Ayotzinapa (Messico): a due anni memoria e poesia marciano assieme (a cura di Lucia Cupertino)

26-settembre-2016_ayotzinapa-2

 +43 VOCI RECLAMANO PACE IN MESSICO

 

Non ti dimentico non ti dimentico…Ayotzinapa, a due anni, continuiamo ad aspettarli a casa…

“Figlio della mia propria vita,

del mio sangue, delle mie viscere,

questa angoscia per cui mi manchi

oggi piena di tristezza ti esige,

dove sta rinchiusa

la tua luce per liberarla?

Dimmi, figlio mio, in quale parte,

in quale posto, in quale luogo,

fin lì arriverò,

ti cercherò fino a incontrarti…”

Fernando Guadarrama

Post  dalla pagina Facebook dei Padres y Madres de Ayotzinapa

del 26-9-2016, giornata delle manifestazioni in memoria di Ayotzinapa, specialmente a Città del Messico,


 

Ayotzinapa rappresenta un punto di non ritorno per la storia delle violenze in Messico. Il plurale è d’obbligo. Quei 43 giovani studenti della scuola Raúl Isidro Burgos” sono solo una frazione dei desaparecidos, morti, feriti fisicamente e psicologicamente che la terra messicana avvolge nel suo silenzio. Un silenzio fitto di bugie e versioni ufficiali e figlio della complicità dello Stato, di tutti i suoi organi e di tutti gli ambienti che lucrano con le necropolitiche latinoamericane, affermando il loro potere a costo di vite umane e di un territorio estremamente biodiverso sempre più sottomesso allo sfruttamento sfrenato.

Quei 43 giovani sono anche le vittime dei femminicidi, i difensori e le difenditrici dei diritti umani e ambientali negli stati più caldi del Paese, i migranti de La Bestia e quelli di Tijuana, le donne sequestrate per entrare nelle reti del traffico sessuale, le tante persone in attesa di qualcuno che non tornerà, sono gli etnocidi e la morte delle culture, lingue e cosmovisioni, i giornalisti che fanno vera informazione, i fiumi, i combustibili fossili, il mais che si vuole rendere transgenico, i semi degli antenati e tutti i beni pubblici rubati con l’oltraggio di un’arma, un sequestro, delle sevizie, un abuso, delle minacce, degli sguardi biechi, degli stereotipi ripetuti.

Come ci ricorda Francesca Gargallo nella postfazione di 43 poeti perAyotzinapa.Voci per il Messico e i suoi desaparecidos: “Per questo il gruppo di scultori che ha forgiato l’anti-monumento detto “+43” in tre pezzi, collocati durante un’azione artistica collettiva e clandestina il 26 aprile 2015 all’incrocio tra Avenida Reforma e Bucareli, in pieno centro di Città del Messico, ha insistito nel dare importanza proprio alla prima delle tre parti dell’anti-monumento, cioè a quel “+” alto tre metri di ferro rosso, che sta a rappresentare l’esigenza del ritrovamento in vita dei 43 ragazzi e anche di tutte le altre persone sparite.”

Oggi, a due anni esatti dai fatti di Ayotzinapa, vogliamo ricordare tutti questi figli delle violenze attraverso alcuni stralci dal libro appena uscito: 43 poeti per Ayotzinapa.Voci per il Messico e i suoi desaparecidos (a cura di Lucia Cupertino, con prefazione di Fabrizio Lorusso e postfazione di Francesca Gargallo), Edizioni Arcoiris, 2016. Il libro sostiene la causa della scuola normale rurale di Ayotzinapa, storica fucina di cambiamento in Messico, appoggia le famiglie e tutti i membri della scuola e comunità e pertanto il ricavato sarà devoluto all’Associazione dei genitori della Scuola Normale Rurale “Raúl Isidro Burgos” di Ayotzinapa.

Il dolore ha memoria, sostiene il poeta Vega Cerezo. Coi morti e il sangue versato si insinua nelle viscere della terra, nelle acque sotterranee, nelle radici degli alberi, nelle rocce e ne attingono anche gli insetti e funghi che silenziosamente lavorano per noi la terra. Sembra non esservi scampo: il dolore alimenterà generazioni impregnate di dolore e questo fino alla fine dei tempi. È invece proprio il lavoro e lavorio con la memoria –quella individuale e collettiva– a poter rompere la catena perpetua, attivando il processo di rigenerazione profonda che viene dalla tessitura di quei fili addolorati in una nuova manta.

