La nuova edizione di Cartografie del silenzio esce a distanza di vent’anni dalla prima. In questo ventennio, com’è ovvio, sono accadute molte cose; soprattutto è venuta a mancare Adrienne Rich. Costruire insieme a lei le due antologie uscite per Crocetti, accompagnata non solo dai suoi costanti suggerimenti e incoraggiamenti, ma anche da lampi di conversazione sulla politica, l’amore, le nostre vite, è stata una delle esperienze più formative del mio percorso, non dico di traduttrice, ma di donna. In ogni caso, se la persona fisica di Adrienne Rich è morta, ciò non significa che la sua voce critica non debba più indicarci le sempre nuove, sempre cangianti emersioni del dolore e della sopraffazione sull’atlante del nostro difficult world. Noi lettrici e lettori potremo continuare a interiorizzare una scintilla della sua lucidità. Di quell’intransigenza con cui ci sfida a superare i limiti angusti delle istanze individuali e, contemporaneamente, di quell’empatia capace di sollevare ogni individuo dalla percezione della propria irrilevanza. Della sua capacità di trovare il coraggio anche in mezzo alle rovine. Della sua convinzione che la poesia non debba mai ridursi soltanto a «un lusso, una decorazione sul buffet del curriculum universitario, un’occasione celebrativa», ma debba soprattutto servire a rilevare le sorgenti di luce anche mentre guarda in faccia le tenebre. Perché Art is a register of light. (Maria Luisa Vezzali)
Adrienne Rich è nata a Baltimora, nel Maryland, il 16 maggio 1929 da una famiglia con radici ebraiche aschenazite, ma fortemente laicizzata. Ha pubblicato il suo primo libro, A Change of World, nel 1951 con gli auspici di W.H. Auden. Tra quell’opera e l’ultima, Tonight no Poetry Will Serve, uscita nel 2011, ha prodotto una ventina di raccolte di poesia e una messe di fondamentali saggi critici, di interventi in difesa dei diritti delle donne, delle persone omosessuali, degli esseri oppressi e in pericolo. Ha insegnato in diverse università, come la Brandeis, la Columbia, Stanford. Nel 1974 ha ricevuto il National Book Award ex aequo con Allen Ginsberg e l’ha accettato «a nome di tutte le donne» a patto di condividerlo con Audre Lorde e Alice Walker. Nel 1997 ha rifiutato la National Medal for the Arts offertale dall’amministrazione Clinton per protesta contro la politica sociale e culturale statunitense. È morta il 27 marzo del 2012 dopo aver sofferto a lungo di artrite reumatoide. La sua compagna dal 1976, la scrittrice e traduttrice di origini giamaicane Michelle Cliff, pur parecchio più giovane di lei, l’ha seguita quattro anni dopo.
Da Leaflets (1969)
Notte in cucina
Il frigorifero ammutolisce.
Allora altre cose si sentono:
questa ottusa mente di metallo,
le sue lamine che sferragliano come l’effetto teatrale di un tuono.
Il gonfiore che preme nelle vene
è certo altra cosa
che sangue:
diciamo, lava fusa.
Tu diventerai una scogliera di pizzo nero a picco sul mare piatto:
nervi, friabili come un lampo
che finisce in pinete bruciate.
Tu sei incominciata, stai incominciando, con il tuo cuore nero che batte
lento, trionfante
dentro la sua caverna pacifica.
1967
*
Da The Will to Change (196971)
Planetario
Pensando a Caroline Herschel (1750-1848),
astronoma, sorella di William; e ad altre
Una donna sotto forma di mostro
un mostro sotto forma di donna
ne sono pieni i cieli
una donna “nella neve
tra gli Orologi e gli strumenti
o curva a misurare pertiche di terra”
per scoprire nei suoi 98 anni
8 comete
lei come noi
governata dalla luna
levita nel cielo notturno
a cavallo delle lenti lucidate
Galassie di donne, vi scontano
la propria irruenza
costole di ghiaccio
in quegli spazi della mente
Un occhio
“maschile, preciso e assolutamente certo”
dalle trame impazzite di Uranusborg
incontra la NOVA
ogni radiazione di luce esplode
dal nucleo
mentre ci abbandona in volo la vita
e Tycho alla fine sussurra
“Che non sembri ch’io sia vissuto invano”
Vediamo ciò che vediamo
e vedere è mutare
la luce che avvizzisce una montagna
e lascia in vita un uomo
Il pulsar che batte come un cuore
il cuore che si fa strada a fatica nel mio corpo
L’onda radio che
fluisce dal Toro
mi bombarda eppure resisto
Ho resistito per tutta la vita
al centro della traiettoria di una batteria di segnali
le trasmissioni più precise i più
indecifrabili linguaggi dell’universo
Sono una nube galattica così profonda così invo-
luta che un’onda luce impiegherebbe
15 anni per attraversarmi E così
è stato Sono uno strumento sotto forma
di una donna che tenta di tradurre pulsazioni
in immagini per il sollievo del corpo
e la ricostruzione della mente.
