Cade la lingua nera della notte, poesie da “I 43 poeti per Ayotzinapa” 2015 (a cura di Lucia Cupertino)

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Cade la lingua nera della notte, poesie da “I 43 poeti per Ayotzinapa” (2015)

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Aa.Vv., Los 43 poetas por Ayotzinapa

A cura di Ana Matías Rendón

Immagini di: Gabriel Chazarreta

100 pagine

Indipendente, Messico, 2015

 

 

 

Introduzione e traduzione di Lucia Cupertino

 

“Cade la lingua nera della notte” sul Messico in queste ore, la storia sembra avere un corso circolare e tutti i movimenti di rinnovamento sociale, in primis quelli studenteschi, correre il rischio dell’esemplare oblio programmato, della censura violenta o dell’autocensura per paura. Pare, infatti, che tali stritolature riportino al clima del massacro di Tlatelolco del ’68, anche se ancora più malvagie e affinate sono le armi del necrocapitalismo, dall’andare a braccetto di Stato e narco, dalla manipolazione mediatica e della stessa memoria, bacino per continuare ad iniettare sedativi cognitivi. Il Memoriale del ’68, ad esempio, secondo lo studioso José Ramón Ruisánchez, non è altro che una trasposizione museale volutamente mal riuscita de La noche di Tlatelolco di Elena Poniatowska, in quanto il museo cancella quella spinta plurivocale e testimoniale dell’opera, intessendo piuttosto una monolitica e troppo perfetta versione per i posteri. Ebbene oggi, di fronte ai fatti di Ayotzinapa, potremmo ritrovarci dinnanzi all’erezione di un altro grande Memoriale (prendiamoci la libertà di battezzarlo Memoriale del 2014), tanto colossale fuori quanto cavo al suo interno.

Sembra invece che tutto ciò che appare effimero sia invece scampolo di resistenza: le candele dell’attesa di un ritorno che non avverrà, le sedie vuote di studenti che non torneranno, le lacrime e i digiuni dei genitori dei ragazzi di Ayotzinapa. Effimeri ma genuini resti testimoniali di umanità attorno a cui vegliare, tenere sveglia la coscienza, organizzarsi, agire.

“Il progetto de I 43 poeti per Ayotzinapa è nato col proposito di unirci al movimento cittadino a partire dalla poesia, -sostiene la curatrice del volume Ana Matías Rendón – bisogna sottolineare che fin dall’inizio abbiamo fatto lo sforzo di progettare un volume che non avesse un costo con la ferma intenzione di essere d’appoggio al movimento per Ayotzinapa e diffondere il più possibile. Tra i sostenitori iniziali del progetto vi sono Ángel Padilla (Spagna), Gabriel Sebastián Chazarreta (Argentina), Richard Keis (Stati Uniti), Miguel Ángel Matías e me stessa (Messico). Ad essi si sono aggiunti immediatamente Katy Parra e Victor Argüelles che hanno invitato altri amici poeti, mostratisi solidali per Ayotzinapa e dunque a donare le proprie opere per questo lavoro indipendente. Di fronte alle gravi mancanze comunicative del sistema, la poesia sembra essere un linguaggio alternativo, un linguaggio da cui è difficile scappare per cogliere l’essenza, incanalare i sentimenti e le azioni dei genitori degli studenti di Ayotzinapa. Come espressione di una società, l’arte è infine incitatore di cambiamenti, piccoli o grandi che siano, e può incubare azioni pubbliche che facciano la differenza.”

Il volume riunisce poesie di autori messicani, di lingua spagnola e indigeni. Il rimescolarsi di lingue per un’unica causa è un dispositivo interessante di resistenza di fronte alla dirompente omogeneizzazione. Lo stesso potrebbe dirsi dei toni adoperati, da quello pietoso a quello combattivo, dall’introspettivo al sarcastico. Spiccano tra i vari contributi quello di David Huerta che ci guida alle porte di un circo macabro da cui uscire però dimessi e silenti, l’intimo dialogo con la madre di Irma Pineda Santiago e il pungente gioco di sospensione dei versi di David González contrapposto alla secchezza delle comparazioni storiche fatte.

