America latina afrodiscendente

thumbnail_cover-diego-isbn

America latina afrodiscendente

Una storia di (R)esistenza

di Diego Battistessa, Edizioni Arcoiris

 

Una persona su quattro in America Latina e nei Caraibi si riconosce come afrodiscendente ma, nonostante ciò, questo gruppo etnico è sicuramente la minoranza più invisibile della regione. Sono il Brasile, il Venezuela, la Colombia, Cuba, il Messico e l’Ecuador a concentrare la maggior parte della popolazione afrodiscendente ma, anche in tutto il resto della regione, la presenza dei discendenti di coloro che furono portati in catene nel Nuovo Mondo, è parte dell’eredità storica e culturale nazionale.

Con l’inizio del terzo millennio e fino al 2012, le comunità afro-discendenti latinoamericane hanno potuto approfittare del buon vento portato da una particolare congiuntura economica e politica regionale (governi progressisti che hanno combattuto frontalmente la povertà) per migliorare la loro condizione sociale. Tuttavia è necessario sottolineare che la marginalità sociale, economica e politica continua a essere un elemento caratterizzante dei processi di vita di quella che è la più grande minoranza in situazione di esclusione dell’America Latina e dei Caraibi.

Nel 2012 la regione ha sperimentato un forte rallentamento economico che ha inciso gravemente sulle politiche sociali dei vari paesi. Ancora una volta, le prime a pagare la crisi sono state le fasce più marginalizzate della popolazione e tra queste appunto le comunità afrodiscendenti. Nonostante la crisi, però, qualcosa era cambiato, si potrebbe dire che “il vaso di Pandora” era stato aperto: a quel punto la presenza delle comunità afrodiscendenti all’interno delle società nazionali, così come la loro situazione di estrema vulnerabilità, non era più una percezione soggettiva (e variabile) ma un dato di fatto corroborato dalla statistica. La crescente inclusione di variabili etniche (nei censimenti si parla spesso di razza) in statistiche nazionali, ha permesso la determinazione di una panoramica delle situazioni e dei bisogni della popolazione afrodiscendente a livello nazionale e regionale. È importante sottolineare che nel XX secolo queste statistiche e queste variabili non erano quasi mai state considerate e questo elemento sommava alla marginalità, anche l’invisibilità politica e identitaria all’interno della costruzione di un’idea paese-regione diversa e plurale. Con i dati e con le informazioni dei censimenti sono arrivate anche l’adozione di una varietà di politiche di discriminazione positiva, come le quote riservate nel mercato del lavoro, nelle istituzioni educative, campagne di sensibilizzazione, legislazione contro il razzismo e l’inizio di una ascesa politica di leadership provenienti dalla comunità afrodiscendente.

 

Cosa identifica il termine afrodiscendente

Le difficoltà per identificare, mappare e censire le persone di ascendenza africana nei paesi latinoamericani sono legate a doppio filo con la negazione della discriminazione razziale da parte degli stessi, oltre allo storico tentativo di rendere invisibile la pluralità etnica nella regione. Questa volontaria cecità sociale è figlia dell’opera di inseguimento dell’immagine europea di sviluppo e modernità, chimera vissuta dai governi liberali del 1800 e dell’inizio del 1900 in America Latina. In questo schema di emulazione politica e sociale, le popolazioni indigene e gli afrodiscendenti erano visti e interpretati come elementi di disturbo, di arretratezza e di un passato da “pulire” con un’opera di blanqueamiento[1]. Per raggiungere questo scopo venne favorita, da numerosi paesi latinoamericani (basti citare il Venezuela come esempio esplicativo), una massiccia immigrazione di persone dall’Europa: regione vista come culla della civiltà, Mater culturae e fornitrice di intellettualità, creatività, professionalità e soprattutto di pelle bianca. Successivamente, durante il XX secolo e con l’affermazione di identità nazionali fluide e plurali, si diffuse in America Latina la falsa percezione di aver raggiunto una sorta di giustizia sociale multietnica. In quel contesto, l’identificazione di una parte della popolazione come afrodiscendente venne interpretata come un elemento di fomento al razzismo e di conseguenza nessun dato su questa popolazione appariva nelle statistiche latinoamericane.

