Le FARC o Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia vengono fondate nel 1964, nel Dipartamento del Tolima (Centro Ovest della Colombia) da contadini appartenenti alle milizie popolari dei Liberales, nate negli anni della Violenza, per difendere le figure politiche di quel partito dall’eliminazione orchestrata dai Conservatores. Nel 1958, durante il Governo Militare del General Rojas Pinilla, nacque l’accordo Bipartisan tra entrambe le fazioni che mise fine alle persecuzioni d’indole politica. L’armistizio però non venne accolto da alcuni miliziani a causa di un operativo o intervento militare perpetrato a sorpresa, un bombardamento che provocò l’atto costitutivo delle FARC EP nelle montagne del Tolima. Così iniziarono i primi guerriglieri delle FARC.
Ma… la questione non era nuova! Già negli anni 20 ci furono liti tra i contadini fattori e i ricchi latifondisti per il controllo di quelle terre ancora non coltivate, denominate Baldíos (in italiano, terreno non coltivato). E non fu un caso che le terre finissero nelle mani dei più ricchi. Durante gli anni della Violenza, lo sfollamento dei contadini che scappavano dalle milizie aveva provocato lo svuotamento dei campi colombiani e la conseguente proliferazione di baldíos.
E così, dopo il bombardamento dell’esercito, quei contadini scontenti riguardo la ripartizione dei terreni crearono ciò che oggi si conosce come FARC, un movimento allora vincolato al Partito Comunista ma considerato sovversivo sin dall’inizio. Le FARC intendevano la lotta per la terra sulla base di una rivoluzione che avrebbe utilizzato qualsiasi forma violenta per raggiungere il proprio obiettivo. Durante i primi anni, le loro azioni non fecero pressione né danni all’ establishment e nemmeno alle strutture gestite dallo Stato. Con il passare degli anni quei contadini ricevettero consulenza e addestramento militare da Cuba e dalla Russia, permettendo ad alcuni membri della cupola di ottenere studi universitari nelle URSS e di addestrarsi pure in Cambogia e Vietnam. Nel contempo, nacquero altre forze guerrigliere tra cui il M19 (oggi Partito Politico) e l’ELN (Esercito di LIberazione Nazionale, ancora oggi in conflitto contro lo Stato).
Nel 1982, la FARC fece il passaggio necessario per entrare nel nascente business illegale del narcotraffico attraverso la cura e gestione dei terreni adatti alle coltivazioni di coca e papaveri, attività che favorirono l’ampliamento dei campi di addestramento oltre che la dotazione di equipaggiamento militare di ultima generazione, indispensabili per dichiarare apertamente il conflitto armato allo Stato Colombiano. Cominciarono le estorsioni, i sequestri, si istituì il “pizzo” giornaliero sui piccoli commercianti dei villaggi, l’adescamento dei minori, per infine arrivare fino ai bombardamenti sugli oleodotti, ponti e strade nonché l’uccisione di civili e lo sfollamento forzato di milioni di persone verso le grosse città, che nel 1998 collocò la Colombia come il paese con più sfollati al mondo.
Ciononostante, tra il 1982 ed il 1998 nacquero diversi tentativi per riuscire a mettere fine al confitto e firmare la tanto desiderata pace. Alcuni guerriglieri e guerrigliere accolsero l’armistizio del Pres. Betancur (1982) formando il Partito Unión Patriótica, la prima coalizione di partiti di Sinistra nel paese che ebbe come risultato l’uccisione di 2500 guerriglieri reintegrati da parte di gruppi della estrema destra (paramilitarismo).
Passarono molti anni e persino un ulteriore tentativo di smobilitare le FARC ebbe luogo nelle praterie ma si rivelò un autentico fallimento. Dal 1998 la Colombia subì anni intensi di repressione, passando per la firma di un accordo governativo con Washington (Plan Colombia) al fine di dotare le forze Armate e l’esercito Colombiano di armamento militare, due periodi presidenziali successivi di repressione assoluta sotto un governo di ultra destra (Alvaro Uribe 2002-2010), il rafforzamento dei gruppi paramilitari in tutto il paese e lo scandalo dei Falsi Positivi furono alcuni dei passaggi previ all’arrivo dell’Accordo di Pace, firmato a Cuba dopo 4 lunghi anni di negoziati tra il governo del Presidente Santos (2010-2018) e lo “Stato Maggiore” o Alta Gerarchia delle FARC, e grazie alla mediazione partecipativa delle Nazioni Unite, il Governo di Norvegia e lo Stato Vaticano. L’accordo di Pace tra gli allora guerriglieri e lo Stato valse a Juan Manuel Santos il Premio Nobel per la Pace (2016) e così si pensava che uno dei conflitti più vecchi dello Emisfero Occidentale fosse arrivato alla fine. Invece no!
