5 poesie da “Contratto a termine” di Luca Ariano, con nota introduttiva di Luca Mozzachiodi

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«Dove sono i miei eroi? Dove siete voi figli miei? Dove sono i miei?» Con questa triplice interrogazione comincia il monologo del Narratore alla ricerca della Potsdammer Platz in una allucinata Berlino del dopoguerra, mezzo capitalista e mezzo comunista ma che sembra abbandonata come un relitto dalla storia, nel film Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders e questa domanda corre sempre alla mente nel leggere le pagine di Contratto a termine, primo capitolo di una trilogia di romanzi in versi che comprende Ero altrove e La memoria dei senza nome. Ariano sceglie infatti di narrare, secondo le riflessioni di Walter Benjamin nel saggio su Leskov, e di contrappore alla lettura o alla recitazione individuale e solitaria, che nel suo caso vede apparentati  il romanziere in senso stretto e il poeta lirico, e di tentare per via poetica la costruzione delle storie che costituivano come insieme di esempi e esperienze il patrimonio di una comunità. Gli eroi di Contratto a terminesono però eroi di poco conto, a metà tra la narrazione autobiografica, che è il riferimento di tutti e tre i libri, e la finzione di quelle, anonime per la cronaca borghese, masse di provinciali che muovono il procedere della storia in un modo che leggendo qualunque tensione messianica non potrebbe che apparire maldestro e sommesso.

Del resto le masse di questo poeta non sono le masse eroiche di tanta poesia della storia del movimento operaio del Novecento, ma un insieme di individui singoli visti nella duplice luce di persone in lotta per l’affermazione di una propria individualità e di un progetto di vita e di anonimi “cittadini consumatori”, secondo un’infausta ma terribilmente precisa espressione utilizzata per definire i soggetti sociali negli anni tra gli ultimi due decenni del secolo scorso e il primo di quello corrente. Oltre al protagonista fìulin (ragazzino), ritornano più volte i genitori, fidanzate e alcuni amici o conoscenti: Enrico, il professor Emilio, Andrea, Amalia, Teresa tra i meglio definiti e poi una folta schiera di personaggi di provincia a descrivere una ambiente in cui residui di tradizioni popolari lombarde e emiliane si mescolano ad un American way of life ormai imperante e ad un benessere consumistico sull’orlo della più grande crisi economica dal ’29.

Assistiamo al finire della loro adolescenza e al loro divenire uomini e donne, all’invecchiare inesorabile di partigiani e curati di campagna che sono la personificazione di un mondo che finisce e di un narratore che, come tutti i poeti e i cantori, lotta contro la morte di una società.

La vera protagonista di questa raccolta è la mutazione antropologica italiana che sfoga i suoi effetti di reflusso sulle vite e sulla formazione dei personaggi e Ariano in questo senso fonde le tradizioni del frammento lirico, del poema epico e del romanzo di formazione in un tentativo di rinnovamento formale delle istituzioni letterarie come sola risposta possibile a questa mutazione perché l’arte non sia velleitaria o nostalgica, ma la tradizione, lungi dall’essere solo figurata in qualche vecchio savio o saviamente folle di paese, innerva la sua scrittura che sul piano stilistico esibisce una continuità con la poesia italiana del secolo scorso: evidente su tutti il modello dei Bertolucci, non solo Attilio il poeta di cui, in una prospettiva storica ampia, si potrebbe dire che per la narrazione dell’Italia del Novecento in romanzi e saghe familiari in versi Ariano è il più diretto continuatore che si possa trovare, ma anche i registi Giuseppe e Bernardo, cui è dedicata una vera e propria parodia nella poesia Novecento, divisa in due parti come il celebre film, ma all’orecchio del lettore di poesia non mancano di risuonare memorie di letture che possiamo immaginare appassionate: fiulìn ha sicuramente compulsato con amore i libri di Volponi, Pasolini, Sereni, Bacchini e molti altri poeti.

 

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Contratto a termine

 

A mio padre Luigi Ariano

 

***

Eccoli lì quei capelli di nebbia,
quasi li stavi aspettando
come sabbia negli occhi a cavarti
lo smalto.
Oggi è il suo compleanno –
segnato in qualche agenda estiva,
e ti passa la voglia d’un piccolo gesto,
la risposta sarà un asettico smile
nascondendo il capo dietro i portici.
La barista di polline ti servirà
un caffè già tiepido e ronzerà
la scontata storia d’un copione
di periferia: Raffaella, ventidue anni,
– troncata l’infanzia a quattro anni –
distribuisce un mazzo di foto
– scattate dal patrigno,
come carte prima dell’ultimo giro.
Forse ci sarà ancora qualcuno
a dilatare le pupille per la poesia
d’un battito ma questa sera
non c’è luogo per la scansione dei tuoi metri.

 

***

Tornare è un po’ come morire
tra sorrisi sdentati
e mani gitane da leggere,
c’è un apparecchio
a graffiarti le labbra.
Curvi tra le risaie e nuovi cantieri
ricordandoti che la tua generazione
non suda il cammino sui sassi;
– per chi ce l’ha – la tredicesima
è già una foglia di vento sul marciapiede
e nascere in Lomellina è un sospiro d’autunno.
Ti bombardano di messaggi
e giù a rimbrottare che ai tuoi tempi
non c’erano, che loro non si scambiano
un’occhiata, immersi nelle cuffie.
Aspetti ancora che i viali splendano
del suo riverbero e non delle abusate
luci natalizie sotto i portici.

