bohr (entrambi conoscitori del pensiero cinese e taoista). Per inciso, Bohr è stato in Cina nel 1937 e, alla fine d’una conferenza sul modello della nuova fisica subatomica  e dopo l’incontro col pensiero cinese del TAO, «riconobbe al simbolo del Tai Chi Tu la potenzialità  di rappresentare nello Yin e nello Yang le polarità opposte, e la miscela di stati sovrapposti all’origine dell’intero divenire del mondo naturale. Quando venne insignito dell’onorificenza del “Collare Danese dell’Ordine dell’Elefante” nel 1947, scelse per emblema il simbolo del taoismo con il motto Contraria sunt complementa» (Massimo Mori, op. cit.). Altri nomi risonanti e in memoria sono quelli di Einstein, Pauli, Born, Spinoza, Cartesio, Kant, Deleuze, Confucio, Buddha, Lao Zi, Suzuki …  Della stagione vivente (o da poco scomparsi) mi sovvengono , fra gli altri, i nomi del Dalai Lama e Varela; per richiami legati al mondo della letteratura, dell’arte e della poesia, i nomi di Stefano Lanuzza, Giuseppe Panella, Mario Lunetta, Marco Palladini, Luis Buñuel, Massimiliano Chiamenti …

Ma è la figura del “granchio” che, per alcuni aspetti ci permette il richiamo e l’accostamento di “Tai Chi (Tàijí)- Poematica del Principio” del nostro, all’opera di Hofstadter, “Un’eterna ghirlanda brillante”. Quando Massimo Mori, ricordando il “Tao della fisica” di Fritjof Capra, mette in parallelo la ricerca del fondamento-infondato della fisica nucleare e sub-nucleare sperimentale con le intuizioni conoscitivo-filosofiche del mondo del TAO. La metafora del granchio ci viene in soccorso come insieme di processi, fenomeni ed eventi correlati, connessi e interagenti provenienti da un’invariante principio inconoscibile. Il granchio è infatti l’immagine-concetto che, pur nell’universale della differenza, meglio accomuna l’articolazione categoriale e singolare delle due vie differenziali del principio: il flusso energetico quantico-ondulatorio per l’una, la Via/Tao per l’altra. Un modo procedurale proprio anche della scrittura di questo libro-opera di una vita di arte, poesia, pensiero e Tai Chi Chuan di Massimo Mori.

Le due esplorazioni, infatti, vanno indietro per dis-piegare quanto (tra opposizione e dialettica, coerenza e incompletezza, invarianti e mutazioni/variazioni contingenti, probabilità e statistica), si è fatto avanti nello spazio-tempo dei processi e degli eventi; divenire e fenomeni che ci dicono quali strutture e funzioni complesse agiscono e sommuovono dinamicamente la realtà particolare e ‘caosmica’, complessiva e complessa.

L’UNO, indifferenziata virtualità quanto-relativistica percorsa negli orbitali elettronici di un atomo. Il DUALE tra opposti complementari: la via taoista dello Yin e dello Yang, o la ‘taologia’ del processo nel discorso del nostro. Fra le pagine del libro è possibile ritrovare altre immagini come quella del fiore di loto (ma vedremo avanti) per stare nei paralleli analogizzanti  che abbiamo scelto  per dire due parole sul libro di queto autore. Certo sono in gioco anche i fiori, ma l’eterotopia del pensiero cinese taoista-buddhista del Tai Chi dell’interrogante Mori e la sua ‘taologia’, possono trovare ancora un’altra perla in cui rispecchiarsi in movimento: l’auto-riflettersi sempre modificato delle città nel racconto “Fedora” di Italo Calvino. Un riflettersi coerente quanto incompiuto, aperto e approssimativamente sempre rinnovato. Ci piace alludere, così, al principio logico-aritmetico che il matematico, fisico e filosofo austriaco, Kurt Friedrich Gödel, ha enunciato nei seguenti termini: “un sistema se coerente è incompleto, e se è completo è incoerente”. Un principio procedurale dinamico e insieme operativo non estraneo alla taologia del Tai Chi. In entrambi infatti funziona una logica del procedere strategico che coniuga coerenza e apertura. Una costruttività cioè che il soggetto del fare, analizzando e ordinando, usa sia che rivolga gli schemi verso la conoscenza e la comprensione concreta e oggettiva della realtà naturale che quella astratta del mondo che, simbolizzandola, intende coglierne il divenire rizomatico ma definitivamente chiuso.  L’approssimazione si trova davanti sempre l’“orizzonte” degli eventi contingenti, il singolare non lineare dei processi.