1968
*
Da The Dream of a Common Language (1978)
Fantasia per Elvira Shatayev
Capo di una spedizione di scalatrici, che morirono tutte
in una tempesta sul Monte Lenin nell’agosto del 1974.
Più tardi il marito della Shatayev ritrovò e seppellì i corpi.
Il freddo pareva freddo finché il nostro sangue
divenne più freddo poi il vento
morì e noi dormimmo
Se in questo sonno io parlo
è con voce non più personale
(voglio dire con voci)
Quando il vento strappò il respiro da noi alla fine
non avevamo bisogno di parole
Per mesi per anni ognuna di noi
aveva sentito il proprio sì crescere in sé
formarsi lento mentre era ferma alle finestre in attesa
di treni rammendava lo zaino si pettinava i capelli
Ciò che stavamo per imparare era semplicemente ciò che avevamo
quassù come nato da tutte le parole quel sì raccolse
le forze si fuse e appena in tempo
per incontrare un No senza gradi
il buco nero che risucchiava il mondo
Ti sento arrampicarti verso di me
con le suole degli scarponi che lasciano il loro morso geometrico
enormemente sbalzato su cristalli microscopici
come quando ti seguivo sul Caucaso
Ora sono molto più
avanti di quanto entrambi avessimo sognato che si potesse essere
Sono diventata
la neve bianca pressata come asfalto dal vento
le donne che amo dolcemente scagliate contro la montagna
quel cielo blu
i nostri occhi ghiacciati cavalcano liberi nella tormenta
avremmo potuto ricucire quel blu insieme come una trapunta
Tu vieni (lo so) con il tuo amore il tuo lutto
assicurato al tuo corpo con il tuo registratore la macchina fotografica
la piccozza contro ogni consiglio
per darci sepoltura nella neve e nella tua mente
Mentre il mio corpo giace qui fuori
lampeggiando come un prisma nei tuoi occhi
come potresti dormire Tu hai scalato sin qui per te stesso
noi abbiamo scalato per noi stesse
Quando ci hai seppellito raccontato la tua storia
la nostra non finisce noi scorriamo
nell’infinito l’incausato
il possibile
Il nucleo di calore di ogni cellula è esploso fuori di noi
nell’aria sottile dell’universo
l’armatura di roccia sotto queste nevi
questa montagna che ha preso l’impronta della nostra mente
attraverso mutamenti primordiali e minuscoli
come quelli che abbiamo passato noi
per portarci l’una con l’altra qui
scegliendo noi stesse l’una con l’altra e questa vita ogni
cui respiro e presa e ulteriore appiglio
è in qualche luogo ancora in atto e in processo
Nel diario scrissi: Ora siamo pronte
e ognuna di noi lo sa Non ho mai amato
così Non ho mai visto
le mie forze così accettate e condivise
e restituite
Dopo il lungo allenamento le prime difficoltà
ci muoviamo quasi senza sforzo nel nostro amore
Nel diario mentre il vento incominciava a strappare
le tende sopra di noi scrissi:
Ora sappiamo di essere sempre state in pericolo
laggiù nella nostra separatezza
e ora quassù insieme ma sinora
non avevamo mai toccato la nostra forza
Nel diario che mi fu strappato dalle dita avevo scritto:
Cosa significa amore
cosa significa “sopravvivere”
Un cavo di fuoco blu lega i nostri corpi
che bruciano insieme nella neve Non vivremo
per accettare di meno Lo abbiamo sognato
tutta la vita
1974
*
Da Your Native Land, Your Life (1986)
Un tipo di terrore: poesia d’amore
1.
Dal 1964: un’istantanea a colori: tu
a dorso di cammello davanti alla Grande Piramide
sulle spalle della sua ruvida diagonale terrestre
il triangolo blu di cielo
Riconosco la tua camicia bianca gonna scura la tua età
trentacinque anni gli stessi che avevo io allora
la tua ignoranza simile alla mia
in quegli anni e la tua mente curiosa
scatto della tua testa flessione delle tue ginocchia dorate
il riso scambiato con chi scattò la foto
Non so come parlavi a te stessa
so che stavo pensando
con l’ardore onesto di una brava scolara
questo sarà l’anno decisivo
sono stufa di questa deriva
Non tentavamo sempre di fare meglio?
