“Benedetto il secolo” e altre poesie di Fabrizio Bregoli

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BENEDETTO IL SECOLO

 

Benedetto il secolo e il giorno e l’anno

l’ora e l’addì prossimo genituro

al continente giovenca che ingravida

un globo che s’ingloba e globalizza

e anestetizza il popolo sovrano.

 

Laudata in pia compieta madre terra

le stelle, sora guerra e frate vento

campi di nomade concentramento

e centri d’umana disaccoglienza

corsie e barellati di sghimbescio

sbobinate di coscienza a rovescio

giardini piantumati all’età terza

e quarto, di vocazione e di fatto

stato che si sdogana già disfatto

giubba e feluca per l’internauta ci-

-vile, viaggi, miraggi, bile.

 

Benedetta la firma sul trattato

ceralacca sul corsivo inchiostrato

frontiere spalancate prezzolate

ed esodi ad identici deserti.

Benedetto resistere conserti

al tempo del frattempo ed in procinto

al mondo circoscritto in un recinto.

 

(da Il senso della neve – puntoacapo, 2016)

 

 

 

NEW ECONOMY

 

Hanno spazzato via i gabbiotti

di latta e vetro, una macchia più lucida

d’asfalto ne ha trattenuto un po’ d’ombra.

Quei due stipendi in meno valgon bene

la lesta conversione ad automatico,

basta pagare a credito magnetico.

Hanno aggiunto però i guanti di plastica

non inquieti la fragranza di benzina

– Beau geste, la clientèle vous remercie

e s’affolla come sempre lo spiazzo

se il cartellone illumina lo sconto,

bisticcia la signora imbellettata

col rebus del serbatoio a incastro,

un ragazzo fa tralucere all’iride

il prossimo svernare fuori porta

 

ed io qui con la matita spuntata

un bagaglio troppo leggero d’anni

perché poesia si possa dire

questo mio spigolare l’inventario

dello svanire, ché la vita costa

lo spazio del superfluo, anch’io complice

nelle mie scarpe nuove, parka blu

collo di lupo grigio, il pieno assolto

con ottanta centesimi in più in tasca

mentre una bava di perla strattona

il viola cupo d’orizzonte, un corvo

forse un falco, stordisce tra le nuvole

e già scoppietta la fucileria.

Trangugio un altro groppo di saliva

avanza l’autunno, un’altra ora passa.

 

(da Il senso della neve – puntoacapo, 2016)

 

 

SHOPPING DI NATALE

 

Milano che t’infrangi tra le volte

dove stillano lacrime di sole

t’affollano le mani, ti rovistano

e rassereni nei palmi distesi

del marmo lucidato del tuo duomo

che sai avvicendarsi alla fuliggine,

respiri con pudore le tue polveri,

scantoni tra le tenebre degli anditi

dove si stendono schiene a cartoni

sulle piastrelle viscide e v’indugiano

gorghi di cellophane, latte di birra

scie di sputi, chiazze di gelati

mozziconi sfiancati ai troppi passi,

compare qualche sguardo dalle sciarpe

per scagliare pugni di dadi, lisca

d’una vita scorticata, quel ghigno

desolato che ne resta: qui scopro

nel midollo paziente del tuo esistere

tra crocchi di marmocchi, torvi zigomi

il guizzo iridescente, integro vivere

poiché poesia non è parola

che s’affranca, ma intorbidarne lingua

braccia sangue, distanza che si varca.

 

(da Il senso della neve – puntoacapo, 2016)

 

 

 

FOSSE POESIA

 

Fosse poesia potrei indugiare

su qualche vezzo cromatico, un radere

di luce tra capelli e volto, indulgere

a un virtuosismo lirico, un pacato

trasgredire metrico, i trucchi buoni

che lusingano in una lana di fiato

stemperano la voce che s’aggruma.

 

Ma questa scena è minima, assoluta

non si concede appello, assoluzione.

