Buon compleanno Muovi menti – Bartolomeo Bellanova

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L’antologia “Muovi menti – segnali da un mondo viandante” (Terre d’Ulivi 2016) ha compiuto il suo primo anno di vita. Ė passata di mano in mano, ha viaggiato da Bologna a Padova, poi a Pistoia, a Catanzaro, a Lamezia adottata da TIP TEATRO e Reggio Emilia insieme alla mostra fotografica di Stefano Stranges “Victims of our wealth”, poi è approdata sul palco di Cantieri Meticci a Bologna per una serata di letture, musica e solidarietà.

Nel numero 4 di LMS del 1/10/16 e nel n. 5 del 1/01/17 abbiamo approfondito il significato di questo progetto e i principali temi che ne costituiscono il contenuto.

Le voci, le riflessioni, le emozioni, i sentimenti che emana la raccolta sono sempre più vivi e rivivono tra le pagine ogni volta che si apre il volume. Questi 365 giorni sono stati particolarmente dolorosi e amari: si sono esibiti ormai apertamente e senza vergogna i peggiori rigurgiti di razzismo ed è stato sdoganato in modo plateale il fascismo già latente in Italia, in Europa e negli Stati Uniti. Come potremmo altrimenti definire il ruolo ufficialmente attribuito alla Libia di prigione e lager per migranti deciso dal governo italiano con il beneplacito dell’Unione Europea?  Come si potrebbe altrimenti definire la legge di Trump sull’abolizione della legislazione a tutela dei figli di immigrati clandestini che concedeva loro il permesso di lavorare e studiare negli USA?

Quindi lunga vita a  “Muovi menti” e a tutti i suoi autori, ai lettori e a chi crede che la letteratura e l’arte debbano svolgere oggi un ruolo fondamentale per interpretare il fenomeno migratorio conservando l’umanità. Si tratta di un’azione di vigilanza che la letteratura può svolgere nei confronti della storia come ci ha insegnato  la poetessa e narratrice austriaca  Ilse Aichinger, a proposito delle passività e delle omissioni riguardo l’olocausto ebraico subito dopo la caduta del nazismo.

La perdita di ogni riferimento alla comune radice umana di ogni uomo, cancellato da un approccio solo securitario, di repressione, di blocco a qualsiasi prezzo del fenomeno migratorio, non può che essere l’inizio di una nuova tragedia, di un nuovo genocidio che inizia ad avere troppe similitudine con “la soluzione finale” di triste memoria.

 

Ognuno degli ottantacinque testi dei quarantasei autori provenienti da sedici Paesi che troverete nell’antologia merita una lettura approfondita perché contiene una storia, un volto, una battaglia da condividere. Eccone un assaggio…

 

Desiderio

Se mi avessi baciato prima d’uscire

non sarebbero passati tutti questi aerei

sopra le nostre teste

Se tu non avessi lasciato “Fairuz”

sul balcone

non avrebbe trovato la nostra casa

quel missile

se tu avessi dimenticato il tuo desiderio

sul tavolo quella sera

la guerra non avrebbe dato un calcio

sul mio fianco crudo.

(Traduzione dall’arabo di Gassid Mohammed)

 

Tahani Fajer scritrice e poetessa kuwaitiana, ha pubblicato la sua pri­ma raccolta di poesia del titolo Patria ahah quasi quasi rido (2011 – Beirut) e un libro di biografia e critica del titolo Bland al Haidari e il pionierismo perduto (2012 – Beirut).

 

La sua risata[1]

“Promettimi, figlio, che ritornerai

non potrò sopportare la tua assenza.

Abbi pietà di un cuore che è a malapena riuscito a eludere

i dolori di tutti questi anni.”

Disse questo, stringendosi il velo, la voce rotta

Mi abbracciò, ma non pianse

Però piansi io.