Poi le voci cominciarono a dire: I vostri piani
non compaiono nel libro dei piani
scritto, stampato e rilegato mentre
eravate assenti
no, né qui né in Egitto
riuscirete mai a mettervi in pari
2.
Così, allora come seguendo un piano
io mi volto e tu sei perduta
Come ho potuto vivere conoscendo
quel giorno del tuo riso così vivo/così niente
anche i vestiti che indossavi allora
marciti Come posso vivere credendo
che ogni anno può essere l’anno decisivo
quando conosco il libro dei piani
come ci rifiuta
il tempo per cambiare per crescere
onestamente a modo nostro
5.
Il libro dei piani dice che nessuno
parlerà del libro dei piani
continuerà l’apparenza
che tutto ciò sia naturale
Dice che la mia pena per te è naturale
ma non la mia rabbia per noi
che l’immagine di una tenda bianca che sbatte
da una finestra nella tempesta
è accettabile ma non lo è
l’immagine che di te costruisco
braccio scagliato in alto a guidare
gli abusivi i rifugiati
ad assaltare le riserve di cibo
Il libro dei piani dice solo che devi morire
che tutti noi, molto presto, dobbiamo morire
7.
Amore: sto studiando un libro differente
e certo, un libro è una cosa finita
La tua morte non vi sarà mai ingoiata
mai annientate le morti a cui ho assistito da allora
La luce prosciugata dagli occhi viventi
dagli stessi occhi non potrà più balenare
Non ti faccio promesse
ma qualcosa qui a forza si sta aprendo una via
c’erano alcuni estremi che dovevamo conoscere
prima di poter continuare
Chiamalo libro, oppure no
chiamala mappa di un costante viaggiare
Chiamalo libro, oppure no
chiamala canzone un raggio
di immagini proiettate su uno schermo
in spazi aperti in scantinati
e tra queste immagini
il senso di una donna per un’altra
molto dopo la morte
in un mondo diverso
1983
*
Da An Atlas of the Difficult World (1991)
Un atlante del mondo difficile
2.
Ecco una mappa della nostra terra:
qui c’è il Mare dell’Indifferenza, smaltato di sale
Questo è il fiume maledetto che scorre dalla fronte all’inguine,
acqua che non osiamo assaggiare
Questo è il deserto in cui hanno piantato missili come tronchi
Questo è il cesto del pane delle fattorie ipotecate
Qui è dove è nato il rocker
Questo è il cimitero dei poveri
morti per la democrazia Questo è il campo di battaglia
di una guerra del diciannovesimo secolo la cappella è famosa
Questa è la città marina di mito e storia quando flotte di pescatori
sono andate in rovina qui c’era lavoro sul molo
a congelare il pesce paga a ore e nessun contributo
Ecco altri campi di battaglia Centralia Detroit
ecco le foreste primeve le vene di rame d’argento
Ecco i quartieri della desolazione il silenzio si leva come fumo dalle strade
Questa è la capitale del denaro e del dolore: le sue spire
s’infiammano in mulinelli d’aria, i suoi ponti crollano
i suoi figli vanno alla deriva in vicoli ciechi segregati
tra spire di filo spinato
Ho promesso di mostrarti una mappa, mi dici, ma questo è un murale
ebbene sì, lascia stare non c’è una grande differenza
la questione è da dove lo guardiamo
1990-1991
Biografia: Maria Luisa Vezzali (Bologna 1964), docente di Materie letterarie nella scuola superiore, è traduttrice di Adrienne Rich (Cartografie del silenzio, Crocetti 2000 di cui è uscita ora una seconda riedizione), e La guida nel labirinto, Crocetti 2011, premio per la traduzione dell’Università di Bologna) e Lorand Gaspar (Conoscenza della luce, Donzelli 2006). Ha curato un’edizione di Saint-John Perse, Anabasi (Raffaelli 2011). In poesia ha pubblicato L’altra eternità (Edizioni del Laboratorio 1987), Eleusi marina (in “Terzo quaderno italiano” a cura di Franco Buffoni, Guerini e Associati 1992), dieci nell’uno (Eidos 2004, disegni e sculture di Mirta Carroli), lineamadre (Donzelli 2007, premio Anterem/Montano), Forme implicite (Allemandi 2011, con gioielli e disegni di Mirta Carroli), Tutto questo (Puntoacapo Editrice 2017). Suoi testi sono tradotti in inglese, spagnolo, francese, tedesco e svedese. E’ comparsa in numerose riviste e antologie. Tra le sue ultime letture pubbliche, ha partecipato a Pordenonelegge nell’ottobre del 2010 e al festival di Letteratura di Mantova nel settembre del 2011.