13 agosto, 2015: il “Forum”, cioè il piccolo anfiteatro sprofondato nella Frank Ogawa Plaza di fronte al municipio di Oakland, in California, ubicato pressappoco nello stesso spazio in cui lo scrittore Jack London già cercava di infiammare gli animi nel 1896, è stato occupato in una “direct action” dal gruppo blackpoetspeakout# e da un centinaio di simpatizzanti, attivisti di Blacklivesmatter# e passanti che per un’ora e mezza hanno partecipato e assistito a militanti performance di poesia sui temi di razzismo, violenza della polizia, gentrificazione e identità.
Affrontando queste tematiche dalle più diverse angolature e con una vastissima gamma di stili, 14 poeti e poete neri, coordinati dalla poeta Mahogany L. Browne, Master of Ceremony, si sono avvicendati in performance di poesia accomunate tutte dall’esordio “I am a black poet who will not remain silent while this nation murders black people. I have a right to be angry.” (Sono un poeta nero che ha deciso di non rimanere in silenzio mentre questa nazione uccide persone dalla pelle nera. Ho diritto ad essere arrabbiato/a.)
Già la presenza dell’hashtag rivela la grande capacità del gruppo blackpoetspeakout# di muoversi nel mondo telematico, essendo nato per iniziativa di alcuni membri del gruppo Facebook del collettivo Cave Canem, una prestigiosa organizzazione di poeti e poete neri fondata nel 1996. Dopo l’esonero da parte del Gran Giurì del poliziotto Darren Wilson, l’assassino di Mike Brown, giovane afroamericano disarmato ucciso a Ferguson, ultimo di una lunga lista di giovani, maschi e femmine, di colore uccisi dalla polizia (oltre 5000 dal 2001), la poeta Amanda Johnston pose al gruppo Facebook di Cave Canem la domanda “Come reagiamo a tutto questo?” La risposta preliminare elaborata assieme ai poeti Jonterri Gadson, Mahohgany L Browne, Jericho Brown e Sherina Rodriguez-Sharpe è stata la proposta di postare in rete, in maniera collettiva e con l’hashtag blackpoetsspeakout# accompagnata dalla formula iniziale “I am a black poet…” un certo numero di video di letture di poesie scritte da autori neri negli anni del movimento per i diritti civili, come pure successivamente. Ben presto molti altri poeti e studiosi neri hanno fatta propria l’iniziativa allargandola a Twitter e a Tumblr, organizzando una playlist su Youtube, catalogando i video nel sito Cultural Front e realizzando laboratori per scrittori di colore. Già 24 ore dopo aver lanciato l’iniziativa, nel loro sito erano stati postati 50 video che nel corso dei mesi successivi sono aumentati a un archivio di diverse centinaia. Per maggiori informazioni sulla nascita e l’evoluzione del movimento, sulle idee del rapporto tra arte e società che gli danno forma e contenuti è utile leggere l’intervista ai fondatori che trovate nel seguente link http://www.blackyouthproject.com/2015/04/the-right-to-be-angry-an-interview-with-the-founders-of-black-poets-speak-out/
Seguendo questo link potrete vedere una delle performance del 13 agosto, sulla questione della gentrificazione e come questa ha un impatto negativo e violento sulle comunità afroamericane https://www.facebook.com/pina.piccolo.501/videos/523892547760928/?l=6154196004747950252
Una delle poesie più lette dai poeti nei video e recitate da questo movimento nel corso di eventi poetici in varie città degli Stati Uniti o performate durante manifestazioni è “Power”, poesia scritta da Audre Lorde nel 1978 e contenuta nella raccolta “Black Unicorn”. L’autrice scrive nel proprio diario che quella poesia registra la sua reazione quando in macchina apprende dalla radio che il poliziotto che ha sparato a un bambino nero di dieci anni non verrà incriminato, una situazione che non smette di ripetersi nel tempo e che la rende, purtroppo, molto attuale. Di seguito la mia traduzione della poesia e in fondo a questo articolo riportiamo l’originale di Audre Lorde.
POTERE
La differenza tra poesia e retorica
Sta nell’essere pronti a uccidere
Te stessa
Invece che i tuoi figli.