Non è che spesso mi desse il bacio della buonanotte o

mi leggesse le favole

Non è che spesso mi facesse il bagno

o giocasse con me a nascondino

o mi spingesse sull’altalena

o mi accompagnasse a scuola

Le sue dita erano sempre ruvide

gli aghi lasciavano segni eterni

tutte le notti passate a rammendare i calzini

dopo aver sistemato i materassi sul pavimento

per far dormire tutti e otto noi fratelli

Questo non appena aveva finito di raccogliere il bucato

non appena aveva finito di scrivere quanto aveva speso

appena dopo aver lasciato la porta aperta caso mai ritornasse mio padre

Dopo aver trovato qualcosa da bruciare perché mancava l’elettricità

dopo aver scrutato il cielo per vedere se ci fossero droni

dopo aver trovato un angolo tranquillo in casa per poter piangere

dopo aver riempito i barili d’acqua per il giorno dopo

dopo aver recitato le preghiere della notte

mentre mi guardava, ci guardava tutti

pregando di poter fare lo stesso anche la sera dopo.

Non mi dava il bacio della buonanotte

spesso

ma a volte giocavo a carte con lei

spesso vinceva

e rideva

e io la guardavo

Non voglio morire prima di vederla ridere di nuovo.

(Traduzione dall’inglese di Pina Piccolo)

[1] Scritta per la madre, nel quattordicesimo anniversario della partenza da Gaza (Ndt)

Ahmed Masoud è uno scrittore e regista teatrale nato e cresciuto a Gaza, in Palestina. Nel 2002 si è trasferito nel Regno Unito per con­tinuare gli studi. Tra le opera scritte per il teatro Go to Gaza, Drink the Sea (Londra e Edimburgo 2009), Escape from Gaza (BBC Radio 4, 2011), Walaa, Loyalty (Londra 2014, con fondi dell’Arts Council England). Ahmed è il fondatore di Al Zaytouna Dance Theatre (2005) per il quale ha scritto e diretto molte produzioni e organizzato tour in Europa.

 

Il bagaglio

Prepara il tuo bagaglio lascia tutto ciò che pesa

ciò che può essere d’intralcio ai tuoi piedi lungo i sentieri Leggero come una piuma devi partire
per saltare per volare

Prepara per bene il tuo bagaglio lascia qui il dolore
che posso occuparmene io di serbarlo lascia la nostalgìa affinché non ti faccia ammalare lì.
Ma non dimenticare di portare il dono della tigre
per affrontare i sentieri il dono dell’aquila

affinché nessuna mano ti fermi
Al luogo che conserva il tuo ombelico devi tornare.

(Traduzione dallo spagnolo di Lucia Cupertino)

Irma Pineda Poeta, saggista e traduttrice binnizá. Professoressa presso l’Universidad Pedagógica Nacional (unità 203, Istmo) e nel progetto docente Messico Nazione Multiculturale dell’UNAM. Autrice di vari libri di poesia bilingue (zapoteco-spagnolo), come No­stalgias del mar (SEP, 2006); De la Casa del ombligo a las Nueve Cuartas (CDI, 2009) y  La Flor que se Llevó (Pluralia-INBA), fra gli altri. Ha ricevuto borse dal Fondo Nacional para la Cultura y las Artes ed è stata membro del Sistema Nacional de Creadores de Arte de México. I suoi saggi sono stati pubblicati dall’Uni­versità di Siena, la Unistmo, la DGCP e il Colegio de Guerrero. La sua opera è stata tradotta in inglese, tedesco, italiano, portoghese, serbo e russo, appare in diverse antologie in America ed Europa.

 

 

Cara estinta

Muri di prigione

Sale di tortura

Torturatori del deserto

Una marea scura e rabbiosa

Nel cuore della notte

Strade inquietanti solitarie e di ghiaccio

Occhi di fuoco e sguardi glaciali

E così io viva e tu no?

Una ‘sopravvive’ e l’altra no….

La mia fortuna è benedizione o maledizione?

La tua vita è stata tragedia o profezia?

I tuoi genitori sono stati solo sfortunati?

Sono i miei un segno dei nostri tempi?

Tu sei morta e io no

C’è differenza?

Sotto la tomba o sopra

È questione di posizione

Non una sentenza sulla vita

Tu sei morta e tanto immobile

Io sono tutta inerte e totalmente senza voce

tu ora sei morta ma non senza vita

Io sono semplicemente una povera fiacca rifugiata

Tu hai un nome: cara estinta

Tutto quel che mi rimane è un assillo

Tu hai la tomba

Hai un posto

Io non …. ne ho

Tu sei morta

E io … io sono

Eritrea

Ancora

(Traduzione dall’inglese di Pina Piccolo)

 

Selam Kidane è nata in Eritrea, attualmente residente in Gran Bretagna, da anni impegnata per i diritti dei profughi, richiedenti asilo e minori non accompagnati. Scrive regolarmente per il sito di Open­Democracy su questioni di diritti umani, in particolare denunciando gli abusi del regime di Isaias Afewerki. È la co-fondatrice di Release Eritrea di cui è coordinatrice internazionale e dal 2015 è attiva nella campagna EndSlaveryinEritrea.