Lui siede agli scalini, tra i piccioni

le gambe lacerate dalle piaghe

intruso tra quei cenci, qui recluso

in un rettangolo di cicche, di sputi

lo sguardo arrovesciato su detriti

di storie, ciò che ne resta tra le unghie

sudice, un bicchiere, stente monete.

Chiede nuda evidenza del suo esserci.

 

E non serve una poesia, un altro alibi.

 

(da Zero al quoto – puntoacapo, 2018)

 

 

 

DESTINAZIONE D’USO

 

Ditta, la chiamano ancora i dispersi

o i reduci d’una Brianza braccia e

cambiali, ai tempi del futuro mite.

A rate. Un’insegna divelta ne dice

la grammatica sconnessa, l’opaco

dei passi. È questa l’ora di rade orde

di sbandati, nel minimo bivacco

d’incerate, fra lampade a carburo

raccolti a una cucina tutta avanzi,

o la solita combriccola di giovani

alle prese con la loro argonautica

delle rovine, a battesimo

di non sai quale primogenitura.

 

Presto ne faranno – dicono – un centro

commerciale, di certo ciò che merita

un’epica industriosa. Variazione

nella destinazione d’uso recita

il galateo del millennio pratico.

Ne faranno un’arnia buona di luci

garbate, un traslucido di vetrine.

Teche, per la reliquia d’occasione.

 

(da Zero al quoto – puntoacapo, 2018)

 

 

PANCABBESTIA

 

La dotazione è minima: un violino

tarlato, labrador, fornello a gas:

numeri d’un terno mancato.

Ed inutile scommetterli. È sempre

la vita a sceglierci, a farci destino.

Treni e nebbia. Poco oltre

lo sciame noto dei passi, la messa

profana del giorno. E anche noi

legione: si strappa al buio una luce

sconcia, spilla da balia che raccorda

il cielo al nulla.

Nessun Caravaggio

a sbalzare il profilo dallo sfondo

dalla sua ombra irrevocabile.

Solo manierismo di pochi spiccioli,

nessun miracolo pronto a redimere.

Siamo lo sbaglio di città, scoria

purgatoriale. Un cuore tutto fango

e stelle. Solo folla, facce scomode

che a nessuno importano. Storie a margine,

le uniche che diventano poesia.

 

(inedito)

 

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Fabrizio Bregoli, nato nella bassa bresciana, risiede da vent’anni in Brianza. Laureato con lode in Ingegneria Elettronica, lavora nel settore delle telecomunicazioni. Ha pubblicato “Cronache Provvisorie” (VJ Edizioni, 2015), “Il senso della neve” (puntoacapo, 2016), “Zero al quoto” (puntoacapo, 2018).  Ha inoltre realizzato per i tipi di Pulcinoelefante la plaquette d’arte “Grandi poeti” (2012) e per i Fiori di Torchio il libro d’artista “Onora il padre” (Seregn de la memoria, 2018). Sue opere sono incluse in “Lezioni di Poesia” (Arcipelago Itaca, 2015) di Tomaso Kemeny, in “iPoet Lunario in versi” (Lietocolle, 2018) e in numerose altre antologie e riviste. Partecipa a letture poetiche, dibattiti culturali e blog di poesia. È stato membro di giuria nei Premi “Il giardino di Babuk” e “Rodolfo Valentino”. Ha ottenuto diversi riconoscimenti e premi, fra questi gli sono stati assegnati il premio San Domenichino e Dante d’Oro dell’Università Bocconi per la poesia inedita, il premio Gozzano per la poesia edita, è stato finalista ai premi Montano, Bologna in Lettere e Caput Gauri. È incluso nel censimento dei poeti italiani del sito Italian Poetry, che si pone la finalità di diffondere la poesia italiana nel mondo

http://www.italian-poetry.org/fabrizio-bregoli/

Il suo sito personale è

https://fabriziobregoli.com

 

Immagine di copertina: Foto di Teri Allen Piccolo.

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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