Sono intrappolata in un deserto di ferite da arma da fuoco aperte
E un bambino morto che trascina la sua faccia nera
Distrutta sull’orlo del mio sonno
Il sangue che gli esce dalle guance bucate e dalle spalle
È l’unico liquido per chilometri
E ho lo stomaco
Che si rivolta all’idea del suo sapore mentre
Ho la bocca divisa tra labbra screpolate
Senza fedeltà o raziocinio
Assetate dell’umido del suo sangue
Mentre affonda nel candore
Del deserto in cui mi sono persa
Priva di immagini o di magia
Mentre cerco di creare potere dall’odio e dalla distruzione
Mentre cerco di guarire il mio figlio morente baciandolo
Solo il sole può sbiancarne le ossa più in fretta.
Un poliziotto che ha sparato a un bambino di 10 anni in Queens
Lo sovrastava con le sue scarpe da sbirro intrise di sangue di bambino
E una voce dice, “Muori piccolo figlio di puttana” e
Ci sono le registrazioni a provarlo. Nel processo
Questo poliziotto afferma in sua difesa
“Non ho notato le dimensioni o nient’altro
Solo il colore”. E
Ci sono anche lì registrazioni a prova.
Oggi quell’uomo bianco di 37 anni
Con tredici anni di esperienza nelle “forze dell’ordine”
È stato liberato
Da undici uomini bianchi che hanno affermato di essere sicuri
Che è stata fatta giustizia
E una Donna Nera che ha affermato
“Mi hanno convinto” cioè
Che hanno trascinato i suoi 145 cm di Donna
Sui carboni ardenti
Di quattro secoli di approvazione maschile bianca
Fino a quando lei non ha lasciando andare
Il primo potere effettivo che abbia mai avuto in mano
E foderato il suo utero di cemento
Per farne un cimitero per i nostri figli.
Non riesco a toccare la distruzione
Dentro di me.
Ma a meno che io non riesca a usare
La differenza tra poesia e retorica
Anche il mio potere presto si corromperà
Come una muffa velenosa
O resterà lì penzoloni e inutile come un filo elettrico sconnesso
E un giorno prenderò questo filo sconnesso adolescente
E lo metterò nella prima spina che capita
Stuprando una donna bianca di 85 anni
Che è la mamma di qualcuno
E mentre la pesto a morte e incendio il suo letto
Un coro greco canterà in una battuta con un tempo di tre quarti
“Poveretta. Non ha mai fatto male a una mosca. Ma che bestie sono!”
Audre Lorde (1934- 1992) è stata una delle voci più autorevoli nel panorama letterario statunitense nell’ultimo quarto del ventesimo secolo, sia per la produzione letteraria, le raccolte di poesia From a Land Where Other People Live (1973), The Black Unicorn (1978), e la produzione diaristica The Cancer Journals (1980) and A Burst of Light (1988). La sua prima produzione poetica risale al al 1968 con la raccolta First Cities. Il suo esempio e le sue coraggiose prese di posizione sulle questioni più spinose riguardanti il razzismo, il sessimo e l’imperialismo continuano a rimanere di grande attualità e spingono ad uno studio più approfondito della sua opera e della sua figura.
Segue la traduzione di due poesie di giovani poeti afroamericani, il primo, Danez Smith attivo in e vicino al movimento “blackpoetspeakout#”, che negli ultimi mesi si è ulteriormente allargato e ha trovato modi diversi di utilizzare la poesia per esprimere e rafforzare le rivendicazioni di giustizia e di eliminazione di razzismo portate avanti da crescenti fasce della popolazione afroamericana. La seconda, Aziza Barnes, concentra l’attenzione sull’esplorazione anche storica di ideologie e pratiche che hanno dato forma a diversi aspetti dell’identità afro-americana.
Non è un’elegia per Mike Brown
Scrivere questa poesia mi fa venire la nausea
Portatemi il ragazzo, il suo nuovo nome
Il suo solito, vecchio corpo, ordinario, nero
Cosa morta, riportatecelo & e lo piangeremo
Fino a dimenticare chi stiamo piangendo
E non è proprio questo che significa essere nero?
Non la gioia di esserlo, ma quel sentimento
Che ti viene quando guardi tuo figlio, giri la testa,
e, puf!, non c’è più.