 

 

Un’altra volta

 

Sono Wafai Laila che tutto ha perso

Il nome,

La dignità,

la forma del viso,

i lineamenti

tutta questa ignominia che mi trafigge la trascino dietro

quell’essere che ho abituato ad essere indossato da altri

mi guida chi vuole, e dove desidera

e mi usa chi è di me più potente

contro di me!

Salgo la tribuna per applaudire,

vado al festival per acclamare,

sono Wafai Laila

che nessun segno di riconoscimento ha

né peso

né valore

e nemmeno un’importanza alla sua presenza inosservata

a nome mio aprono i discorsi

d’improvviso mi cercano

quando non sentono le mie acclamazioni

a nome mio liberano le terre

a nome mio fanno le guerre

e fanno gli accordi

e manovrano

per restare io l’imbrogliato

a nome mio aprono le strade e le città

e alzano le bandiere

mentre io rimango nell’oscurità della loro indifferenza

un soldato gettato sulla croce

nessuno raccoglie o riconosce le sue membra

e sa chi è

costretto rispondo ai loro inni

costretto vengo portato sulle spalle delle acclamazioni.

(Traduzione di Gassid Mohammed)

 

Wafai Laila è nato a Damasco nel 1964. Ha studiato filosofia all’u­niversità di Damasco e dal 1997 al 2009 ha pubblicato cinque rac­colte di poesia nella sua città natale e a Beirut. L’ultima raccolta, La pallottola vuota è stata pubblicata in arabo in Italia dalla casa editrice Almutawassit nel 2015. Ha lavorato come giornalista in Bahrain par­tecipando a diverse manifestazioni culturali. Ha letto le sue poesie a Beirut, Istanbul, In Kuwait, Tunisia ed Egitto.

 

Nessuna ricerca nessun salvataggio

Dedicata alle famiglie e agli amanti in fondo al mare, che cercavano di raggiungere l’Europa

I.

Com’è che tentiamo di superare la guerra e la povertà solo per finire annegati nel vostro mare?

II.

Misurata, Libia.

Habib[2], dai prendi il barcone.

Davanti a te: bahr[3]

Dietro di te: harb[4]

E il confine, chiuso.

Il vostro mare bahr. La nostra harb guerra

III.

Augusta, Italia

Dov’è l’interprete?

Questa è la mia famiglia.

Baba, mama, bimbo tutti corpi ributtati sulla spiaggia. Ecco i ventotto sopravvissuti senza scarpe e le migliaia di corpi.

Corpi siriani, Corpi somali, Corpi afghani, Corpi etiopi, Corpi Eritrei.

Corpi palestinesi.

Il vostro mare, bahr. La nostra harb, guerra.

 

Alessandria, Egitto

Habibi, dai, prendi il barcone.

Dietro di te Aleppo e Asmara, bombe a barile e kalashnikov.

Davanti a te solo un pochino di speranza.

Il vostro mare, bahr. La nostra guerra, la nostra harb.

V.

Le mappe sulla nostra schiena.

Molto lontani da casa.

(Traduzione dall’inglese di Pina Piccolo)

[2] Amato (arabo)

[3] Mare (arabo)

[4] Guerra (arabo)

 

Jehan Bseiso, figlia della diaspora palestinese, è ricercatrice, poeta e anche medico che collabora con Médecins sans Frontières. Lavora come ricercatrice a Il Cairo, è nata a Los Angeles, è cresciuta in Gior­dania e ha compiuto gli studi in Libano. Conosce com’è essere senza una patria in cui vivere al sicuro, dove sentirsi davvero a casa.

 

 

Un rifugiato in quel paradiso che è l’Europa

 

Sfuggi alla morte.

Alla frontiera ti picchiano

Nei giornali razzisti ti insultano.

Alla televisione analizzano il corpo del tuo bambino morto.

Si riuniscono e discutono il tuo passato e il tuo futuro.