La parola è un mezzo imperfetto, spesso malamente iperallenato nelle comunicazioni digitali dell’era che viviamo. Lì non sembra esserci un meditare sugli eventi, ma solo un fluttuare vacuo che costantemente parcellizza invece che dischiuderci nuovi orizzonti. Eppure dove s’apre il campo della poesia, s’apre la speranza di poterci soffermare a pensare il flusso della storia e dare un senso alle azioni da costruire nel presente e nel futuro per determinare un cambiamento.

Con questa intenzione nasce l’antologia messicana che qui presentiamo, un coro di voci poetiche dalle tinte e dai registri più vari, ma accomunate dal voler tessere con la parola poetica una nuova manta per un Messico diventato il Paese del dolore permanente, ineluttabile, senza via d’uscita. Al di là della rabbia, dell’impotenza e della nostalgia, con queste 43 poesie si lanciano 43 semi per tessere un’altra memoria, un altro Messico.

Lucia Cupertino

Leggi la prefazione al libro di Fabrizio Lorusso: https://www.carmillaonline.com/2016/09/27/ayotzinapa-somos-todos-prologo-e-poesie-del-libro-43-poeti-per-ayotzinapa/

copertina

 

Briceida Cuevas Cob

Maya, Messico

MESE XUUL (DAL 24 OTTOBRE AL 12 NOVEMBRE)

I

Questa volta il lumino dell’attesa si consuma dinnanzi al dubbio.

Questa volta i tuoi antichi defunti sono giunti e non c’eri in casa.

Eri alla ricerca dei vivi tra i morti.

(Vennero a cercarti e ti trovarono col tuo altare ambulante

ad issare volti reiterati di giovani amati).

Da allora

alla marcia per la giustizia e il ripudio

si sono unite le anime degli altri morti.

E non se ne andranno fino a quando non li troveranno vivi.

 

II

In questo mese di convivenza coi morti,

il forno in terra cruda per cuocere grandi tamales

 

ti ricorda

che la morte giunge

dai quattro punti cardinali.

Ma l’odore della morte che ti circonda non viene da quelle parti.

Ha cancellato la sua traccia.

 

III

A lungo ti domandi:

“Se all’ottava del giorno dei morti tornano gli impiccati,

quando verranno i vivi incinerati?”

Neghi a te stessa quest’idea

E intraprendi la ricerca

in valli, fiumi, guazzi, montagne, fosse clandestine

con una piccola luce che si è moltiplicata attraverso le voci d’altri:

“Vivi li hanno portati via,

vivi li rivogliamo”

IV

Le foglie del fior di morto non bastano a curare la ferita

quando profonda è la radice del dolore.

Lo sai perché sono trascorsi più di 43 giorni.

E ogni giorno che passa scava una palata di angoscia nella fossa aperta del tuo cuore.

Preghi.

Mentre sopporti le burle del potere

sfogli il fior di morto;

 

Interroghi ogni petalo marcito:

Vivono…? Non vivono…?

E a ogni domanda senza risposta si sfoglia la tua anima.

 

 

Briceida Cuevas Cob

Maya, México

WINAL XUUL

I

U kibil a pa’ataj te’ ja’aba’ tu jáaba ikil ma’ a wóojel

(u jaajil ba’ax ku yúuchli’.

U’ul a úuchben láak’o’ob kiimeno’obe’ mina’anech ta wotoch.

Bija’anech a kaxant kuxa’ano’ob ichil kimeeno’ob.

(Jóok’ u kaxantecho’obe ka tu yilajecho’ob a kuchmaj u mayakil a t’akunaj

a tíichmachmaj u yoochel u yich táankekelem páalalo’ob yaabiltano’ob).

Ti’ le k’iin je’elo’ Tak u pixan kimeeno’ob ku láak’intik le molay ku k’áatóoltik yéetel k’úuxil

ka anak toj k’abil ti’ ba’ax ucha’an.

Ma’ bin tun xi’iko’ob wa ma’ táan u kaxantiko’ob kuxa’anil le

táankelmo’obo’.

