Da Parte I “Cosa vuoi che dica la polvere”
mare nostrum
fermenterà il dolore
la notte avrà ovili e montagna
e oltre la corsa dei cani viaggeremo
la terra nel sonno midollo di paesi
un mietere fumi.
distanza sarà più feriale,
nel segreto di sete anche il formicaio
della lingua e alte alghe nel mare:
in abito e voce sarà relitto
chi è salvo.
nord
è a nord
l’orfanità precisa di fiumane
musi cavati da utopia
santi-rimbaud appollaiati alle costole
dei veri santi, statue
che ci scampano dall’essere umani
con valigie impestate di tempo
e una verità aperta che devasta
il vero in noi.
appunti
il passato non è tutto
solo i nomi dei luoghi sono nostri
e nell’aria diurna i nostri nomi collimano
e piantiamo ombrelli intorno alla casa:
sia prescritto ripararsi dai torrenti
dalle acque dolci e salate
e aggiungere un faro tra gli appunti dei naufragi.
sopra il congedo
spezzata la lingua sopra il congedo
nella morte giuriamo ai vivi dentro parole
e a spoglio io raspo cova di uccelli, un rovescio migrare,
non fenice ma lazzaro d’immenso mondo.
i morti aprono il dubbio dei nomi
i morti aprono il dubbio dei nomi,
anch’io vivo dove l’ombra chiede pazienza
e andare via: lì dimentico, finisco i pensieri,
gli uccelli in metri di vento fuggono
sanno l’aria come il pane gettato
come direzione: non conta che il silenzio
e la vita prosegue, il passato nasce quando incontri
ciò che guardi.
sono cresciuta a tempo
sono cresciuta a tempo per vedere come non si vive,
come è nulla l’apparenza e non c’è traguardo
e non ci pensiamo che l’uguale sia l’impronta
e chi non somiglia neanche somiglia a se stesso
ma ripete lo sguardo finché la terra in un punto finisce
e si vede il salto come da universo a universo.
Da Parte II – Il peso di pianura
a finestre
non i vivi mi aspettano a finestre
ma l’abbondanza del tempo
quel disegno senza figure a dirmi
quale parabola di gigli
e uccelli nel campo mi porti.
credo al tempo chiaro delle case
credo al tempo chiaro delle case
penso che esistono cielo mare elementi
e nuoterò volerò avrò scampo dal vuoto
e in forma di conchiglia metterò sabbia
vicino al falco – irrevocabile –
abdicherò un regno.
io vivo alberi
la vena è azzurra
io vivo alberi,
nel centro del legno – in cerchi – gli anni
sono annunciazione.
io vivo al centro dei cerchi
– uno ad uno – nel loro midollo
di preistoria, la mia vita congiura
ha radice capovolta esiste
come se pensasse.
nell’ordine di cose
quando non più parola
mi spargerò di terra
germogli pianta senz’altro
significato di materia
nell’ordine di cose
in cui ha posto ogni cosa.
cosa sente la specie
la specie esula da sé, ormai non ha mondo
solo i pensieri le vengono a galla e sente
l’animale ovunque, vede il millepiedi
imitare l’obliquo e l’imperativa età
sconsolata incide legge di figure.
il crac del ramo
il crac del ramo
lo spartirsi del legno:
di grana così fitta
la fine
che solo l’urlo
di prima
rammenta ai morti
come viviamo.
Selezione da Il peso di pianura, Lietocolle 2012, per gentile concessione dell’autrice.
Nadia Agustoni (1964) collabora a varie riviste e a blog letterari. È redattrice di Lpels “la poesia e lo spirito”. Sue poesie sono pubblicate in riviste e antologie. Si è occupata (saggistica) di Etty Hillesum, Elizabeth Bishop, Kazimiers Brandys, Cristina Annino, Patrizia Cavalli, Alba Donati, Gianna Manzini, Monique Wittig e altri.
Tra le ultime pubblicazioni di poesia: Necrologi (La camera verde, 2017), Racconto (Aragno 2016), Lettere dalla fine (Vydia editore 2015); la trilogia: Il mondo nelle cose ( Lietocolle, 2013), Il peso di pianura (2012), Taccuino nero (edizioni le Voci della Luna, 2oo9); per Gazebo Edizioni: Grammatica tempo (1994), Miss Blues e altre poesie (1995), Icara o dell’aria (1998), Poesia di corpi e di parole (2002), Quaderno di San Francisco (2004), Dettato sulla geometria degli spazi (2006), Il libro degli Haiku bianchi (2007).
Foto dell’autrice di Dino Ignani.
Immagine in evidenza: Dipinto di Mauro Pipani