È dunque con questa completa mancanza di conoscenza, un vero e proprio abisso statistico a livello demografico e socioeconomico, che i paesi della regione latinoamericana hanno iniziato il terzo millennio. La domanda di chi è o non è afrodiscendente è quindi relativamente nuova ed ha acquisito notevole importanza con l’introduzione delle varianti razziali nei censimenti nazionali a partire dagli anni 2000. L’autodeterminazione come afrodiscendenti in America Latina ha poi ricoperto un ruolo strategico a livello politico, economico e sociale con l’introduzione di un quadro normativo di protezione dei diritti di questa popolazione. In questo scenario, però, si è vista in alcuni casi una perversione legale che ha comportato una nuova forma di discriminazione: “Con la creazione di quote per gli afrodiscendenti nel mercato del lavoro o nel sistema educativo, ad esempio, le persone che sono state escluse nel passato per non essere sufficientemente bianche ora corrono il rischio di essere escluse per non essere sufficientemente nere.

 

 

Dove vivono le persone afrodiscendenti in America Latina e nei Caraibi

I dati raccolti dalla Banca Mondiale su un totale di 16 paesi della regione latinoamericana parlano di 133 milioni di persone afrodiscendenti, circa il 24% del totale della popolazione. Il Brasile è sicuramente il Paese che da solo pesa in modo determinante sulla bilancia demografica, con una popolazione afrodiscendente nel 2015, stimata in 105 milioni di persone. Il Brasile insieme al Venezuela, concentrava all’epoca il 91% della popolazione afrodiscendente della regione e un altro 7% era distribuito tra Colombia, Cuba, Ecuador e Messico. Si evince dunque che le tre aree di concentrazione della popolazione oggetto di studio sono rappresentate dal Brasile, dai Caraibi e dalla costa dell’Oceano Pacifico.

Il quadro fino a ora dipinto ci parla già di una forte eterogeneità determinata dai contesti paese, dalle zone geografiche di residenza e dalla presenza o meno all’interno delle statistiche e dei censimenti nazionali. Ciononostante, la maggior parte delle persone afrodiscendenti della regione condividono non solo le radici africane ma anche una lunga storia di migrazione forzata, oppressione ed esclusione.

Per quanto riguarda la concentrazione della popolazione afrodiscendente all’interno dei contesti nazionali, possiamo vedere che la grande maggioranza delle comunità (l’82%) vive nelle zone urbane. Questo fattore risulta in generale molto positivo in termini di accesso ai servizi basici come acqua, sistema fognario ed elettricità anche se tali servizi non hanno la stessa diffusione in tutti i paesi. Se è pur vero che la grande maggioranza della popolazione afrodiscendente vive in un ambiente urbano, è altrettanto vero che lo spazio da essa occupato risulta essere spesso la periferia. In questo senso, l’abitare contesti cittadini che godono di condizioni economiche privilegiate (Caracas, Lima, Montevideo o Rio de Janeiro per esempio) non è per forza sinonimo di accesso a suddette condizioni. La Banca Mondiale ci dice infatti che queste comunità, anche se vivono in spazi urbani, “sono relegate in aree con accesso limitato a servizi e posti di lavoro e sono esposte a livelli più elevati di inquinamento, criminalità, violenza e disastri naturali”.

Un’altra caratteristica delle comunità afrodiscendenti nella regione è la loro tendenza a concentrarsi in aree specifiche che spesso sono tipizzate da basso livello di sviluppo, poche o nulle infrastrutture e limitato accesso ai servizi pubblici (istruzione, salute, ecc.). In generale, nei contesti nazionali, un certo numero di subregioni è fortemente caratterizzata dalla presenza o dalla cultura afro-discendente e questa segregazione geografica da un lato risponde ai processi storici di isolamento e abbandono, e dall’altro contribuisce a perpetuare le forme contemporanee di esclusione sociale. Alcuni esempi sono il nord del Brasile, la costa del Pacifico in Colombia, la provincia di Esmeraldas in Ecuador, Barlovento in Venezuela e la costa atlantica di Costa Rica, Honduras, Nicaragua e Panama.