 

ARTURO LOERA

(Messico)

 

Lingua che nulla dice

Nera la tua lingua nero il tuo mezzodì nera la tua speranza

Vasko Popa

 

Proprio adesso che scrivo la lingua

diventa nera. Le mucche

al pascolo adesso hanno

la lingua nera,

 

i bambini per strada

giocano con la loro lingua nera,

 

gli amanti nella loro codardia

riparano con terrore la loro lingua nera,

 

nera di vergogna, nera

come la tomba dei miei occhi, nera

come mia zia la Nera, nera

senza tante feste e senza tanto sfoggio, nera.

 

I lupi nascosti nel bagno

hanno la lingua nera,

 

tua madre mentre cucina la lingua

nera delle mucche del pascolo,

 

assapora il piattino

con la sua lingua nera,

 

il vento pettina il pelo dei cani

con la sua lingua nera,

 

adesso in mezzo al vomito la mia lingua

si veste con il lutto proclamato dalla pena nera,

come la tormenta nella città, nera

come la biglia dei bambini con la lingua nera, nere

come le luci al mercurio della strada, nere

come le mele nel campo, nere

e nere serpi con la lingua nera, nere

come i bordi delle nuvole nere.

 

I gatti sputano palle di pelo nere

dalla loro lingua nera,

 

le mucche leccano con la loro lingua nera

il sorriso marcito dei cadaveri,

 

i capelli d Margarete sono diventati neri,

i tuoi capelli di oro Margarete.

 

Il portinaio che mette in libertà i lupi

mette in libertà i lupi con la lingua nera.

 

Nel pascolo cade la lingua nera della notte

come la lingua nera delle anziane della chiesa,

come la nostalgia di una luce che non viene,

come la nostalgia di una luce che non verrà.

 

 

 

ARTURO LOERA

(México)

 

 

Lengua que nada dice

 

 

Negra tu lengua negro tu mediodía negra tu esperanza

Vasko Popa

 

 

Ahora que escribo mi lengua

se vuelve negra. Las vacas

en el prado tienen ahora

la lengua negra,

 

los niños en las calles

juegan con su lengua negra,

 

los amantes en su cobardía

resguardan con pavor su lengua negra,

 

negra de vergüenza, negra

como la tumba de mis ojos, negra

como mi tía la Negra, negra

sin tantas fiestas y sin tanto alarde, negra.

 

Los lobos escondidos en el baño

tienen la lengua negra,

 

tu madre mientras cocina la lengua

negra de las vacas del prado,

 

saborea el platillo

con su lengua negra,

 

el viento peina el pelo de los perros

con su lengua negra,

 

ahora entre el vómito mi lengua

se viste con el luto proclamado de la pena negra,

como la tormenta en la ciudad, negra

como la ciega canción de las ventanas, negra

sin otro compañero que el negro, negras

como las canicas de los niños con la lengua negra, negras

como las luces mercuriales de la calle, negras

como las manzanas en el campo, negras

y negras serpientes con la lengua negra, negras

como las pestañas de las nubes negras.

 

Los gatos escupen bolas negras

de su lengua negra,

 

las vacas lamen con su lengua negra

la sonrisa podrida de los cadáveres,

 

los cabellos de Margarete se han vuelto negros,

tus cabellos de oro Margarete.

 

El conserje que libera a los lobos

libera a los lobos con su lengua negra.

 

En el prado cae la lengua negra de la noche

como la lengua de las ancianas de la iglesia,

como la nostalgia de una luz que no viene,

como la nostalgia de una luz que no vendrá.

 

 

 

 

BRICEIDA CUEVAS COB

(Maya, Messico)

 

Mese Xuul (dal 24 ottobre al 12 novembre)

 

I

 

Questa volta la candela della tua attesa si consuma dinnanzi all’incertezza.

Questa volta i tuoi antichi defunti sono arrivati e non eri in casa.

Eri alla ricerca dei vivi tra i morti.

(Vennero a cercarti e ti trovarono col tuo altare ambulante

adirando ripetuti volti di giovani amati).

Da allora

alla marcia per la giustizia e il ripudio

si sono unite le anime degli altri morti.

E non se ne andranno fino a quando non li troveranno vivi.