\\
Pensaci: una volta, una ragazza bianca
Fu rapita & e fu così che ebbe inizio la guerra di Troia.
Un po’ di tempo dopo, laggiù all’angolo, hanno sparato a Troy
& è stato martedì scorso, non siamo degni
Di una città ridotta in cenere? Della partenza
Di mille navi perché manchiamo a qualcuno?
C’è sempre qualcosa che merita di essere bruciata.
Ma non è la cosa giusta di questi tempi.
Pretendo una guerra perché il ragazzo venga riportato in vita
Non importa che nome abbia stavolta.
Come minimo pretendo una canzone. Basta una canzone
\\
Guarda cosa ha fatto il Signore.
Sopra il Missouri, un dolce fumo
Danez Smith (poesia tradotta da Pina Piccolo)
Danez Smith è l’autore della raccolta Boy (di prossima pubblicazione da YesYes books) e del chapbook Hands on Ya Knees (Penmanship Books, 2013). E’ stato finalista del premio Ruth Lilly & Dorothy Sargent Rosenberg Poetry Fellowship. Ha ricevuto borse di studio dalla McKnight Foundation, Cave Canem, Vona e molti altri. E’ uno dei fondatori del collettivo multi-genere e multi culturale Dark Noise. E’ stato pubblicato nelle riviste Poetry magazine, Ploughshares, Beloit Poetry Journal. Ha partecipato a numerose poetry slams a livello nazionale vincendo campionati e piazzandosi spesso tra i primi.
Seguendo questo link si può vedere il video di una performance di Danez Smith sempre sulla questione delle uccisioni di giovani neri https://www.youtube.com/watch?v=LSp4v294xog
Posso anche chiedere, ma credo che usino pinzette
La spalla è un organo complicato arteria femorale linfonodi tendini tutte quelle articolazioni. Se vi buca una pallottola ci sono anche i vestiti giusto, cosa credevate? Voglio dire, se fosse solo il corpo allora è diverso ma se sono due strati di vestiti sono altre impurità corporee Il corpo fa il suo lavoro, solo una funzione rilasciare quello che non può rimanere E’ arrivato al Pronto Soccorso sorrideva “Ho bisogno di un dottore—grazie, fratello” Il sangue smette di arrivare alla grande città il cervello è una grande città il cuore è una grande città i reni sono zone calde come Las Vegas costruite per accogliere eserciti di gente in ferie il sangue impara a piegarsi in un’altra direzione come le zampe di una gru questi giorni le pallottole le fanno diverse nei tempi d’oro del passato una pallottola ti entrava e ti usciva il foro corrispondeva ora invece una 22 o una 38 si espande nel corpo assorbe come un tampone la sua funzione tirarsi dentro tutta la vita. Stava ordinando alla finestra del drive- in non proprio un pasto non cibo vero ma Mac Donald’s forse qualcosa tipo patatine o forse una sprite o uno speciale numero 2 cose che non sono quelle che si cucinano la mattina nella strada dove abito io dove abita la sua mamma un inghippo quello alla terza cassa l’uomo ha una pistola la pistola è un organo di una certa complessità compie operazioni orchestrate effimere. Le pallottole sono piccole una spalla è innocua fin quando non diventi infermiera l’unico motivo per cui è morto è stata la velocità e la vicinanza ma se ci sono un paio di strati di stoffa bene, anche quelle fibre bisognerà pur toglierle.
Aziza Barnes (poesia tradotta da Pina Piccolo)
Seguendo questo link trovate la lettura performata di questa poesia a cura dell’autrice https://www.youtube.com/watch?v=8wukZa9AwDw
Aziza Barnes ha 22 anni, è nera e viva. Nata a Los Angeles, attualmente abita a Bedstuy, nel quartiere di Brooklyn di New York City. Il suo primo chapbook, me aunt jemima and the nailgun ha vinto il premio “Exploding pinecone” ed è stato pubblicato dalla Button Poetry. I suoi scritti si trovano in PANK, PLUC! Callaloo e altre riviste. E’ redattrice di poesia per Kinfolks Quarterly e si è laureata alla New York University Tisch School for the Arts. Fa parte del collettivo Divine Fabrics. Aziza offre performance di poesia nelle scuole medie superiori e nelle università di tutti gli Stati Uniti. Apprezza molto un vestito fatto bene e qualsiasi cosa pur vagamente associata a Motown.