II

Ti’ u k’iinil le janal pixana’,

u páambil joolil píibe’

ku k’a’asiktech

ti’ u kaanti’its’

tu’uk’il yóok’ol kaab ku taal kíimil.

Ba’ale’ u book le taal ta wiknalo’ ti’ mix jun tseel ti’ le je’elo’ob u taala’.

Tu múukbesaj u beel.

III

Yaan u súutukil ti’ k’iin ka k’áatchi’itikaba’

“Wa biix ku taal le tu jich’ukaalo’obo’

báan k’iin ken taalak u pixan le kuxa’an tóokabilo’obo’?

Ka jáan súut ta tuukule’ ka wa’alik ma’ kiimeno’obi’.

Ka ch’áik a beele’ ka bin a kaxant ti’ táax lu’umo’ob, yok ja’ob,

ak’alo’ob, witso’ob, ta’akunaj muknalo’ob

yéetel u chan juul sáasil ku jóont’aaba’ yéetel u muuk’ u t’aan a wéet kaabilo’ob:

“kux’ano’ob ka bisa’abo’ob, Kuxano’ob k k’áat ka suunako’ob”

IV

U le’ xpujuke’ ma’ táan u ts’akik yaj

tumen jach taam yanil u motos loob.

Ba’ale ts’o’ok u máan maanal ti’ ox tu ox k’al k’iin.

Le k’iin ku t’úubulo’ ku bin u páamik péek óol tu jéek’ab muknalil a puksi’ik’al.

Ka payalchi’.

Yáakili’ a muk’yajtik u tuus jma’su’utal noj ja’alach yéetel u

ts’a’aypacho’ob

ta t’okik u wáalal u nook’ xpujuk

Ta k’atchi’itik ti’junjunwáal u tikin nook’:

“kux’ano’ob wáaj…, kimeeno’ob wáaj…”.

Ikil mina’an u núukil a káatchi’e tu bin u báanal u le’ a pixan.

 

Juan Campoy

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Spagna

 

AYOTZINAPA

Erano il miglior raccolto del Paese,

una generazione

di pensatori liberi,

la speranza di un popolo.

Ma il potere appesta

e va marcendo

fino a servire d’adorno

negli uffici.

Tutto ciò che poteva essere orizzonte,

un cielo libero fecondato di vita,

non era nient’altro che una pagina

archiviata in uno scantinato buio.

43 voci con faccia e nome

disposti ad essere concime nel campo,

viveri sul tavolo dei poveri,

vaccino miracoloso

contro la febbre nera del lebbroso,

43 poesie

contro la longitudine vertiginosa

di una sferza o di una sciabola.

 

Erano il miglior raccolto del Paese,

però hanno lasciato solo equazioni

irrisolte,

verbi e aggettivi contro l’inverno

e il suo bacio mortale,

così riga dopo riga

hanno scagliato metafore

contro l’iniquità

insopportabile dei genocidi.

 

Forse li colsero distratti,

o forse avevano troppa fiducia

nei pilastri basilari della loro fede.

Spaccati in pronomi,

il campo è rimasto seminato di ossa.

 

Juan Campoy

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España

AYOTZINAPA

Eran la mejor cosecha del país,

una generación

de pensadores libres,

la esperanza de un pueblo.

Pero el poder apesta

y va pudriéndose

hasta servir de adorno

en los despachos.

Todo lo que pudo ser horizonte,

un cielo libre preñado de vida,

no era más que una página

archivada en un sótano oscuro.

43 voces con rostro y nombre

dispuestos a ser abono en el campo,

víveres en la mesa de los pobres,

vacuna milagrosa

contra la fiebre negra del leproso,

43 poemas

contra la longitud vertiginosa

de un látigo o de un sable.

 

Eran la mejor cosecha del país,

pero sólo dejaron ecuaciones

sin resolver,

verbos y adjetivos contra el invierno

y su beso mortal,

que renglón a renglón

dispararon metáforas

contra la iniquidad

insoportable de los genocidas.

 

Quizás los eligieron distraídos,

o porque confiaron demasiado

en los pilares básicos de su fe.

Partidos en pronombres,

el campo quedó sembrado de huesos.

 

Jorge Miguel Cocom Pech

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Maya, Messico

IL BAMBINO MAESTRO

Signore! Signore!
Non c’è bisogno d’essere adulto per insegnare.
Occulto nel sottile sorriso del mio alunno, ci sei tu.