 

II

 

In questo mese di convivenza con i morti,

il forno di terra per cuocere grandi tamales

ti ricorda

che la morte arriva

dai quattro punti cardinali.

Ma l’odore della morte che ti circonda non proviene da quella parte.

Ha cancellato la sua traccia.

 

 

 

BRICEIDA CUEVAS COB

(Maya, México)

 

Winal Xuul

 

I

 

U kibil a pa’ataj te’ ja’aba’ tu jáaba ikil ma’ a wóojel

(u jaajil ba’ax ku yúuchli’.

U’ul a úuchben láak’o’ob kiimeno’obe’ mina’anech ta wotoch.

Bija’anech a kaxant kuxa’ano’ob ichil kimeeno’ob.

(Jóok’ u kaxantecho’obe ka tu yilajecho’ob a kuchmaj u mayakil a t’akunaj

a tíichmachmaj u yoochel u yich táankekelem páalalo’ob yaabiltano’ob).

Ti’ le k’iin je’elo’

Tak u pixan kimeeno’ob ku láak’intik le molay ku k’áatóoltik yéetel k’úuxil

ka anak toj k’abil ti’ ba’ax ucha’an.

Ma’ bin tun xi’iko’ob wa ma’ táan u kaxantiko’ob kuxa’anil le táankelmo’obo’.

 

II

 

Ti’ u k’iinil le janal pixana’,

u páambil joolil píibe’

ku k’a’asiktech

ti’ u kaanti’its’

tu’uk’il yóok’ol kaab ku taal kíimil.

Ba’ale’ u book le taal ta wiknalo’ ti’ mix jun tseel ti’ le je’elo’ob u taala’.

Tu múukbesaj u beel.

 

Mes Xuul (Octubre 24 a noviembre 12)

 

I

 

Esta vez la vela de tu espera se consume ante la incertidumbre.

Esta vez tus antiguos difuntos llegaron y no estabas en casa.

Fuiste en busca de los vivos entre los muertos.

(Salieron a buscarte y te hallaron con tu altar ambulante

enarbolando rostros repetidos de jóvenes amados).

Desde entonces

a la marcha por la justicia y el repudio

se han unido las almas de los otros muertos.

Y no se irán hasta que los encuentren vivos.

 

II

 

En este mes de convivencia con los muertos,

el horno de tierra para cocer los tamalones

te recuerda

que la muerte llega

por los cuatro puntos cardinales.

Pero el olor de la muerte que te circunda no proviene de estos lados.

Ha borrado su huella.

 

 

 

DAVID GONZÁLEZ

(Spagna)

 

Il prestigiatore

 

Era del tempo dei miei nonni.

Il generale. Il prestigiatore.

Soffriva di artrite- Alle mani.

E                                  gli dolevano.

Gli dolevano come un figlio ad una madre.

Le mani

Perchè le aveva piene di cadaveri.

Il generale, il prestigiatore.

E                                  ormai non poteva più farli

scomparire.

 

 

 

DAVID GONZÁLEZ

(España)

 

 

El prestidigitador

 

Era del tiempo de mis abuelos.

El general. El prestidigitador.

Tenía artritis. En las manos.

Y                                 le dolían.

Le dolían como un hijo a una madre.

Las manos.

Porque las tenía llenas de cadáveres.

El general, el prestidigitador.

Y                                 ya no podía hacerlos

desaparecer.

 

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Foto: da Comitato studentesco Flacso Messico. Iniziative analoghe sono state portate avanti dai Comitati Flacso Guatemala, Brasile, Argentina, Uruguay e Ecuador.