 

La sfida della regione latinoamericana in merito alla popolazione afrodiscendente

Il riconoscimento, la visibilità e la garanzia dei diritti delle popolazioni afrodiscendenti sono questioni fondamentali per la giustizia sociale, l’uguaglianza, la democrazia e lo sviluppo sostenibile. L’eredità dell’esclusione sociale lasciata dall’aberrante pratica della schiavitù che per secoli ha drammaticamente modellato le relazioni umane dell’America Latina, è presente ancora oggi e nasconde volontariamente il contributo di queste popolazioni allo sviluppo delle nazioni della regione. Rompere questa falsa narrazione implica da un lato di riscrivere la Storia, e dall’altro includere esplicitamente gli afrodiscendenti nelle agende di sviluppo e attuare azioni decisive per garantire i loro diritti civili, politici, economici, sociali, ambientali e culturali, eliminando tutte le forme di discriminazione razziale.

Quella delle persone afrodiscendenti con l’America Latina è una relazione carnale, costruita sui loro corpi e con i loro corpi, templi di resistenza immolati alla causa della libertà. Se per le popolazioni indigene parliamo di lotta per la sopravvivenza, nel caso delle comunità afrodiscendenti si aggiunge l’elemento di insorgenza e ribellione che ha caratterizzato il lungo cammino per la conquista del riconoscimento come esseri umani prima e come attori sociali e politici poi.

La questione di chi sono e come vivono le persone che discendono da coloro che vennero portati in catene nel Nuovo Mondo non è nuova ma resta comunque irrisolta. In questo compendio, lungi dal voler parlare per conto di o realizzare la pratica dell’estrattivismo epistemico (inerente per lo più alle conoscenze ancestrali delle popolazioni indigene) l’autore intende far conoscere una Storia diversa, una narrazione differente, un cammino fatto di luci ed ombre, che le persone afrodiscendenti hanno camminato e camminano da protagoniste in America Latina e nei Caraibi.

[1] Blanqueamiento, traducibile in italiano come “sbiancamento razziale” è una pratica sociale, politica ed economica utilizzata in molti paesi postcoloniali per raggiungere un supposto ideale di bianchezza.

 

Diego-Battistessa-BW-Copia-550x400Diego Battistessa si occupa di cooperazione internazionale da oltre 10 anni, svolge l’attività di consulente per ONG, ONU, Università e Imprese private. Abbina l’attività di formazione, implementazione di progetti e di analisi a quella giornalistica e televisiva (El País, Il Fatto Quotidiano, Rai, Mediaset, Voice of America, tra gli altri). Latinoamericanista specializzato in Diritti Umani, Migrazioni e Geopolitica, ha avuto esperienze di cooperazione in Asia, Africa ed Europa. Attualmente svolge il ruolo di Docente e ricercatore all’Università Carlos III di Madrid e di Responsabile regionale per l’America Latina e i Caraibi per l’ONG internazionale Every Woman Treaty.

Riguardo il macchinista

Maria Rossi

Sono dottore di ricerca in Culture dei Paesi di Lingue Iberiche e Iberoamericane, ho conseguito il titolo nel 2009 presso L’Università degli Studi di Napoli l’Orientale. Le migrazioni internazionali latinoamericane sono state, per lungo tempo, l’asse centrale della mia ricerca. Sul tema ho scritto vari articoli comparsi in riviste nazionali e internazionali e il libro Napoli barrio latino del 2011. Al taglio sociologico della ricerca ho affiancato quello culturale e letterario, approfondendo gli studi sulla produzione di autori latinoamericani che vivono “altrove”, ovvero gli Sconfinanti, come noi macchinisti li definiamo. Studio l’America latina, le sue culture, le sue identità e i suoi scrittori, con particolare interesse per l’Ecuador, il paese della metà del mondo.

Pagina archivio del macchinista