Se qualcosa mi affligge,
se il mio cuore riceve la visita dei triboli,
lui,
provvisto della tua saggezza,
acchiappa le mie pene con lo svolazzo delle sue domande.


E le porta con sé nel cortile dei giochi.
E lì,
recluse nel ventre di un vecchio pallone,
di piede in piede,
di passaggio in passaggio,
fatte a pezzi dallo schiamazzo e l’ovazione convulsa,
le mie pene,
soccombono imprigionate nella rete della porta.


Signore! Signore!
Non c’è bisogno d’essere adulto per insegnare.
Occulto nel sottile sorriso del mio alunno, ci sei tu.

Jorge Miguel Cocom Pech

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Maya, Messico

J-KÁANBESAJ PÁALIL

¡In Yum! ¡In Yum!
U tia’al a káansken, ma’ k’aabet a núuxítaj.
Íichil u ché’ej in ajkáanbal, ti’ taákánech.
Wa ba’ax ku yáayakuntik in óolal,
wa ku láak’int’ken in puk’sí’ikal tumen k’í’ixo’ob
letí,
yéetel a miáats’il
ku chukik in núumyaj yéetel u xíik’nal u k’aat chí’io’ob.
Ba’ale’, letí ku bíisik in núumya, te tu’ux ku bin ba’axal.
Ti’e tu’ux ku ba’xalo’ob,
íichil u nak junp’éel úuchben tulis núukul ku kóochatik,
yáanal u ok, íichil u ok,
ku máansik, ku máansik,
u tia’al u xet’ik, u tia’al u xíixiltik,
íichil u taj yáawatilo’ob,
íichil u taj kí kímak u yóolob,
in núumyao’ob,
ku lúubul, ku k’aalaj,
ichil k’áanil tu’ux ok’sa’aj u núukul u ba’axal.
¡In Yum! ¡In Yum!
U tia’al a káansken, ma’ k’aabet a núuxítaj.
Íichil u ché’ej in ajkáanbal, ti’ táakánech.

EL NIÑO MAESTRO

¡Señor! ¡Señor!
No necesitas ser adulto para enseñar.
Oculto en la sutil sonrisa de mi alumno, estás tú.

Si algo me aflije,
si mi corazón recibe la visita de los abrojos,
él,
provisto de tu sabiduría,
atrapa mis cuitas con el aleteo de sus preguntas.

Y se las lleva al patio de los juegos.
Y ahí,
recluidas en el vientre de un viejo balón,
de pie en pie,
de pase en pase,
hechas trizas por el griterío y la ovación convulsa,
mis cuitas,
sucumben aprisionadas en las redes de la portería.

¡Señor! ¡Señor!
No necesitas ser adulto para enseñar.
Oculto en la sutil sonrisa de mi alumno, estás tú.

 

 


 

 

IN VIAGGIO SOTTOTERRA CON IL NAHUAL: Mario Bojórquez e il Memoriale di Ayotzinapa

Selezione e traduzione di Antonio Nazzaro

Frammento di un articolo scritto dal poeta e saggista messicano Mijail Lamas per infoLibre (Spagna).

 

Nel Memoriale di Ayotzinapa (Visor, 2016), Mario Bojórquez utilizza varie fonti documentarie: il mito preispanico sull’origine dell’uomo dal Manoscritto 1558[1], così come la copertura giornalistica fatta dal settimanale Proceso degli eventi del 26 settembre e delle prime ore del mattino del 27 settembre 2014, a Iguala (Guerrero), oltre all’utilizzo di vari video a memoria dell’accaduto. Il libro usa anche come riferimento la chiamata “verità storica”, la versione dei fatti che fu divulgata dal governo federale. Tutti questi documenti gli permettono di ricostruire la notte degli attacchi contro i 43 studenti desaparecidos, alunni della scuola Normal Rural de Ayotzinapa.

La poesia che dà inizio al Memoriale di Ayotzinapa, che dà il titolo al libro, ha una natura duale. Da una parte racconta il viaggio di Quetzalcoatl —simbolo nahuatl della saggezza — nell’infra-mondo per ottenere le ossa preziose, che bisognerà macinare e mischiare con il suo sangue per dare la vita agli uomini. Dall’altra parte la poesia racconta un delitto di stato.