 

DAVID HUERTA

(Messico)

 

Ayotzinapa

 

Mordiamo l’ombra

E nell’ombra

Appaiono i morti

Come luci e frutti

Come coppe di sangue

Come pietre di abisso

Come rami e fronde

Di dolce viscere

 

I morti hanno mani

Impregnate di angoscia

E inclinati gesti

Nel sudario del vento

I morti portano con loro

Un dolore insaziabile

 

Questo è il Paese delle fosse

Signori e signore

Questo è il Paese dei guaiti

Questo è il Paese dei bambini tra le fiamme

Questo è il Paese delle donne martirizzate

Questo è il Paese che appena ieri esisteva

E adesso non si sa dove sia

 

Restiamo persi tra boccate

Di maledetto zolfo

E falò rasi al suolo

Restiamo con gli occhi aperti

E gli occhi li abbiamo pieni

Di vetri aguzzi

Stiamo cercando di dare

Le nostre mani di vivi

Ai morti e ai desaparecidos

Ma si allontanano e ci abbandonano

Con un gesto di infinita lontananza

 

Il pane brucia

Le facce bruciano strappate

Dalla vita e non ci sono mani

Né facce

Né un Paese

 

Solamente c’è una vibrazione

Fitta di lacrime

Un prolungato grido

In cui ci siamo mescolati

I vivi e i morti

 

Chi leggerà ciò deve sapere

Che fu gettato al mare dal fumo

Delle città

Come segno dello spirito rotto

 

Chi leggerà ciò deve sapere anche

Che nonostante tutto

I morti non se ne sono andati

Né li hanno fatti scomparire

 

Che la magia dei morti

Giace nell’alba e nel cucchiaio

Nel piede e nei campi di mais

Nei disegni e nel fiume

Diamo a questa magia

L’argento temprato

Della brezza

Consegniamo ai morti

Ai nostri morti giovani

Il pane del cielo

La spiga delle acque

Lo splendore della totale tristezza

Il candore della nostra condanna

L’oblio del mondo

E la memoria mozzata

di tutti i vivi

 

Adesso meglio star zitti

Fratelli

E aprire le mani e la mente

Per poter raccogliere dal maledetto suolo

I cuori fatti a pezzi

Di tutti quelli che sono

E di tutti

Quelli che sono stati

 

 

2 novembre 2014. Oaxaca

 

 

 

DAVID HUERTA

(Messico)

 

 

Ayotzinapa

 

Mordemos la sombra

Y en la sombra

Aparecen los muertos

Como luces y frutos

Como vasos de sangre

Como piedras de abismo

Como ramas y frondas

De dulces vísceras

 

Los muertos tienen manos

Empapadas de angustia

Y gestos inclinados

En el sudario del viento

Los muertos llevan consigo

Un dolor insaciable

 

Esto es el país de las fosas

Señoras y señores

Este es el país de los aullidos

Este es el país de los niños en llamas

Este es el país de las mujeres martirizadas

Este es el país que ayer apenas existía

Y ahora no se sabe dónde quedó

 

Estamos perdidos entre bocanadas

De azufre maldito

Y fogatas arrasadoras

Estamos con los ojos abiertos

Y los ojos los tenemos llenos

De cristales punzantes

Estamos tratando de dar

Nuestras manos de vivos

A los muertos y a los desaparecidos

Pero se alejan y nos abandonan

Con un gesto de infinita lejanía

 

El pan se quema

Los rostros se queman arrancados

De la vida y no hay manos

Ni hay rostros

Ni hay país

 

Solamente hay una vibración

Tupida de lágrimas

Un largo grito

Donde nos hemos confundido

Los vivos y los muertos

 

Quien esto lea debe saber

Que fue lanzado al mar de humo

De las ciudades

Como una señal del espíritu roto

 

Quien esto lea debe saber también

Que a pesar de todo

Los muertos no se han ido

Ni los han hecho desaparecer

 

Que la magia de los muertos

Está en el amanecer y en la cuchara

En el pie y en los maizales

En los dibujos y en el río

Demos a esta magia

La plata templada

De la brisa

 

 

Entreguemos a los muertos

A nuestros muertos jóvenes

El pan del cielo

La espiga de las aguas

El esplendor de toda tristeza

La blancura de nuestra condena

El olvido del mundo

Y la memoria quebrantada

De todos los vivos

 

Ahora mejor callarse

Hermanos

Y abrir las manos y la mente

Para poder recoger del suelo maldito

Los corazones despedazados

De todos los que son

Y de todos

Los que han sido

 

 

2 de noviembre de 2014. Oaxaca

 

IRMA PINEDA SANTIAGO

(Zapoteca, Messico)

 

Candida

 