Se l’approssimazione, come anche la non linearità dell’andare, è cosa che riguarda sia la natura che la cultura, e la sua simbologia icono-concettuale, come forma non sostanziale di conoscenza e sapere in cammino, allora il richiamo analogizzante non è fuori luogo.

Scrive Massimo Mori: “la taologia del ‘processo’ è intesa come ineludibile operatività del camminare nella generale poematica della natura […]. Con ‘processo’ non si intende una rigida, sequenziale procedura codificata per conseguire un risultato, bensì ci si riferisce al ‘procedere’, alle modalità adattative del ‘come’ andare qualunque sia il cammino e la meta, applicando le virtù enunciate nel Tao Te Ching. […] Nei termini della logica, tra soggetto – il viandante  – e predicato   –  la via  – si elaborano la realtà, la necessità e la possibilità del procedere.

Ora tra la taologia e il ricordato principio di Gödel, è proprio la ‘processualità’ come divenire non sequenziale che richiama la relazione paradossale, quanto complementare ed equivalente, con il teorema gödeliano di incompletezza. Come dire, alla maniera di Bohr e dello Yin-Yiang, che gli opposti sono in congiunzione disgiuntiva, o contigui.

In questo “esser-ci” composito e aperto del TAO/VIA, come nella moderna scienza sperimentale e approssimata delle forze dello “zoo quantistico”, materia, corpo, mente e spirito non si scindono come l’immanente distinto dal trascendente e superordinato della speculazione classica occidentale. Così come non si scinde in opposti contraddittori il mondo delle diverse forze della materia-energia primordiale, idem il sapore-sapere-sapienza-virtù-saggezza – che intreccia filosofia, scienza, conoscenza, etica, estetica, poesia, arti marziali e non –, secondo la logica del “Tai Chi (Tàijí) Poematica del Principio”. È un’unitarietà complessa e una strada maestra dell’azione come non-azione, il wu wei(il seguire strategicamente silenziosi lo svolgersi dei processi come strategia vincente in situazione, o affatto determinabile a priori).

Ancora un’assunzione paradossale per la visione del pensiero occidentale che punta sull’anticipazione degli effetti a partire da un progetto causativo, rispettoso delle sequenze temporali in uno spazio lineare e reversibile.  Una scelta e un “modello” che implica volontà e libertà e, come conditio sine qua non, né simultaneità né l’inversione dei rapporti cause ed effetti.

Nel Libro dei mutamenti e nel “Sutra del Loto” si svolge la possibilità del procedere. Ma questa non è la sola affinità che è possibile cogliere tra la pratica sperimentale della fisica moderna delle virtualità quanto-ondulatorie (e fino al modello teorico del subatomico bootstrap di G. Chew) e la visione intuitivo-sapienziale del taoismo cinese. Tra le due, oltre il vuoto come “potenzialità” (lo “zaino” pieno di vuoto), entrano in azione anche le ‘virtù’ come relazione-correlazione, e necessariamente in termini di trascendenza-immanenza (B. Spinoza/G. Deleuze) possono essere individuati altri  parallelismi e somiglianze po(i)etici.

Tra queste corrispondenze, che non vanificano comunque la diversità, c’è la teoria combinatorio-matriciale “S” (scattering, scarto) di Heisenberg (la matrice: un formalismo  privo del classico “diagramma” vettoriale) e gli “esagrammi” dell’ordine cosmico taoista – i combinatori contrari cinesi (linee continue/intere Yang e linee tratteggiate/spezzate Yin) – che regolano l’articolarsi degli opposti  lungo i processi cosmologici e vitali che lasciano spazio alle singolarità casuali. Una somiglianza che non scinde gli opposti in antitesi disgiuntiva ma in contiguità, come il “momento stagionale” (tempo non scandito come kronos) e i luoghi come incorporazione di eventi fluenti e fluttuanti. Un mescolamento alla stregua del greco kairos: spazio-tempo propizio, o – mentore Montaigne – in situazione in loco e durata di processi evenienziali.