Power
The difference between poetry and rhetoric
is being ready to kill
yourself
instead of your children.
I am trapped on a desert of raw gunshot wounds
and a dead child dragging his shattered black
face off the edge of my sleep
blood from his punctured cheeks and shoulders
is the only liquid for miles
and my stomach
churns at the imagined taste while
my mouth splits into dry lips
without loyalty or reason
thirsting for the wetness of his blood
as it sinks into the whiteness
of the desert where I am lost
without imagery or magic
trying to make power out of hatred and destruction
trying to heal my dying son with kisses
only the sun will bleach his bones quicker.
A policeman who shot down a ten year old in Queens
stood over the boy with his cop shoes in childish blood
and a voice said “Die you little motherfucker” and
there are tapes to prove it. At his trial
this policeman said in his own defense
“I didn’t notice the size nor nothing else
only the color”. And
there are tapes to prove that, too.
Today that 37 year old white man
with 13 years of police forcing
was set free
by eleven white men who said they were satisfied
justice had been done
and one Black Woman who said
“They convinced me” meaning
they had dragged her 4’10” black Woman’s frame
over the hot coals
of four centuries of white male approval
until she let go
the first real power she ever had
and lined her own womb with cement
to make a graveyard for our children.
I have not been able to touch the destruction
within me.
But unless I learn to use
the difference between poetry and rhetoric
my power too will run corrupt as poisonous mold
or lie limp and useless as an unconnected wire
and one day I will take my teenaged plug
and connect it to the nearest socket
raping an 85 year old white woman
who is somebody’s mother
and as I beat her senseless and set a torch to her bed
a greek chorus will be singing in ¾ time
“Poor thing. She never hurt a soul. What beasts they are.”
Audre Lorde
From the collection “Black Unicorn”.
not an elegy for Mike Brown
I am sick of writing this poem
but bring the boy. his new name
his same old body. ordinary, black
dead thing. bring him & we will mourn
until we forget what we are mourning
& isn’t that what being black is about?
not the joy of it, but the feeling
you get when you are looking
at your child, turn your head,
then, poof, no more child.
that feeling. that’s black.
\\
think: once, a white girl
was kidnapped & that’s the Trojan war.
later, up the block, Troy got shot
& that was Tuesday. are we not worthy
of a city of ash? of 1000 ships
launched because we are missed?
always, something deserves to be burned.
it’s never the right thing now a days.
I demand a war to bring the dead boy back
no matter what his name is this time.
I at least demand a song. a song will do just fine.
\\
look at what the lord has made.
above Missouri, sweet smoke.
Danez Smith
Originally published on Split This Rock. Re-posted with the author’s permission.
I COULD ASK, BUT I THINK THEY USE TWEEZERS
the shoulder is a complicated organ femoral artery lymph nodes tendons all those joints if a bullet goes thru you there’s also the clothing oh yeah what did you think I mean if it’s just this then that’s different but if it’s two layers of that those are other impurities the body does it’s job just one function to release what can’t stay he walked into the ER smiled “I need a doctor thanks man” blood stops moving to the big towns the brain is a big town the heart is a big town the kidneys are hot spots like Vegas built to handle armies on vacation the blood learns to bend another way like the legs of a crane they make bullets different now-a-days in the good-ole-days a bullet went in and out and the holes matched now a .22 a .38 expands in the body absorbs like a tampon function pull in all life he was ordering drive thru food McDonalds food not really food maybe like french fries maybe like a Sprite maybe like a #2 things that don’t feel like food in the mornings down the street from my house from his mama house a clog at the 3rd counter this guy has a gun a gun has an operation has composition is orchestral is an organ of some complication ephemeral the bullets are small a shoulder is innocuous until you become a nurse the only reason he died was speed and proximity but if it’s a couple layers of cloth well you have to get that out too
Aziza Barnes
Originally published in Union Station Magazine.
Tutte le foto che accompagnano questo articolo sono state scattate da Melina Piccolo il 13 agosto 2015 davanti al municipio di Oakland, in California