Mia madre decifrò per i miei occhi

il linguaggio delle stelle

Depositò nelle mie orecchie i canti della gente nube

Mi insegnò i segni del mio nome

A usare l’aglio nel cibo

A misurare il dolce e la cannella

a evitare il limone quando arriva il ciclo

a non temere lo scricchiolio del tetto di legno e tegole

quando la terra trema

Lei risolveva i dubbi

Ma non domandai mai a mia madre

come si trascorre la vita

quando i soldati si portano via il marito

Quando si affronta la quotidianità

con l’incertezza fra i piedi ad ogni passo

Con quali parole si spiega a un figlio

cos’è un “desaparecido”

Con quale unità si misura l’assenza

i giorni bui

i comunicati senza risposta

Come dare nome così di colpo

alle città percorse cercando un volto

gli spiriti consultati per avere indizi

su dove trovare un desaparecido.

 

 

 

IRMA PINEDA SANTIAGO

 

(Zapoteca, México)

 

Cándida

 

Jñaa bichiá neza lua’

ni rini’ ca beleguí ca

Gudaa ndaani’ diaga riuunda binnizá

Biluí’ naa ca lana ni ricá lu la’ya’

bisiidi naa guiquiiñe’ aju lu guendaró

cuaa bia’ya’ ni nanaxhi ne canela

qui gahua ni naí’ pa ca cayete ndaane’

qui guidxibe’ pa xidxilaa ique yoo dexa

ra gaca xu

Laabe rului’be naa ni qui ganna’

Xisi qui ñuu dxi ninabadiidxa’ jñaa

xi naca guendanabani

ora dxuguiiba’ chiné xheelalu’

Xi naca gudxiilulu’ ca dxi ca

ne xizaa nandaca ñeelu’ ra canazou’

Xi ne diidxa’ gabilu’ ca xhiiñilu’

xiinga “binni que guidxela”

Xi ne xigaba’ riuu bia’ ni que guinni

ca dxi nacahui ca

guira’ gui’chi’ ni nucabicabe

Xi ganda guzeeteneu’ guirá la

ca guidxi ni guzalu’ cuyubilu’ ti lu

guirá ca binniguenda guni’neu’ ti gului’ca lii

paraa guidxela binni ni zinecabe laa

 

 

Cándida

 

Mi madre descifró para mis ojos

el lenguaje de las estrellas

Depositó en mis oídos los cantos de la gente nube

Me enseñó los signos de mi nombre

A usar el ajo en la comida

a medir el dulce y la canela

a evitar el limón cuando viene la regla

a no temer el crujido del techo de madera y teja

cuando la tierra tiembla

Ella resolvía las dudas

Pero nunca le pregunté a mi madre

cómo trascurre la vida

cuando los soldados se llevan al marido

Cómo se enfrenta lo cotidiano

con la incertidumbre tras los pies a cada paso

Con qué palabras se explica a los hijos

qué es “un desaparecido”

Con qué unidad se mide la ausencia

los días oscuros

los oficios sin respuesta

Cómo nombrar de un solo golpe

las ciudades recorridas buscando un rostro

los espíritus consultados para tener indicios

de dónde encontrar a un desaparecido.

 

 

 

 

NATALIO HERNÁNDEZ

(Nahuatl, Messico)

 

Hanno rubato il mio nome

 

Per i 43 normalisti

di Ayotzinapa

 

 

 

 

Hanno rubato il mio nome:

Il nome che si disegnava sul mio volto

Il nome della mia terra Ayotzinapa

– Fiume delle tartarughe si chiama -.

 

Azteca era il mio nome

Azteco il mio lignaggio

Azteca la mia radice

la mia storia, origine

essenza.

 

Azteco è adesso uno Stadio

Azteco è un canale televisivo

Azteco il nome di una Banca

 

Per questo adesso dico

Per questo adesso grido:

Hanno rubato il mio nome

Hanno cancellato il mio volto

Hanno sconquassato la mia vita

il mio essere, la mia esistenza.

 

Hanno dilaniato il mio sentiero

Hanno distrutto il mio sogno

Il sogno d’essere parte

della nazione Azteca

della nazione messicana.