Nei loro disegni ti rappresentano mentre anneghi.

Ti mettono nei loro musei e applaudono.

Decidono di smettere di picchiarti e organizzano un’unità militare per affrontarti.

Gli accademici ricevono borse di studio e finanziamenti per fare ricerche sul tuo corpo e la tua anima.

I politici bevono vino rosso alla riunione d’emergenza per discutere il tuo destino.

Studiano la storia alla ricerca di una risposta per tua figlia che sta morendo di freddo nella foresta.

Versano lacrime di coccodrillo sul tuo dolore.

Formano cortei contro di te e costruiscono muri.

Gli attivisti verdi mettono tue fotografie per strada.

Altri seduti sul divano commentano stanchi sulla tua foto in Facebook e poi vanno a dormire.

Ti spogliano della tua umanità in dibattiti che sono arguti e affilati come coltelli.

Oggi scrivono di te e poi, con la gomma da cancellare dell’egoismo, ti fanno sparire la mattina dopo.

Si aspettano di imbattersi nella propria umanità attraverso la tua tragedia.

Ti ammettono dentro il loro paradiso, poi ti frustano giorno e notte col loro orrore per i tuoi occhi, raggianti di paura e di speranza.

Il passato va a dormire e si sveglia in te.

Il presente ti avvolge.

Produci figli e invecchi.

Poi muori.

 

(Tradizione dall’arabo all’inglese di Jonathan Wright, dall’inglese all’italiano di Pina Piccolo)

 

Hassam Blasim (Iraq, 1973), è un poeta, regista e scrittore iracheno. Hassan Blasim si è trasferito in Finlandia come rifugiato nel 2004 dopo aver avuto dei guai con la realizzazione del film The Wounded Camera nella zona curda nel nord dell’Iraq. Ha fatto quattro corto­metraggi per la società tv finlandese Yle. La sua raccolta di racconti brevi, suo libro d’esordio, Majnun sahat al-hurriyya (Il matto di piazza  della Libertà) è nella long list del premio Independent Foreign Fiction del 2010 e del Frank O’Connor International Short Story Award. Ha studiato all’Accademia di Arte Cinematografica di Baghdad, dove due suoi film sono stati premiati. Nel 1998 ha lasciato Baghdad, per continuare a dedicarsi alla sua attività di regista (sotto pseudonimo, per paura di ritorsioni contro i suoi famigliari rimasti nella capitale) a Sulaymaniya, nel Kurdistan iracheno.

 

LINK ALL’ANTOLOGIA MUOVI MENTI SUL SITO DI TERRADULIVI

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Riguardo il macchinista

Bartolomeo Bellanova

Bartolomeo Bellanova pubblica il primo romanzo La fuga e il risveglio (Albatros Il Filo) nel dicembre 2009 ed il secondo Ogni lacrima è degna (In.Edit) in aprile 2012. Nell’ambito della poesia ha pubblicato in diverse antologie tra cui Sotto il cielo di Lampedusa - Annegati da respingimento (Rayuela Ed. 2014) e nella successiva antologia Sotto il cielo di Lampedusa – Nessun uomo è un’isola (Rayuela Ed. 2015). Fa parte dei fondatori e dell’attuale redazione del contenitore online di scritture dal mondo www.lamacchinasognante.com. Nel settembre’2015 è stata pubblicata la raccolta poetica A perdicuore – Versi Scomposti e liberati (David and Matthaus). Ė uno dei quattro curatori dell’antologia Muovimenti – Segnali da un mondo viandante (Terre d’Ulivi Edizione – ottobre 2016), antologia di testi poetici incentrati sulle migrazioni. Nell’ottobre 2017 è stata pubblicata la silloge poetica Gocce insorgenti (Terre d’Ulivi Edizione), edizione contenente un progetto fotografico di Aldo Tomaino. Co-autore dell’antologia pubblicata a luglio 2018 dall’Associazione Versante Ripido di Bologna La pacchia è strafinita. A novembre 2018 ha pubblicato il romanzo breve La storia scartata (Terre d'Ulivi Edizione). È uno dei promotori del neonato Manifesto “Cantieri del pensiero libero” gruppo creato con l'obiettivo di contrastare l'impoverimento culturale e le diverse forme di discriminazione e violenza razziale che si stanno diffondendo nel Paese.

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