Già nei primi frammenti della poesia notiamo come il mito preispanico e la “verità storica” si intrecciano. Quetzalcoatl e il suo Nahual, “che non è diverso da lui stesso,” hanno una dualità ambigua in tutto il testo, i due si completano e contrappongono, si scambiano e si modificano, a volte i due sono parte dei 43 meridionali (i 43 studenti), in altre il nahual è lo studente scuoiato o il soldato che li sottomette e li picchia.

 

Memoriale di Ayotzinapa[2] di Mario Bojórquez (Messico, 1968)

 

I

—Gli dissi al mio nahual[3]

Tutte le forme sono vuote

appena un lampo attraversa

la pietra da macinare

e il fiume

che scorre giù

verso la terra profonda

è appena il sussurro dell’acqua.

Tutto è vuoto.

 

II

Il mio nahual rispose—

Tutto il tempo rifuggiamo

la visione delle cose vuote.

Tutto il tempo crediamo

che afferriamo la realtà

Intatta.

Vai là e raccogli le ossapreziose

così che gli uomini vivano di nuovo,

la vita è vuota come la pelle di una fiera

Riunisci le ossa e in un bacile

macina le ossa

così che gli uomini possano vivere.

 

III

Mi disse il mio nahual

Adesso dovremmo andare a cercare

le ossa preziose

Affiorano da terra

quasi insepolte

Basta rimuovere un poco

la polvere

e troveremo

le ossa calcinate

400 fosse dobbiamo scavare

fino ad incontrarli

nella Collina vecchia

Con le unghie romperemo la terra

con le unghie e un po’ di saliva

 

IV

Devo prendere adesso

il cammino verso il Mictlán

luogo temibile

dove vanno a finire

le innocenti anime

Lì il Signore e la Signora dell’oscuro recinto

mi negheranno le ossa

Trappole per la mia morte mi daranno

mi daranno la morte come un regalo molto atteso

 

VII

Mi disse il mio nahual

Non ti affliggere per questo

prendi 43 meridionali

del «fiume delle zucchine»

e portali «dove rinfresca la notte»

Lì morirai perché tutti vivano

Solo se muori gli dei ti daranno un posto

cosicché nessuno dimentichi

un luogo per cui la morte sia memoria

allegra

lì dove la morte ondeggia come un bandiera di giustizia

Che questo non ti affligga

 

XV

Eravamo gli dissi al mio nahual

43 quelli del «fiume delle zucchine»

ed io, ma io non conto nemmeno tu

eravamo, allora, 43

quelli che attraversarono la notte

 

XXXII

Dopo

oramai non ricordo bene

se io stavo sul pavimento dell’autobus

inzuppato nel mio stesso rosso o in quello di uno dei suriani [4]

Quello al mio fianco

oramai non respirava né batteva

Pensai —è il mio nahual

e sì lo era ma era anche chi mi stava prendendo a calci le costole

l’ho guardato senz’occhi

né volto

Si è spaventato nel vedermi

Anche io ero il ferito

ma mi colpì più forte

*

Sono io quello che entra in te

E le mie amanti

E gli amanti loro

E le amanti degli amanti

E tutti.

 

E mi ricevono tu

E tutti quelli che tu

E quelli più in là

Che tu e i tuoi.

 

Tutti muoiono

In te e in me

 

– – –

 

Memorial de Ayotzinapa[5] de Mario Bojórquez (México, 1968)

 

I

—Le dije a mi nahual[6]

Todas las formas están vacías

apenas un relámpago atraviesa

la piedra de moler

y el río

que corre abajo

hacia la tierra honda

es apenas el murmullo del agua.

Todo está vacío.

II

Mi nahual respondió—

Todo el tiempo rehuimos

la visión de las cosas vacías.

Todo el tiempo creemos

que asimos la realidad

Intocada.

Ve allá y recoge los huesos preciosos

para que los hombres vivan de nuevo,

la vida está vacía como el pellejo de una fiera

Junta los huesos y en un barreño

muele los huesos

para que los hombres puedan vivir.