Altro richiamo può essere quello tra il “Libro dei mutamenti” (l’I Ching– 2952-2836 a. C.) e il libro “Che cos’è la vita” di Erwin Schrödinger, pubblicato nella prima metà del Novecento dallo scienziato, il cui nome non è legato soltanto al paradosso quantistico del fenomeno del gatto mezzo vivo e mezzo morto. “Che cos’è la vita” è la teoria elettronica applicata alla chimica molecolare della biosfera per riconoscere alle impreviste mutazioni genetiche il titolo di variazioni contingenti o casuali.

Non meno, infatti, nella storia della cultura cinese, testimonia il “Libro delle mutazioni” attribuito, come si legge nel libro di Massimo Mori, all’imperatore Fu Xi (uno dei tre mitici imperatori assieme a Shen Nong e Qin Shi Huang). Ed è scritto che lo stesso “…avrebbe anche tracciato le linee intera e spezzata corrispondenti rispettivamente allo Yange allo Yin” […] passando dall’interpretazione divinatoria sciamanica(corsivo nostro), tramite(corsivo nostro) l’impiego degli steli di achilleaalle linee Yange Yin come disposizione della mutevole combinazione macrocosmica di cielo e terra e microcosmica della situazione individuale.

In entrambi i lavori (“Che cos’è la vita” e “Il libro dei mutamenti”) senza scendere nei particolari, l’argomento affrontato è quello delle “mutazioni” genetiche; il mescolamento che nell’ambito della natura e della vita opera trasformazioni e riconfigurazioni innovative quanto casuali e impreviste. Ed è qui che possiamo fare entrare in gioco il fiore di loto come l’immagine-concetto che, al pari della fisica subatomica, mette in crisi la visione sequenziale del determinismo causativo classico occidentale. Ibridando e sovrapponendo (entanglement) stasi e movimento, causa ed effetto, ma anche soggettività e oggettività nel comportamento dei soggetti della scelta, le combinazioni non sempre sono lineari come vorrebbero le sequenzialità lineari attese dal pensiero deterministico e riduzionista. Il loto, come si legge nel già ricordato Sutra del lotoè invece una pianta trasgressiva della linearità ed esprime «la legge meravigliosa del renge», pianta che appunto espone contemporaneamente i fiori e i frutti eludendo la sequenza temporale, ed ha radici acquatiche superando l’immobilità spaziale; realizza così la simultaneità di causa ed effetto».

L’opera di Massimo Mori lascia tanti altri richiami e problematiche da meditare; altre risonanze tra filosofia e scienza, arte e poesia, cultura, psicologia e antropologia etc. Ma lasciamo la riflessione nell’implicito. Il lettore, tra i mille richiami e citazioni, autori occidentali e orientali prestigiosi, vecchi enuovi, classici e moderni legati alla filosofia e alla scienza, o all’arte e alla letteratura e alla pittura, potrà trovare altre consonanze magari attraverso i versi di Dante o le opere di Stefano Lanuzza de il “Bosco dell’essere”. Propriamente sintonizzati ai bordi delle due visioni (l’occidentale e l’orientale cinese) si incontreranno, con un discorrere che coniuga immagini e concetti di rilievo: il vuoto, come lo zaino pieno e vuoto, o le connessioni come una rete, o gli esagrammi combinati con gli steli di achillea, o la sfera Tai Chi poi.

Per chiudere con un “pugno di parole”, come scrive lo stesso Mori a termine del suo libro, ci piace dire che questa sua “taologia” (quale terreno di incontro fra le forme culturali, diversa l’invariante e l’orientamento teleonomico tra oggettivismo e soggettivismo), oggi nel giro espansivo della globalizzazione capitalistica unificante il pianeta terra all’insegna del pensiero unico del neoliberismo individualistico, è la “strada” più propizia per continuare a camminare sui sentieri dell’universale della differenza.