La situazione attuale e la reintegrazione nella società civile
Secondo fonti dello Istituto Colombiano per la Memoria Storica, i sessanta anni di conflitto armato lasciano cifre che raggiungono 8,376,463 vittime (indicativamente). Ma non si parla solo di morti, ma di violenze subite dalle donne e bambine che potevano abitare nelle zone rurali colpite dallo sfollamento o che militavano come guerrigliere all’interno delle FARC, ma anche di sfollati, di delinquenza comune e di paramilitarismo.
Le donne all’interno della guerriglia erano dei soldati, come viene raccontato nel documentario “Ateneas”, prodotto in Colombia dal regista J.C Flores in cui 3 ex combattenti ricordano la loro militanza da bambine a giovani adulte all’interno delle FARC. Tra il 1960 ed il 2016, di 5.252 minorenni reclutati dalle FARC, 1790 erano bambine. Un 40% dei casi di reclutamento femminile, entravano a far parte attraverso la persuasione (Pubblico Ministero della Repubblica di Colombia). Gli aspetti e le statistiche sulla vita delle ex combattenti non sono precisamente alettanti. Nel 2016, 168 donne all’interno della guerriglia si trovavano in stato interessante. La maggior parte aveva tra 23 e 27 anni. Donne che mai avrebbero avuto i propri figli perché vietato. Di 6.900 membri delle Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia (FARC), il 32% erano donne, le quali si sono smobilitate ed inserite in un progetto di reintegrazione.
Gli ex combattenti, sia uomini che donne fanno fronte ad una grossa sfida, quella di superare i pregiudizi di una parte della società civile. In effetti, il popolo colombiano è diviso a metà tra chi sostiene a livello ideologico e crede nel Processo di Pace e chi non perdona i soprusi e istiga al rifiuto, sostenendo oltre che l’incarcerazione e estradizione negli USA degli ex comandanti guerriglieri, le politiche del nuovo governo del Centro Democratico, apertamente contrario agli accordi di Pace (Pres. Iván Duque) ed in carica da agosto del 2018.
Le cifre di leader comunitari (uomini e donne) assassinati, che lavorarono a favore delle popolazioni vittime di violenza e i diritte delle minoranze aumentano senza che il Governo attuale si sia pronunciato in nessun modo. Ad oggi in Colombia, sin dagli accordi di Pace il numero di leader uccisi è salito a 257. Una cifra che mette duramente in discussione l’efficacia del governo nel proteggere i leader dal paramilitarismo.
Nonostante il difficile quadro politico e sociale, così come cresce lo scontento della societá civile, dall’altro canto aumenta il tasso di partecipazione. A differenza di periodi governativi precedenti in cui i colombiani non osavano pronunciarsi apertamente, l’avvio dei social media ha ampliato il margine di risposta critica, permettendone la libera espressione contro ciò che è repressivo e contro l’inoperatività dello Stato nel garantire la sicurezza dei cittadini. Per la prima volta i colombiani voltano le spalle alla violenza. Dopo parecchi anni, si può parlare non di un bipartitismo ma di una pluralità partitica e di una coalizione di centro e centro sinistra mai vista prima d’ora. Anni di lotte hanno chiarito che la terra appartiene ai colombiani e non ai “Signori della Guerra”, e come ben ha detto il Libertador Sìmon Bolìvar bisogna “buttarsi alle spalle la paura e salvare con dignità la propria nazione”.
Lina Scarpati nasce in Colombia dove si laurea in Scienze della Comunicazione Sociale con indirizzo audiovisivo alla Universidad del Norte (Barranquilla). Dopo aver lavorato per il canale di televisione della sua Regione come scrittrice e nell’ambito della gestione culturale
per il governo Italiano in Colombia, riceve una borsa di Studio per realizzare studi di perfezionamento in Marketing Culturale all’Universitá di Bologna. In Italia ha lavorato per documentari come “Sacco e Vanzetti” e nell’ambito delle comunicazioni a livello imprenditoriale sviluppando progetti d’indole editoriale nonché strategie di promozione. Nel 2016 crea il sito “Mujeres en Travesía” www.mujeresentravesia.com, blog bilingue (spagnolo ed italiano) dedicato alle donne immigrate ed ai processi di interculturalità vissuti nei paesi di accoglienza durante il percorso per arrivare al “sogno migratorio”. Nel 2018 è stata selezionata dalla Cineteca di Bologna per il progetto “Autoritratti nell’era del selfie”, mostra di autoritratti esposti in sede. Attualmente, lavora come copyrighter per diverse agenzie di comunicazione nel territorio bolognese.
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Immagine di copertina: Dipinto di Giacomo Cuttone.