 

III

Me dijo mi nahual—

Ahora tendríamos que ir a buscar

los huesos preciosos

Están a flor de tierra

casi insepultos

Basta remover un poco

el polvo

y encontraremos

los huesos calcinados

400 fosas hemos de escarbar

hasta encontrarlos

en Cerro viejo

Con las uñas partiremos la tierra

con las uñas y un poco de saliva

 

VI

Debo tomar ahora

camino hacia el Mictlán

lugar temible

a donde van a dar

las inocentes almas

Ahí el Señor y la Señora del oscuro recinto

me negarán los huesos

Trampas para mi muerte me darán

me darán la muerte como un regalo muy ansiado

VII

Me dijo mi nahual—

No te aflijas con eso

toma a 43 surianos

del «río de las calabacitas»

y condúcelos a «donde serena la noche»

Ahí morirás para que todos vivan

Sólo si mueres los dioses te darán un lugar

para que nadie olvide

un lugar para que la muerte sea memoria

alegre

ahí donde la muerte ondea como una bandera de justicia

Que no te aflija eso

 

XV

Éramos le dije a mi nahual—

43 los del «río de las calabacitas»

y yo, pero yo no cuento ni tú tampoco

éramos, entonces, 43

los que cruzamos la noche

 

XXXII

Después

ya no me acuerdo bien

si yo iba en el piso de la camioneta

empapado en mi propio rojo o en el de algún suriano[7]

El que estaba a mi lado

ya no respiraba ni latía

Pensé —es mi nahual—

y sí era pero también era el que me estaba pateando las costillas

lo miré sin ojos

ni cara

Se asustó al verme

Yo también era el desollado

pero me dio más fuerte

*

Soy yo el que entra en ti

Y mis amantes

Y los amantes de ellas

Y las amantes de los amantes

Y todo el mundo.

 

Y me reciben tú

Y todos los que tu

Y aquellos más allá

Que tú y los tuyos.

 

Todo el mundo se muere

En tu y en yo

 

 

Mario Bojórquez, poeta (Sinaloa, Messico, 24 marzo 1968). Coordinatore del Centro di Studi Letterari del ICBC e dei laboratori letterari presso le università di Sonora, Sinaloa e Baja California; coeditore di Ediciones Los Domésticos di Mexicali; caporedattore del Centro Culturale Tijuana; gestisce il programma “Gli iniziati” per la formazione di lettori ad alte prestazioni. Editore associato della rivista Biblioteca de México. Collaboratore nella realizzazione di programmi radiofonici letterari per il IMER. Professore di retorica e poetica presso la Fundación para las Letras Mexicanas. Cooperatore all’interno di Aquilón, Biblioteca de México, El Búho, El Cocodrilo Poeta, El Financiero, El Suplemento, Etcétera, Hoja en Blanco, La Jornada Semanal, Siempre!, Tierra Adentro, Unomásuno, Viceversa, Voces y Reflejos, Textos, y yubai. Vincitore di diverse borse di studio: dell’ INBA, 1991; di Difocur, 1993; del FONCA, per la poesia, 1994 e 1999; FOECA-Baja California, come creativo con traiettoria, 1997, e del FOECA-Sinaloa, come creativo con traiettoria, 2003. Membro del SNC. Premio Estatal de Literatura de Baja California, 1990. Premio Abigael Bohórquez di Poesia 1995 per Invocación al mar. Premio Nazionale di Poesía Clemencia Isaura 1996 per La donna sciolta. Premio Nazionale di Poesia Enriqueta Ochoa 1996 per Controdanza di piede e di fango. Premio Nazionale di Poesia Aguascalientes 2007 per Il Desiderio rimandato. Premio Bellas Artes de Saggio Letterario José Revueltas 2010 per Alterità e poesia. Premio Alhambra di Poesia Americana 2012 per Il Desiderio rimandato. Parte delle sue opere si trova nelle antologie Chants de pierre, IFAL-Torreón, 2005; Eco de voces, Ediciones Arlequín/FONCA, 2004; Árbol de variada luz, Universidad de Colima, 2003, Across the line, Junction Press, 2002; Encontros da escrita, Farois, Lisboa, 1999.


[1]             Manoscritto 1558, Il mito dei quattro soli. Le Cronache e gli annali che contengono questa narrazione sono più di dieci, anche se con diverse varianti rispetto al numero e ordine dei Soli. La versione del Manoscritto 1558 sembra aderire alla “descrizione di un vecchio codice azteco che traspare nel testo originale”. È il racconto del modo in cui la terra è stata fondata, in cui sono avvenute una ad una le sue varie fondazioni (età o “soli”) e in cui ha avuto principio ogni Sole 2513 anni fa.