La via, fra l’altro, è il nastro trasportatore che, ricordando “Sulla Strada” di Jack Kerouac, il nostro, fin dalla prima pagina del suo libro, nomina e indica come il “Dobbiamo andare”: dobbiamo “andare e non fermarci finché non siamo arrivati”. E il soggetto implicito, è il caso di sottolineare, del verbo è il “noi” collettivo (forse il sociale di Confucio) che non nega la pluralità delle individualità (buddhiane) singolari, anzi! È sulla “strada” del “noi” che lo scrivente ha avuto il piacere di aver fatto (nell’ipotizzato comune “poetic general intellect” e nella ‘poesia in azione’) un po’ di cammino trasversale con l’autore del “Tai Chi”, Massimo Mori. Il campo di attività è la poesia come co-operazione in vista della costruzione/produzione di due opere di collettive. Opere in cui, secondo la parola di Francesco Muzzioli, l’io del poeta ha ceduto parte della sua sovranità egotica per con-dividere una scrittura poetica inter-dipendente ad opera d’un soggetto collettivo e sine nominewu ming (ilsenza nomein quanto ogni contributo di poesia nell’intersecato testuale non porta le firme degli autori). La prima opera, dove, fra quarantadue poeti, compare anche il contributo di Massimo Mori è “Compagni di strada caminando” (2003). La seconda è “L’ora zero” (2014), settantasei i poeti. “Noi Rebeldía”, il nome del soggetto collettivo.

Sulla via della “taologia” di Massimo Mori, oltre a trovare il fior fiore dei temi e delle riflessioni particolari della filosofia e della scienza … e autori in re, è come trovarsi nel campo dell’olistica unità-complessa che danza con l’arte, la poesia, la conoscenza, la comprensione dialogica… Una prova d’autore che interseca proprietà quantitative e qualitative di primario ordine concettuale, estetico e critico nell’equilibrio che oscilla tra argomentazioni e citazioni misurate quanto discrete e appropriate.

Tuffarsi tra le mille pieghe di “Tai Chi(Tàijí)- Poematica del Principio” del poeta e artista Massimo Mori, per chi scrive, è ritrovarsi anche con un vecchio compagno di strada. Un compagno e uomo di pensiero che in lungo e in largo ci conduce sulle vie del “Tao” e che, dalle sue energie quanto-sapienziali, estrae il fare del pensiero e della modalità del vivere. Il Tai Chiinfatti, pratica processuale esperienziale e sapienziale in azione sui sentieri dell’indefinibile Tao, si presenta come la strada maestra che porta all’unitarietà immanente-dinamica, quanto plurale e molteplice, al fondo delle cose, pur essendo, come principio, inconoscibile. La metafora taoista dello “zaino”, allo stesso tempo vuoto e pieno, nella pratica e nella funzione del Tai Chidi Massimo Mori, ne fa un libro utopicamente vivo e raggiante!

(Massimo Mori, Tai Chi (Tàijí)- Poematica del Principio, Edenica, 2018, pp. 231, € 27,50).

Antonino Contiliano

Marsala, febbraio 2019

 

 

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Antonino Contiliano vive a Marsala. E’ laureato in Pedagogia (Università di Palermo). è stato redattore della rivista “Impegno 80” e “Spiragli”. Ha fatto parte del movimento poetico che, tra gli anni 60 e 80 del secolo scorso, operò in Sicilia e si qualificò come Antigruppo Siciliano. Negli anni 80 ha fatto parte del comitato organizzatore degli “Incontri fra i popoli del Mediterraneo”: il convegno che, curato dal poeta Rolando Certa, ogni due anni si teneva a Mazara del Vallo. Nell’Antigruppo siciliano è stato redattore anche della sua rivista, “Impegno 80” (Mazara del Vallo) e poi del trimestrale “Spiragli” (Marsala). Fra le sue ultime poere di poesia si ricordano: ‘El Motell Blues (2007), Tempo spaginato. Chiasmo (2007), Il tempo del poeta (2009), Ero(S)diade. La binaria de la siento (2010), We are winning wing (2012), L’ora zero (2014) e la sua ultima opera Futuro Eretico (Fermenti 2016). Sue poesie sono state tradotte in inglese, francese, spagnolo, greco, macedone, romeno e croato.

 

Foto dell’autore- Ritratto di Antonino Contiliano realizzato dal pittore Stefano Lanuzza.

 

 

 

 

 

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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