 

***

 

 

Chiudi in fretta gli scuri
di quel tuo abbaino
prima che la luna
– in una notte senza nebbia,
veda la febbre che ti prende
come un crampo allo stomaco.
L’Elio telefona ogni santa mattina
all’ora di pranzo
– appena buttata la pasta
e spento il sugo asciugato,
e ti tiene un’ora a raccontarti
di quel nuovo dolorino, dell’esito
negativo della tac… tic nervosi,
della ricetta da farsi fare;
un pomeriggio il telefono muto
fino alle 15: hanno trovato l’Elio
addormentato come un bambino sognante.
Lei usa il cellulare come una terza mano,
sesto dito di polpastrelli consumati
e un sorriso o una parola li getta
nella confusione come un preservativo usato.
In segreto progetta di partire tornando famosa
per essere salutata al caffè in piazza
e stimarsi sulla bocca di tutti:
copione mai scritto di miserie di provincia.

 

***

 

 

Questa notte si balla a ritmo di tango
per dimenticare il nebbiume
di quella città senza neppure un santo,
solo un beato per caso capitato.
«Siamo già maturi!
L’anno prossimo dobbiamo rinnovare
la patente: cosa abbiamo fatto
in questi dieci anni?»
Lo biascica stanco come un vecchio
di trent’anni alla curva del ponte.
In piazza si mormora che la Paola
se la faccia col figlio del notaio,
orgasmo d’un portafoglio gonfio fra le tasche.
Al bar all’angolo l’Andrea ti racconta
di quando si allenava con Baggio e Del Piero
poi … oggi scarica mobili tra scale e ponteggi.
In quella cittadella dello shopping
non ti rimane che bere per non vedere sguardi
assatanati di vetrine, di plastica, tinture
e pelli tirate senza il placido invecchiare
d’un volto grinzoso.

 

***

 

Un arcobaleno – come quello

che non vedevi da anni, lì,

dopo un temporale improvviso all’imbocco

del Santuario: contano i frati i soldi

ancora lordi per l’ultima indulgenza.

Si alza il gomito della curva

e per te, uomo di pianura, un po’ di ansia

dietro ogni accelerata, lontano dalle tue orme.

Dietro i colli nello Stato Pontificio

si nascondevano i briganti pronti a scendere

di soppiatto dopo ogni fiera;

proprio lì durante l’ultima guerra

li chiamavano ribelli a guerrigliare i tedeschi

in ritirata, con l’ultimo passo d’oca sfinita.

Il professore e il suo degno compare,

quello che si crogiolava a farsi chiamare

puer senex scatta la posa d’una foto dieci anni dopo,

forse per la paura d’ingrigire come suo padre.

Teresina osserva dalla finestra il rosso

che cala le braghe alla sera – nelle notti più lunghe,

e il volto d’un marinaio dalle piccole mani

che la carezza come una pagina di Conrad.

Per gentile concessione dell’autore, la raccolta Contratto a termine è stata pubblicata da Qudu libri nel 2018.

 

 

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Nato a Mortara (PV) nel 1979, Luca Ariano vive ora a Parma. Ha pubblicato la raccolta di poesie Bagliori crepuscolari nel buio nel 1999. Numerose sue poesie sono apparse su riviste, blog e siti letterari su internet. Collabora con le riviste «Atelier», «Racna» ed è redattore de «Le Voci della Luna». Nel 2005 è uscita una sua plaquette ne La coda della galassia (Fara) e la sua seconda raccolta di poesie Bitume d’intorno, con la prefazione di Gian Ruggero Manzoni, per le Edizioni del Bradipo di Lugo di Romagna. Con Enrico Cerquiglini ha curato per Campanotto l’antologia Vicino alle nubi sulla montagna crollata (2008). Nel 2009 una parte della sua plaquette Contratto a termineè stata pubblicata ne La borsa del viandante curata da Chiara De Luca (Fara). Sempre nel 2009 ha curato con Luca Paci l’antologia Pro/Testo (Fara). Nel 2010 per le edizioni Farepoesia di Pavia è uscita la plaquette Contratto a termine con una nota di Francesco Marotta. Nel 2011 con Marco Baj per Officine Ultranovecento ha pubblicato il libro d’artista Tracce nel Fango. Sempre nel 2011 con Ultranovecento all’interno del cofanetto Mappe per un altrove ha pubblicato Tempi sospesi – Temps suspesos (4 poesie di Luca Ariano, traduzione in catalano di Imma Puig Cuyàs e 1 Fotolitografia da originale pastelli su carta di Gabriella Di Bona) e 5 gradi prima del ritorno con Martino Neri. Nel 2012 per le Edizioni d’If è uscito il poemetto I Resistenti, scritto con Carmine De Falco, tra i vincitori del Premio Russo – Mazzacurati. Nel 2014 per Prospero Editore ha pubblicato l’e-book La Renault di Aldo Moro con una prefazione di Guido Mattia Gallerani. Nel 2015 per Dot.com.Press-Le Voci della Luna ha dato alle stampe Ero altrove con una postfazione di Salvatore Ritrovato e note di Ivan Fedeli e Lorenzo Mari, finalista al Premio Gozzano 2015. Nel 2016 presso la Collana Versante Ripido / LaRecherche.it è uscito l’e-book di Bitume d’intorno con una nota di Enea Roversi. Nel 2018 per Qudu è uscita una nuova edizione di Contratto a termine con la prefazione di Luca Mozzachiodi.  Sue poesie sono tradotte in francese, spagnolo e rumeno.

 

Immagine in evidenza: foto di Mario Bellizzi.

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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