[2]             La sparizione forzata degli studenti di Ayotzinapa del 2014 si riferisce agli episodi di violenza avvenuti tra la notte del 26 settembre e la mattina del 27 settembre del 2014, in cui la polizia municipale di Iguala (220 km a sud di Città del Messico) ha inseguito e ha attaccato gli studenti della Escuela Normal Rural de Ayotzinapa (257 km a sud est di Iguala). In questo scontro sono stati feriti giornalisti e civili. Gli eventi hanno lasciato un saldo di almeno 9 morti, 43 studenti scomparsi e 27 feriti.

[3]             Nahual o nagual, anche nawal (in nahuatl: nahualli, occulto, nascosto, travestito): nelle credenze mesoamericane è una sorta di stregone o essere soprannaturale che ha la capacità di prendere forma animale. Il termine si riferisce alla persona che ha questa capacità come all’animale stesso che agisce come suo alter ego o animale tutelare.

[4]             La parola suriano in messicano indica gli abitanti del sud del paese. forse però la nota avrebbe più senso se la parola comparisse nel testo.

[5]             La desaparición forzada de Ayotzinapa de 2014 fue una serie de episodios de violencia ocurridos durante la noche del 26 de septiembre y la madrugada del 27 de septiembre del 2014, en el que la policía municipal de Iguala (220 km al sur de la ciudad de México) persiguió y atacó a estudiantes de la Escuela Normal Rural de Ayotzinapa (257 km al sureste de Iguala). En dicho enfrentamiento habrían resultado heridos periodistas y civiles. Los hechos dejaron un saldo de al menos 9 personas fallecidas, 43 estudiantes desaparecidos de esa escuela normal rural y 27 heridos.

[6]             Nahual o nagual, incluso nawal, (en náhuatl: nahualli, ‘oculto, escondido, disfraz’)?, dentro de las creencias mesoamericanas, es una especie de brujo o ser sobrenatural que tiene la capacidad de tomar forma animal. El término refiere tanto a la persona que tiene esa capacidad como al animal mismo que hace las veces de su alter ego o animal tutelar.

[7]             suriano palabra mexicana para indicar los del sur del país

 

Foto in evidenza per gentile concessione di Visor Libros

© Mario Bojorquez, Memorial de Ayotzinapa, Visor libros, 2016

Riguardo il macchinista

Lucia Cupertino

LUCIA CUPERTINO (1986, Polignano a Mare). Scrittrice, antropologa culturale e traduttrice. Laureata in Antropologia culturale ed etnologia (Università di Bologna), ha conseguito un Master in Antropologia delle Americhe (Università Complutense di Madrid) con tesi sulla traduzione di fonti letterarie nahuatl. Vive da tempo tra America latina e Italia, con soggiorni più brevi in Australia, Germania e Spagna, legati a progetti di ricerca, educativi e di agroecologia. Scrive in italiano e spagnolo e ha pubblicato: Mar di Tasman (Isola, Bologna, 2014); Non ha tetto la mia casa - No tiene techo mi casa (Casa de poesía, San José, 2016, in italiano e spagnolo, Premio comunitarismo di Versante Ripido); il libro-origami Cinco poemas de Lucia Cupertino (Los ablucionistas, Città del Messico, 2017). Suoi lavori poetici e di narrativa sono apparsi in riviste e antologie italiane e internazionali. Parte della sua opera è stata tradotta in inglese, cinese, spagnolo, bengali e albanese. È curatrice di 43 poeti per Ayotzinapa. Voci per il Messico e i suoi desaparecidos (Arcoiris, Salerno, 2016, menzione critica nel Premio di traduzione letteraria Lilec – Università di Bologna); Muovimenti. Segnali da un mondo viandante (Terre d’Ulivi, Lecce, 2016) e Canodromo di Bárbara Belloc (Fili d’Aquilone, Roma, 2018). Membro della giuria del Premio Trilce 2018, Sydney, in collaborazione con l’Instituto Cervantes. Cofondatrice della web di scritture dal mondo www.lamacchinasognante.com, con la quale promuove iniziative letterarie e culturali in Italia e all’estero.

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