 

Piangono gli Ahuehuetes – alberi vecchi –

di Ayotzinapa.

E i nostri padri lottano

per rompere il silenzio

e le catene che ci avvincono,

che ci schiavizzano,

che ci escludono.

 

Tlalpan, inverno 2014

 

                                                                       

NATALIO HERNÁNDEZ

(Náhuatl, México)

 

 

Han robado mi nombre

Para los 43 normalistas

de Ayotzinapa

 

 

Han robado mi nombre:

El nombre que dibujaba mi rostro

El nombre que pronunciaba mi lengua

El nombre de mi tierra Ayotzinapa

-Rio de las tortugas se nombra-.

 

Azteca era mi nombre

Azteca mi linaje

Azteca mi raíz

mi historia, mi origen

mi esencia.

 

Azteca es ahora un Estadio

Azteca es un canal de Televisión

Azteca el nombre de un Banco

 

Por eso ahora digo

Por eso ahora grito:

Han robado mi nombre

Han borrado mi rostro

Han destrozado mi vida

mi ser, mi existencia.

 

Truncaron mi camino

Destruyeron mi sueño

El sueño de ser parte

de la nación Azteca

de la nación mexicana.

 

Lloran los Ahuehuetes -árboles viejos

de Ayotzinapa.

Y nuestros padres luchan

para romper el silencio

y las cadenas que nos atan,

que nos esclavizan,

que nos excluyen.

Tlalpan, invierno 2014

 

Traduzioni di Lucia Cupertino

 

 

foto Lucia Cupertino

 

LUCIA CUPERTINO(1986), antropologa culturale, poetessa e traduttrice, scrive in italiano e spagnolo e sue poesie sono apparse in riviste quali Fili d’aquilone, Sagarana, La otra, Círculo de poesía, Bitácora pública, Vallejo and company. Ha svolto ricerche universitarie e antropologiche in Italia, Argentina, Messico, Spagna, Germania e Australia. Ha curato l’edizione italiana del documentario brasiliano Flor brilhante e as cicatrizes da pedra sugli indigeni Guarani-Kaiowà. Collabora con Nuovi ArgomentiFili d’aquiloneIrisnews La macchina sognante.

Mar di Tasman (Collana Isole, Bologna, 2014) è il suo primo volumetto di poesia.

 

Foto in evidenza e foto dell’autore a cura di Lucia Cupertino.

Riguardo il macchinista

Lucia Cupertino

LUCIA CUPERTINO (1986, Polignano a Mare). Scrittrice, antropologa culturale e traduttrice. Laureata in Antropologia culturale ed etnologia (Università di Bologna), ha conseguito un Master in Antropologia delle Americhe (Università Complutense di Madrid) con tesi sulla traduzione di fonti letterarie nahuatl. Vive da tempo tra America latina e Italia, con soggiorni più brevi in Australia, Germania e Spagna, legati a progetti di ricerca, educativi e di agroecologia. Scrive in italiano e spagnolo e ha pubblicato: Mar di Tasman (Isola, Bologna, 2014); Non ha tetto la mia casa - No tiene techo mi casa (Casa de poesía, San José, 2016, in italiano e spagnolo, Premio comunitarismo di Versante Ripido); il libro-origami Cinco poemas de Lucia Cupertino (Los ablucionistas, Città del Messico, 2017). Suoi lavori poetici e di narrativa sono apparsi in riviste e antologie italiane e internazionali. Parte della sua opera è stata tradotta in inglese, cinese, spagnolo, bengali e albanese. È curatrice di 43 poeti per Ayotzinapa. Voci per il Messico e i suoi desaparecidos (Arcoiris, Salerno, 2016, menzione critica nel Premio di traduzione letteraria Lilec – Università di Bologna); Muovimenti. Segnali da un mondo viandante (Terre d’Ulivi, Lecce, 2016) e Canodromo di Bárbara Belloc (Fili d’Aquilone, Roma, 2018). Membro della giuria del Premio Trilce 2018, Sydney, in collaborazione con l’Instituto Cervantes. Cofondatrice della web di scritture dal mondo www.lamacchinasognante.com, con la quale promuove iniziative letterarie e culturali in Italia e all’estero.

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